Esattamente in quel tratto di mondo dove le albe sono più chiare e le notti più scure, e le stagioni sfumano impercettibili l’una nell’altra, e il vento che soffia da nord odora di oceano mentre quello che spira da sud sa di deserto, esiste un’area del pianeta non configurata su nessuna mappa perché sconosciuta al Meridiano di Greenwich, esente dalla burocrazia dei calendari e da quella delle ore legali e solari, perché non regolamentata, come tutto il resto del mondo, dalla suddivisione in decimali del tempo e dello spazio
Chiariamo subito che invisibile non è sinonimo di inesistente, e d’altronde basta porre la dovuta attenzione agli indizi, che pure ci sono a comprovarne l’esistenza, per giungervi senza neppure troppo sforzo.
In poche parole, se non trovate la strada è perché non sapete vedere.
La mia casa è ubicata nel centro esatto in cui questi due mondi convergono o confinano (a seconda di come la si vuol vedere), con una vista mozzafiato su un panorama diurno di nubi e notturno di stelle, se non fosse che talvolta l’intenso traffico aereo di mongolfiere, aquiloni e tappeti volanti, reca qualche disturbo alla visuale, ma poi capita d’intravedere il Barone di Munchausen, viaggiare spedito a cavalcioni di una palla di cannone, e con lui amabilmente conversare
– Ehilà, Barone, le posso offrire una tazza di the? –
– La prossima volta, mia cara, che oggi vado di fretta. –
Nel respiro della terra puoi sentire il defluire dell’humus nelle sue grosse vene nere, e il pulsare del suo grande cuore, il cui ritmo regola i tempi del letargo e quelli della rinascita, e poi quelli variabili della stagione degli amori
Dietro le fitte colonne degli ebani e dei banani schierati a ranghi serrati si spalanca, abbagliante alla vista, la macchia verde smeraldo della foresta Writer Monkey, sul cui confine s’erige, opaco e minaccioso come un bastione militare, DarkRock Castle, impenetrabile dimora del leggendario mago alchimista Angel Devil, l’unico della stirpe degli stregoni ad avere acquisito il dono dell’immortalità, in virtù della sua breve, e tumultuosa liaison, con la bellissima e ambigua vampira, Carmilla.
Ai piedi di DarkRock Castle, nella zona paludosa, si ammassano, le une sulle altre, le casupole color malva e ginestra delle matriarche del posto, le fondatrici della confraternita delle Writer Witches.
All’apparenza è l’irascibile stregone a detenere le redini del potere, ma in realtà sono loro, le matriarche, a gestire questo lembo di terra, non solo in virtù delle arti magiche della seduzione ma, soprattutto, per via di una schiacciante maggioranza numerica.
Unico luogo al mondo dove vige una democrazia perfetta mascherata da dittatura.
Le abitazioni delle Writer Witches sono così strettamente connesse tra loro da un coacervo di passaggi e sottopassaggi, di ponti e di scale, intersecanti in un inestricabile labirinto a più piani, progettato dal genio architettonico di Maurits Cornelis Escher che nacque proprio qui, in questo lembo di terra tra Centocelle e Disneyland, e non in Frisia, come erroneamente riportano tutte le enciclopedie e le biografie, mai smentite, però, dallo stesso, un tipo riservato, refrattario al successo, che qui, nella sua casa natale, veniva a ritemprarsi dalle fatiche del suo genio e trovare nuove ispirazioni.
La casa di Escher è una semplice palafitta che poggia su pali altissimi, così come ce ne sono centinaia d’altre nell’entroterra della foresta Writer Monkey, dove le mamme vengono a dare alla luce i propri figli nel convincimento che i primi mesi di vita trascorsi in quella realtà sospesa stimoli nei neonati l’intelletto, la spiritualità e la fantasia.
La casa è assegnata di diritto al nuovo nato così da garantirgli un luogo dove far ritorno in qualsiasi momento della sua vita.
“Writer Monkey”(lo scrittore scimmia) è l’eroe simbolo rappresentativo di questo posto così come Guglielmo Tell lo è per la Svizzera. La leggenda racconta che durante le riprese del film “La corazzata Potemkin”, mentre Eisenstein s’apprestava a girare la famosa scena della carrozzina che precipita lungo le scale, quella gli sfuggì di mano e continuò la sua rovinosa discesa anche dopo l’ultimo gradino. Inghiottita da un gorgo temporale, la carrozzina col suo piccolo passeggero s’era poi materializzata nella foresta Writer Monkey (ma che allora non si chiamava ancora così) dove le scimmie si presero cura del bambino scampato alle scene più cruente del film allevandolo sulle palafitte come avrebbe fatto una mamma umana, ma iniziandolo anche alle spericolate tecniche delle arti acrobatiche e ai segreti dello scautismo, discipline in cui eccellevano. Fu però un grillo parlante (quello stesso al quale Pinocchio non volle dare ascolto) a svelargli i segreti della grammatica e quelli della comunicazione, tanto da indurlo, ormai giovane adulto, ad intraprendere la strada della narrativa. E così, in mancanza di carta, i suoi racconti li scriveva sulle larghe foglie delle ninfee, usando come inchiostro il distillato dei loro fiori. Poi affidava quei suoi manoscritti ai corsi d’acqua affinché qualcuno, trovandoli, li leggesse (prototipo del più moderno bookcrossing) Racconti magnifici, seppure un po’ strampalati, di certo originali. Talmente affascinanti che quando una foglia di ninfea giunse nelle mani di Shahrazad, la più seducente affabulatrice di tutti i tempi, se ne innamorò perdutamente e dalla lontana Persia giunse fino a lui seguendo la traccia di quegli indizi minuti che un cuore innamorato, però, riesce a vedere.
E dall’amore dei due nacque la stirpe degli scrittori scimmia che popolano tutt’oggi la foresta “Writer Monkey” , chiamata così in onore del leggendario capostipite.
Ora, alla fine di questa mia storia (un po’ stravagante, ne convengo, ma è la bizzarria creativa il marchio d’autore che autentifica un vero Writer Monkey), qualcuno di certo si sarà incuriosito a voler tentare un’ incursione in questa regione estranea al Meridiano di Greenwich e visitare i favolosi luoghi che io ho qui descritto. Ma se a me è vietato dalla Costituzione vigente rilasciare le coordinate geografiche per non svelarne l’ubicazione, a nessuno però è proibito di tentare l’impresa di giungere fin qui seguendo le minuscole tracce, disseminate come briciole di Pollicino dagli scrittori scimmia, per indicarne la strada.
Quella stessa che un tempo percorse Shahrazad.