«Se permette posso chiedere al cameriere di pulirle i gamberi» disse Garcia Fernandez ad Anita, vedendola in difficoltà con il braccio bloccato al collo.
Lei arrossì.
«Grazie, questi gamberoni sono deliziosi.»
«Si serva pure. Ancora un po’ di Torrentes, señor Soria? Mi sembra pensieroso.»
«Sì, lo sono» confermò Leandro versandosi un altro calice di vino fresco «non mi piace essere ingannato e in questo affare lo sono stato almeno due volte. Anzi, credo che siamo stati ingannati tutti.»
Garcia Fernandez alzò le sopracciglia, sorpreso, mentre Anita lo guardava con gli occhi socchiusi.
«Pensa che le sorprese non saranno finite con l’arresto di quel Miguel?» chiese.
«Temo che non sarà così facile, e che i pericoli non siano finiti.»
«Cosa vuoi dire?» chiese Anita.
«Da quanto conosci Miguel?»
La donna si portò una mano alla bocca.
«Da circa un anno e mezzo.»
«E dove l’hai incontrato?»
«In Brasile. È venuto a cercarmi nella città dove abitavo, perché?»
«Non voglio dire niente finché non ne sono sicuro, ma temo che anche lui abbia qualcosa da nascondere.»
Come aveva previsto Leandro Soria, i rastrellamenti della policia di Buenos Aires non diedero frutti. Le retate condotte nei quartieri popolari non raccolsero che il solito carico di ladri, ruffiani e prostitute, mentre di Miguel e degli uomini che avevano partecipato all’attentato non fu trovata la minima traccia. Le misure di sicurezza intorno a Garcia Fernandez furono rafforzate e lo stato di allerta in città si fece pressante, con notevole fastidio dei cittadini, specie di quelli che vivevano di attività illegali.
Dopo un breve periodo di convalescenza presso la residenza dell’uomo politico, Anita fu in grado di ritornare a casa, e lei e Leandro andarono insieme alla stazione.
«Sei sicura di non voler venire a fare una vacanza a Toay?» le chiese l’uomo.
Lei rise rumorosamente.
«Miguel ha cercato di uccidermi, ma basterebbero tre giorni in quel buco per indurmi al suicidio! Perché non mi raggiungi tu, invece?»
«A Rio de Janeiro? No, grazie, io sono un solitario.»
Il treno sbuffava, emettendo grandi nuvole di vapore che invadevano i marciapiedi, facendo tossire le signore. I due si salutarono affettuosamente, poi Anita salì sul suo treno e Leandro la guardò partire, quindi si recò su uno degli altri binari e prese a sua volta il convoglio per Santa Rosa, che attendeva placido il segnale di partenza.
Poco dopo entrambi i treni sfrecciavano nella notte, ma poche miglia fuori città, non appena la locomotiva arrancò su una salita. Anita saltò giù furtivamente. Leandro fu meno fortunato, perché il suo treno correva nella pianura, così dovette rotolarsi più volte nell’erba alta.
«Bah, non ho più l’età per queste cose» disse, rivolto alle luci del treno che si allontanava.
Poi risalì sulla massicciata e si apprestò a ritornare a piedi in città prima che facesse chiaro. Da un altro quadrante Anita stava facendo la stessa cosa.
Quando Leandro aprì la porta della cantina scoprì che Anita era già arrivata da qualche tempo. La donna infatti si era cambiata, aveva fatto una doccia e si stava asciugando i capelli strofinandoli vigorosamente sopra la stufetta a carbone. Si guardò intorno: il locale, ricavato sotto il bar di Guillermo, era piccolo ma confortevole, ed infatti per come ricordava era utilizzato per nascondere i latitanti della Boca, solo che doveva essere stato rimodernato di recente. Adesso il piccolo bagno era munito di una doccia e piastrellato, le pareti erano verniciate di fresco e l’aria era fornita da una condotta che portava al piano superiore. Solo l’illuminazione era rimasta a petrolio: probabilmente farla a gas si era rivelato troppo pericoloso.
«Benvenuto a casa» lo salutò Anita, insolitamente allegra.
«Grazie, hai avuto problemi?»
«Nessuno, e tu?»
Leandro fece una smorfia.
«Neanche io, ma il treno non rallentava, così sono dovuto saltare in corsa e ho fatto almeno dieci miglia a piedi.»
«Fatti una doccia e riposati. Sul tavolo c’è ancora dell’asado che mi ha lasciato Guillermo.»
«Mhm…, credo che lo metterò subito a scaldare. Novità dalla squadra?»
Anita intanto aveva finito di asciugarsi i capelli e aveva cominciato a pettinarli.
«Riunione domani mattina nel retrobottega, come hai chiesto.»
«Bene, meglio non perdere tempo. Miguel non starà fermo ancora per molto.»