Quinta parte

Il giorno dopo Paolo, un aquilano che nel terremoto aveva perso casa e lavoro, scendeva da quel vicolo che porta alla piazzetta della fontana.
Andava in centro a vedere la situazione della sua casa e soprattutto del negozio dove lui faceva il fornaio.
I muratori stavano lavorando per restaurarlo ma il tempo passava, i soldi erano pochi,gli aiuti promessi dal governo tardavano ad arrivare.
Con le case erano sistemati abbastanza bene, in una di quelle abitazioni fabbricate intorno alla città
Ci viveva con la moglie e i due figli e si erano rassegnati anche se non avevano più una vita sociale.
Gli amici e i parenti erano tutti sparpagliati, non si incontravano più in piazza, in chiesa o a passeggiare sotto i portici.
Ognuno viveva nella sua casetta anonima con nel cuore il ricordo tremendo di quelle notti del terremoto.
Nelle giornate di sole andavano nei giardini vicini alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio, lì si ritrovavano, si scambiavano le loro incertezze, speranze, paure.
Dopo i primi tempi durante i quali tutto il mondo si era interessato a loro, ora si sentivano dimenticati e abbandonati a se stessi.
Arrivato alla Fontana delle 99 cannelle, Paolo vide il libro lasciato dalle due francesi sul muretto della vasca.
Incuriosito lo prese, lesse il foglietto e la quarta di copertina e se lo mise in tasca.
Arrivato in centro scavalcò le transenne e raggiunse il suo negozio.
Che desolazione! Ricordava le belle vetrine dove esponevano tutti i tipi di pane, il forno perfettamente funzionante, quel buon profumo che si espandeva quando il pane stava cuocendo.
Per non pensare, si mise a dare una mano ai muratori anche se non era il suo lavoro.
Alla sera tornò a casa e la moglie,mettendo a posto la giacca trovò il libro.
Cenando il marito le raccontò dove lo aveva trovato.
Capito l’argomento, decisero di leggerlo, a voce alta, dopo cena, insieme ai bambini.
Infatti loro non vedevano più la TV: erano stufi trasmissioni insulse, politici bugiardi e corrotti, personaggi che vivevano fuori della realtà.
Il racconto piacque a tutti e quattro e quando Paolo e la moglie, messi a letto i bambini, si ritrovarono soli , guardandosi negli occhi, si dissero che non dovevano più vivere così.
Basta rassegnazione, basta paure, basta il silenzio.
Rivolevano la loro casa, il loro lavoro, la loro città.
Ne parlarono agli amici, ai nuovi vicini; con il passaparola cominciarono progetti, riunioni per protestare contro chi doveva aiutarli e latitava.
Smascherarono qualche imbroglione e qualche profittatore.
Riuscirono a ridestare l’interesse dei mass media e della popolazione.
Non si sarebbero fermati finchè l’Aquila non fosse tornata come prima.
Se un uomo da solo aveva fatto rinascere una regione, tutti insieme potevano farlo con la loro città.

Il nuovo comitato organizzò un viaggio a Roma per andare a protestare ed a sollecitare gli aiuti davanti ai ministri competenti.
L’occasione era nata con la collaborazione dei terremotati dell’Emilia che si trovavano nella stessa situazione anche se, da loro, il terremoto era stato più recente.
Al viaggio partecipò naturalmente anche Paolo che portò con sé il libro di Jean Giono.
Pensava che il viaggio sarebbe stato un’occasione per raccontare ai suoi concittadini che cosa lo aveva spinto a muoversi e a risvegliarsi da quella apatia che lo si era impossessata di lui dopo il terremoto.
L’incontro con i politici non fu molto soddisfacente.
Loro erano bravissimi ad abbindolarti con le chiacchiere:la crisi, le leggi, la burocrazia, ogni scusa era buona.
Per tirarsi un po’ su di morale Paolo e due suoi amici appassionati di Rugby decisero di andare allo Stadio Olimpico dove si giocava una partita importante: Italia contro la Nazionale Francese.
Da quando la Nazionale Italiana era entrata nel torneo delle sei nazioni si potevano veder giocare le migliori squadre del mondo.
Il pubblico era eccitato, incitava la propria squadra in tutti i modi, ma i francesi erano troppo forti e l’Italia perse.
Finita la partita gli aquilani tornarono al pullman ma prima di lasciare lo stadio Paolo appoggiò il libro su un sedile vicino all’uscita.

