INCIPIT di  G. DIMILITO:

La scena che si presenta agli occhi dell’Ispettore Fabbri è sconcertante: un letto matrimoniale imbrattato di sangue, di fronte, una toeletta con sopra una lampada, un bicchiere pieno a metà, una piccola chiave con attaccato il cartellino col numero 139. Al centro, un carillon con sopra una deliziosa ballerina piroettante, macchiata anch’essa da gocce di sangue che scendono fino a terra. Il tutto completato da una specchiera che duplica l’orrore della scena.
Mancava solo una cosa: un corpo, già, perché per forza di cose qualcuno era stato ucciso, presumibilmente una donna mentre si struccava.
L’Ispettore Fabbri ha già capito; questo sarà un caso difficile, molto difficile.
Ordina agli agenti di interrogare i vicini, ma sa perfettamente che l’unico testimone oculare è nella stanza: la piccola ballerina ha visto tutto ma, non può parlare. Ora però i giri del carillon rallentano, sempre più, sempre più fino a fermarsi del tutto. Fabbri l’osserva come ipnotizzato. La ballerina è immobile, il suo braccio sollevato indica un punto preciso della stanza, e l’Ispettore scopre così un importante indizio…

SEQUEL E FINALE di M.MANCINI:

In quella direzione c’era una consolle e su di essa una ciotola con una ricevuta d’un ristorante. Da essa si evinceva che in due avevano cenato al ristorante ‘ Chez Maxim’, un locale a cinque stelle, per capirci. Ma diverse indizi stonavano tra loro.

Ad esempio: che ci faceva lì nella camera 221 la chiave della 139 che si trovava al piano di sotto?

E poi quella camera così disadorna e arredata con mobilia antiquate, presa per pochi spiccioli, non era coerente con il prezzo esorbitante pagato per quella cena che faceva pensare invece ad una persona decisamente abbiente.

Infine, come mai il carillon era ancora funzionante?

A metterlo in funzione non poteva essere stato l’assassino in quanto non avrebbe fatto in tempo a far sparire il cadavere e fuggire . Quindi c’era stato un ‘visitatore’ dopo il fatto, qualcuno che aveva visto o sentito e che era entrato per rubare o ripulire e magari era stato interrotto dall’arrivo della polizia.

Scorrendo con lo sguardo intorno nell’intento di trovare una sequenzialità alle macchie di sangue, quasi fossero i fotogrammi di un film muto dell’orrore, l’ispettore notò che la tenda si muoveva. Si, la porta sul balcone era accostata e si muoveva leggermente.

Scostò bene la tenda e vide che il balcone comunicava con una scala di sicurezza e alcune macchie di sangue su di essa. Quindi l’assassino era fuggito di lì ed era certamente stato aiutato da qualcuno perché una persona da sola non sarebbe riuscita a far scendere un grosso ingombro in quelle anguste rampe.

Ma chi?

E se fosse stato l’occupante la camera 139?

Certo, qualcuno era entrato dalla finestra, forse una o due persone ed aveva sorpreso la signora Heryson mentre si concedeva un drink e si struccava con le spalle rivolte al balcone. Il portiere l’aveva descritta come una bionda procace ed appariscente che era solita rientrare tardi, spesso alticcia ma sempre da sola. Un giorno gli aveva confidato che lavorava come segretaria presso un noto uomo d’affari.

Forse era in possesso di informazioni importanti e qualcuno aveva tentato di carpirle qualche segreto con un approccio soft lusingandola con un invito a cena di gran classe.

E forse lei non s’era prestata al gioco ed allora era stata brutalmente malmenata per costringerla a rivelare non si sa quale importante segreto.

Forse, forse…forse.

Ma perché piuttosto non lasciare semplicemente il cadavere, ripulire e poi fuggire?

Evidentemente non era morta ma era stata ferita gravemente poi rapita e trasportata, svenuta, lontano per poter finire in tranquillità l’opera di ‘ convincimento’ .

Successivamente qualcuno era rientrato a cancellare le eventuali impronte digitali ed inavvertitamente aveva toccato il carillon che, già caricato, aveva iniziato a suonare un attimo prima che il rumore dei passi nel corridoio facesse fuggire il colpevole.

Forse , forse e forse.

Ma gli indizi iniziavano a parlare, a convergere.

Ora una cosa era chiara per Fabbri, l’ospite della 139 era il colpevole o quanto meno sapeva molto.

Da lì avrebbe iniziato ad indagare.



Alla reception un tipo anziano era immerso nella lettura d’un giornale sportivo. Sollevò il viso rubizzo e due occhi pieni di sbronze guardarono Fabbri. Non aveva certo fatto caso al via vai davanti, lo testimoniava la bottiglia di cognac quasi vuota che teneva su un ripiano interno.

Sono l’ispettore Fabbri, chi è l’occupante della camera 139?”.

Il portiere si girò a guardare il quadro ove mancava la chiave 139 e gli rispose” Il signor Harrison, John Harrison e… sta in camera, glielo chiamo?”. Ma come già l’ispettore si aspettava, nessuno rispose. Allora continuò : “ Mi dia la copia della chiave della camera”.

Di sopra tutto faceva pensare ad una partenza, non c’erano effetti personali.

Senta,” disse rivolto al portiere, “ Aveva bagaglio con sé?” E l’altro, grattandosi la testa quasi a voler rivitalizzare gli ultimi 3 o 4 neuroni ancora non sbronzi, rispose: “ No, mi pare avesse solo un borsello capiente.”

Ma non era possibile che non avesse lasciato traccia… anche perché era stato tanto cretino di lasciare la chiave nella 221!

Cercò nel bagno, nei cassetti dei comodini e finalmente nel cesto della carta straccia trovò un pezzo di carta arrotolato. Lo aprì con cura in modo da non distruggere eventuali impronte e lesse : Recidence Sogno Verde 35/a Sassotetto MC.

Ecco!

Fabbri lo conosceva perché suo cugino aveva acquistato un bilocale e lo usava nei periodi invernali per sciare presso gli impianti sciistici locali ma adesso era Giugno e l’intero residence era certamente vuoto.

Un ottimo nascondiglio, pensò.

Chiamò un paio di pattuglie di rinforzo e partì alla volta di Sassotetto. C’erano una trentina di chilometri da fare gli ultimi dei quali tutti tornanti.

Arrivarono a bassa velocità e di lontano osservarono il residence col cannocchiale.

Come previsto, era silenzio ovunque, nessun segno di attività umana.

Solo nel garage di una villetta era parcheggiato un Suv color antracite.

Scesero e nel modo più silenzioso possibile arrivarono a ridosso della casa.

Attraverso lo spiraglio laterale delle persiane accostate si vedeva un corpo su di un letto e due persone in piedi che lo guardavano.

Uno stava dicendo : “ Aspettiamo una mezzora che si riprenda poi la costringiamo a darci le informazioni e la ammazziamo subito dopo. Se invece non si riprende, gli diamo il colpo di grazia e scappiamo via perché così è più sicuro”

Allora Fabbri pensò fosse urgente intervenire immediatamente anche se non tutte le variabili erano sotto controllo.

Al suo cenno, gettarono un fumogeno e sfondarono la porta.

Non ci fu colluttazione perché i malviventi erano stati colti di sorpresa, la donna, in gravissimo stato, fu soccorsa e si salvò.

Per i due complici quasi assassini la giustizia fece il suo corso.