Incipit:Affrontò l’ultima parte della leggera salita a occhi bassi, ascoltando il rumore delle rotelle sulla ghiaia. Faceva caldo, e d’altra parte c’era da aspettarselo. Sentì un rivolo di sudore lungo la schiena e provò il tipico disagio di chi non avrebbe potuto mettersi sotto una doccia fino a sera.
Il viaggio, pensò. Un lungo viaggio, portando un sacco di cose con sé. Non indumenti e scarpe. Non guide turistiche, o libri da leggere. Il carico era quello dei ricordi, e delle speranze. I ricordi di quello che aveva fatto, che era successo; le speranze, quelle che riponeva nello sguardo e nell’espressione di chi avrebbe incontrato al suo arrivo.
Sospirò, e svoltò l’angolo del viale.
(Sequel:)
Tra gli alberi si intravedeva ancora la casa con la porta finestra aperta da cui era appena uscito. Il suo capo, Enzo, la usava sporadicamente per distrazioni extraconiugali e come impensabile deposito  per la sua preziosa collezione di monete antiche e diamanti.  Che delusione era stato Enzo, accidenti! Da grande amico era diventato suo capo e adesso s’era trasformato in odiato superiore. Quando aveva avuto l’idea di quel brevetto, Enzo se ne era appropriato lasciandolo a marcire nell’ufficio 12 e senza dimostrargli alcuna riconoscenza.  Ma ora gli avrebbe dato una giusta lezione.  La vendetta, si sa, va servita fredda, deve colpire duro, pensò, ed era arrivata.  Doveva, però, sbrigarsi, allontanarsi  velocemente da lì e togliersi quel camuffamento che lo rendeva irriconoscibile perché ci stava soffocando  dal caldo. Un allegro tintinnio proveniva dall’interno del trolley a causa della velocità e del fondo ghiaioso. Sorrise; era proprio soddisfatto per ciò che aveva compiuto.  Non aveva presi l’auto ed il cellulare per evitare di essere individuato  per cui, giunto alla fermata degli autobus, salì sul primo mezzo per la stazione. Alcuni agganci a  Losanna gli avrebbero consentito di piazzare facilmente la merce.  Era eccitato, aveva  il cuore in tumulto.
Enzo entrò nella villetta avvisato dal sistema d’allarme. Si, evidentemente c’erano stati i ladri. Ispezionò accuratamente tutte le stanze, ma nulla sembrava mancare ed il suo prezioso 10 scudi di Carlo Emanuele I di Savoia del 1610 del valore di 222.000 euro se ne stava ben protetto nella cassaforte del caveau insieme ai diamanti ed alle altre monete.
Curiosamente mancava solo la scatola dei soldatini di piombo, quella  di quando era piccolo ed in cui per un po’ aveva nascosta la sua preziosa collezione confidando che il suo innocente aspetto non attirasse l’attenzione.
Era un fatto davvero strano, quello.
(Foto web: i 10 scudi del racconto, realmente valutati 222.000 euro ad un’asta Bolaffi 2007.