Un gruppo di ragazzi chiassosi e ancora eccitati per la partita, si stava avviando verso l’uscita dello stadio, quando uno di loro vide il libro sul sedile.
A nessuno interessava, ma, per il gusto della competizione essi cominciarono a contenderselo rischiando di farlo a pezzi.
Decisero di giocarselo alla morra cinese e lo vinse Mario un ragazzo che terminata la scuola, a fatica, lavorava come cuoco in un ristorante romano.
Infatti, diplomato all’Istituto Alberghiero, era bravo ed apprezzato nel suo lavoro.
La lettura non era il suo forte, comunque era contento di aver vinto quel libricino e se lo portò a casa.
Andò su Internet, cercò il sito del Book Crossing, si incuriosì di questa specie di gioco.
Mario era un ragazzo semplice, pensava al lavoro, allo sport, giocava in una squadra di calcetto, andava in discoteca.
Si era invaghito di una ragazza che frequentava il ristorante dove accompagnava gruppi di turisti dei quali era la guida.
Si salutavano, si sorridevano ma lui non aveva il coraggio di andare oltre.
Avrebbe voluto invitarla fuori ma aveva un po’ di soggezione di lei: di cosa avrebbero parlato? Quali interessi potevano avere in comune?
E così, per non fare brutte figure, non prendeva nessuna iniziativa.
Qualche sera dopo la partita all’olimpico, era tornato a casa stanco dal lavoro e coricato a letto, stava per spegnere la luce quando vide il libro trovato allo stadio.
Cominciò a leggerlo, era breve, scritto in modo semplice e facilmente comprensibile anche per lui che non era un gran lettore.
Gli piacque molto e se lo portò al lavoro.
Nella cucina del ristorante, cercò di raccontare agli altri la storia di Ezèard Bouffier ma nessuno era interessato e lui ne fu deluso.
Ripulita la cucina uscì nella sala dove vide un gruppo di clienti che si era trattenuto dopo il pranzo: c’era anche la ragazza che gli piaceva.
Ora o mai più: si sedette vicino a lei, le chiese se potevano prendere un caffè insieme.
Parlarono del loro lavoro: i turisti erano stanchi, non avevano voglia di riprendere il giro di chiese, musei, monumenti.
Mario e Letizia, così si chiamava la ragazza, ne approfittarono per conoscersi meglio e lui fece in tempo a raccontarle del ritrovamento del libro: pensò di prestarglielo.
Avrebbe avuto così l’occasione di rivederla e di stare un po’ con lei.
E così fu: si diedero appuntamento a Villa Borghese.
Anche a Letizia il libro piacque molto e poi si trovava bene con Mario: continuarono a frequentarsi e si innamorarono.
Era il momento di lasciare il libro al suo destino, discussero sul luogo: lui voleva lasciarlo sul Ponte Miglio che era diventato un luogo per innamorati.
Lei temeva che il libro sarebbe finito nel Tevere e convinse Mario ad abbandonarlo sulla scalinata di Trinità dei Monti.
E così fecero.

Arianna e Luca erano una coppia di milanesi che si stava avvicinando alla quarantina.
Lui era un architetto al’inizio della carriera ma con un futuro promettente per la sua preparazione e l’impegno che metteva nel suo lavoro.
Lei era una analista finanziaria che viaggiava in tutto il mondo per svolgere la sua attività.
Erano quindi molto impegnati e si ritrovavano la sera stanchi morti.
Erano sposati da sette anni e ancora molto innamorati anche se il tempo che trascorrevano insieme era poco e lo passavano quasi sempre a parlare di lavoro.
Si trovavano a Roma per un convegno di architettura che interessava Luca e Arianna ne aveva approfittato per incontrare una sua ex collega che le aveva fatto una proposta di lavoro interessante
Certo accettare avrebbe significato più impegni, più lontananza da Luca ma un bel salto di qualità per la sua carriera.
Si era riservata di dare una risposta dopo averne parlato con suo marito.
Dopo il convegno di Luca e l’incontro di lavoro di Arianna si ritrovarono per un pranzo veloce e subito dopo si recarono allo Stadio Olimpico per la partita di Rugby Italia-Francia.
Luca era un grande appassionato di questo sport anche perché da ragazzo lo aveva praticato.
Ad Arianna piaceva; ricordava quando seguiva la squadra di Luca e aveva sempre ammirato quei ragazzi che, a differenza dei calciatori, erano veri sportivi.
Anche se il gioco era violento, non c’erano scorrettezze, liti, imbrogli..
E così, allo Stadio cantarono l’Inno di Mameli, tifarono e soffrirono per la loro Nazionale
Avviandosi verso l’uscita videro un gruppo di ragazzi che si scazzottavano per contendersi un libro: strani i giovani e romani!
Luca e Arianna si fermarono per qualche altro giorno a Roma; conoscevano la città ma c’erano mostre interessanti, spettacoli, sempre qualcosa di nuovo da vedere.
Un pomeriggio fecero shopping nei negozi alla moda del centro e, salendo gli scalini di Trinità dei Monti, trovarono “L’uomo che piantava gli alberi” il libro di Jean Giono.
Luca ne aveva sentito parlare anche se non lo aveva mai letto, entrambi conoscevano il Book Crossing..

