Quanto pesante è la notte,
su occhi troppo aperti ma incerti!
Fuggono dalle parole i neri amici,
e l’oscurità sembra facile complice
mentre silenziosi mi sfiorano,
morbidi vortici di sicurezza e artigli.

Ma non sono gatti! Niente gatti nella notte,
altri sono gli amici, altri i silenziosi, furtivi fratelli
che mi attendono sulla soglia e invitano.
Quale invito! Mi chiedono me stesso,
e quando andrà male sarà solo la perdita
di una frazione di una eternità già perduta,
di cui quando insieme con la giovinezza
ne svanisce il sogno, si avverte
anche impossibile a desiderarsi,
ed inutile se soltanto approssimata,
per noi che vogliamo l’infinito.

E mi daranno un aiuto, una riga rossa,
una riga rossa sulle paure più inconscie,
sulle preoccupazioni assurde, gli impegni,
la coscienza e tutto ciò che scrivo:
avrò un crogiuolo in cui fondere
le parole e crearne di nuove,
tendere i suoni fino a spezzare il cristallo,
lanciare i miei messaggi e vederli risuonare
mille volte amplificati da giornali televisioni libri,
e correrò con loro, leggeri e mortali,
dagli occhi scuri e dai denti aguzzi
a mordere disperati e tremendi, tranquilli,
la loro vendetta su alcuni simboli,
spargere terrore  in un mondo estraniato,
dove è perdutamente lontana la pace per l’uomo,
fino a giacere una mattina riversi sul selciato,
un incidente! diciamo. Un successo! dicono.