Tornando in auto verso Milano, parlarono della nuova proposta di lavoro fatta ad Arianna.
Luca la spronava ad accettare, era ambizioso e orgoglioso di sua moglie e delle sue capacità.
Arianna era un po’ perplessa, voleva stare più vicina a Luca, ai suoi genitori che stavano invecchiando e non vedevano l’ora di diventare nonni.
Quello di avere dei figli era un argomento del quale ogni tanto parlavano ma non erano mai riusciti a prendere una decisione.
Arrivati a Milano, nel loro bell’appartamento sui Navigli, Luca andò subito a letto stanco del viaggio.
Arianna si fermò in soggiorno, sulla sua poltrona preferita e cominciò a sfogliare il libricino che avevano trovato a Roma.
La storia di Ezèard Bouffier subito l’affascinò e lesse il racconto fino alla fine.
Raggiunse Luca a letto, lui dormiva già ma lei non riusciva a prendere sonno.
Cominciò a riflettere sulla loro vita, così frenetica,dedicata praticamente solo al lavoro.
Che senso aveva?
Sempre più impegni, meno tempo da dedicare a se stessi, agli affetti.
Si, avevano tante gratificazioni ma per quanto sarebbero bastate? Che cosa stavano costruendo e che segni avrebbe lasciato il loro passato?
Finalmente si addormentò ma il giorno dopo i pensieri e le perplessità tornarono.
Decise di parlarne con Luca, cominciò con il racconto dell’uomo che piantava gli alberi; confrontò le loro vite così diverse.
Espresse le sue perplessità su come stavano vivendo e sul loro futuro.
Chiese a se stessa se questa era la felicità e a Luca di riflettere su tutto ciò.

Luca rimase meravigliato dei dubbi di sua moglie; pensava che la loro vita fosse avviata su binari sicuri verso una meta ben precisa.
Scoprire che Arianna non era felice lo turbò.
Non poteva essere stato solo il racconto letto che aveva scatenato tutto ciò, evidentemente qualcosa non andava.
Lui amava molto Arianna e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
E’ questo ciò che le disse la sera a cena.
Lei, nel frattempo, aveva deciso di rifiutare il nuovo lavoro: voleva avere più tempo per loro e per se stessa.
Inoltre era giunto il momento di decidere sulla questione dei figli.
Ormai tante donne avevano figli in tarda età e lei aveva trentacinque anni: era il momento giusto!
Luca si spaventò un po’ ma vide una nuova luce negli occhi di lei.
Sì, sarebbe stato bello creare insieme una nuova vita.
Erano emozionati, si sentivano più fragili, quella sicurezza che li aveva sostenuti fino allora, vacillava.
Però era una sensazione meravigliosa, nuova per loro, la vita sarebbe cambiata totalmente: era deciso, avrebbero cercato di avere un figlio.
Riordinando la casa il giorno dopo, Arianna ritrovò infilato sotto i cuscini della poltrona, il libro di Jean Giono.
Avrebbe dovuto registrarlo sul Book Crossing e abbandonarlo da qualche parte ma non se la sentiva.
Non voleva separarsi da quel libretto che le aveva aperto gli occhi e forse cambiato la vita.
Decise di tenerlo e quando suo figlio sarebbe stato in grado di farlo, glielo avrebbe fatto leggere, spiegandogli l’importanza che aveva avuto nella loro vita.
Scrisse questa motivazione sul sito del Book Crossing, sperando che gli altri avrebbero capito.
La vecchia signora genovese dalla quale tutto era partito, non sapeva se essere contenta o no di questo fatto .
Certo aveva raggiunto il suo scopo, il libro in viaggio aveva lasciato il segno in chi lo aveva trovato e letto.
Ora si sarebbe fermato in quella casa in attesa che un bambino, che ancora doveva essere concepito, lo leggesse.
Chissà se negli anni futuri , i bambini avrebbero letto ancora libri cartacei?
Con la velocità della tecnologia, I POD, I PAD e E BOOK era poco probabile…
“L’uomo che piantava gli alberi” sarebbe stato un cimelio, testimone di un tempo passato o forse l’augurio che i libri non avrebbero mai avuto fine e con questa speranza si concluse il viaggio di quel libro piccolo ma grandioso, apparentemente innocuo ma incisivo, oggetto inanimato ma pieno di vita.

FINE