SULL’ORLO DEL PRECIPIZIO
La morte di Mimì aveva provocato terremoti all’interno della famiglia Messinese perché Giandomenico, pur incolpando di quella Concetto Scalavino, se ne sentiva parimenti responsabile. Avrebbe dovuto mostrarsi più clemente con suo padre, mitigare quei suoi toni apertamente accusatori e non arroccarsi nel fortino delle sue ragioni. Era stata la sua supposta superiorità morale contrapposta alla totale assenza in Concetto Scalavino, a condurlo alla morte.
Era giusto che entrambi ora ne pagassero le conseguenze.
Avrebbe affrontato lo Scalavino inchiodandolo alle sue responsabilità, dopo di che sarebbe partito non alla volta di Roma, ma verso un luogo lontano, irraggiungibile, dove poter espiare la sua colpa.
Avrebbe rinunciato alla sua arte, ai suoi affetti e ai voti, di cui non se ne sentiva più degno, ma prima avrebbe pareggiato i conti con l’uomo che lo aveva condotto sull’orlo di quel precipizio.
Brigida Catalano, intanto, aveva raccontato a Gemma e Rebecca del suo breve incontro con Pietra Messinese, preoccupata dal messaggio intimidatorio di quest’ultima, ma anche dallo stato di profondo abbattimento in cui era caduto, dal giorno della morte di Mimì, Concetto Scalavino.
Una cronaca asciutta, quella della governante, con cui rendeva partecipi le due giovani della freddezza con cui Pietra aveva accolto la corona di fiori e il messaggio di cordoglio, e l’anteprima della notizia della cessazione di ogni tipo di rapporto con la famiglia Scalavino. Il suo racconto terminava con il minaccioso suggerimento di Pietra “nel frattempo fate in modo che non prenda nessuna iniziativa personale. E’ un consiglio per il suo bene”
«Visto lo stato di depressione in cui versa vostra padre non gli ho fatto menzione né della fredda accoglienza della vedova né della prevista rottura dei rapporti con la famiglia Messinese, e tanto meno di questa intimidazione. Prima di prendere qualsiasi iniziativa ho pensato fosse opportuno discuterne con voi, dal momento che il comportamento di Pietra Messinese stride con l’atteggiamento amichevole di Mimì in visita a vostro padre.»
Rebecca e Gemma avevano ascoltato in silenzio, e senza mai interrompere, il racconto di Brigida, e solo quando lei s’era taciuta, Gemma, con voce gelida aveva detto: « Sbagliate a preoccuparvi per lui: il diavolo non teme certo gli orrori del suo inferno.»
Ma a sorpresa, Rebecca, aveva preso le difese del padre: «Sei ingiusta, Gemma, a tutti dovrebbe essere concesso il diritto di difendersi. E con questo non intendo la facoltà di sottrarsi al giudizio e poi alla pena, ma almeno conoscere i capi d’accusa e potervi replicare, anche se quei capi d’accusa sono noti e le responsabilità evidenti.»
« Una farsa, quindi. » Era stata la fredda replica di Gemma
« L’affetto e la stima di papà verso Mimì Messinese sono vere. E il suo dolore è sincero. Nessuno potrà convincermi del contrario. »
« Alla fine ha corrotto anche te. » Aveva detto Gemma, amara, uscendo dalla stanza.
Rebecca non aveva fatto alcun gesto per trattenerla, ma era rimasta in silenzio, colpita da quella critica, confusa su sé stessa e sulla legittimità della sua affermazione riguardo i sentimenti di suo padre. In definitiva neppure lei lo conosceva nell’intimo per pronunciarsi in una dichiarazione così esplicita, che se anche non lo scagionava dalle sue colpe di certo gli concedeva un’attenuante.
Ma lo stato di prostrazione in cui suo padre era caduto non poteva essere una finzione, perché in realtà lui era un pessimo attore e risultava convincente solo nelle parti in cui poteva genuinamente interpretare sé stesso, come in quel caso.
D’altro canto capiva che la mancanza di obiettività di Gemma scaturiva dall’amarezza delle umiliazioni che lui, incurante dei suoi sentimenti, le aveva inferto per perseguire il suo scopo.
Come si poteva credere che un uomo così profondamente egoista fosse dotato di sentimenti?
…eppure il senso di smarrimento che lo aveva pervaso alla morte di Mimì, e che lo stava precipitando nella depressione, testimoniava di questa sua capacità, per questo trovava ingiusto il comportamento della famiglia Messinese, quel loro prendere freddamente le distanze da lui che li aveva sempre favoriti nel campo degli affari e per i quali nutriva una sincera, incondizionata ammirazione, e per Mimì un affetto vero
…anche se in ultimo, per pervenire ai suoi scopi, l’indole sotterranea del manipolatore aveva di nuovo preso il sopravvento.
«Pietra Messinese addebita a papà la morte di Mimì.» Aveva detto Rebecca a Brigida Catalano. E poi dopo una breve riflessione aveva aggiunto: «Ma non è lei ad esserne convinta quanto Giandomenico. Devo parlare con lui.»
S’era già avviata alla porta ma Brigida l’aveva fermata, trattenendola per un braccio: «Non andrete da nessuna parte senza il mio permesso. Sono responsabile per voi, in assenza di vostro padre. E converrete con me che in questo momento lui è come se non ci fosse. Raccontatemi cosa è accaduto e poi studieremo la maniera opportuna per sistemare la faccenda.» Aveva concluso con dolcezza, liberandola dalla sua stretta.
Rebecca l’aveva guardata stupita perché lei si stava proponendo sua alleata. Dov’era il tranello?
Al pari di Gemma le rimaneva difficile fidarsi degli adulti, delle loro promesse che spesso celavano inganni, così come del loro opportunismo e delle loro incoerenze.
Il cucciolo di lupo che albergava in lei era in allerta, ma pure l’istinto la induceva a fidarsi di Brigida che, in quel suo profumo pulito di lavanda, non aveva subodorato insidie
…così le aveva raccontato la storia nella nuda sequenza dei fatti. Una narrazione epurata, per quanto possibile, da quell’emotività che avrebbe potuto condizionare il giudizio della governante.
Brigida aveva ascoltato attenta quel resoconto sciorinato senza enfasi anche in quei passaggi che pure intuiva dovessero avere, per la giovane narratrice, un intenso coinvolgimento personale.
Nella compostezza di Rebecca e nei toni pacati della voce, aveva rivisto sé stessa, poco più che adolescente, all’indomani della morte di sua madre intenta ad asciugare dagli occhi di suo padre le lacrime dello smarrimento, e a indurlo a riprendere la via del mare, rassicurandolo che sul porto della loro casa, e sulla piccola ciurma dei suoi fratelli, avrebbe vigilato lei. Una promessa mantenuta.
Quando Rebecca aveva concluso il suo racconto, Brigida aveva detto: «Convengo anch’io che dobbiate parlare con Giandomenico, e farlo subito, prima che la situazione degeneri. Sono certa che troverete le parole giuste per indurlo alla ragione.»
DIVIETO D’ACCESSO
S’era avviata, Rebecca, alla ricerca del giovane, riflettendo sui luoghi dove potesse trovarlo, sperando che quell’incontro avvenisse senza testimoni, per poter parlare più liberamente e senza mezzi termini.
D’istinto aveva imboccato la stretta stradina che conduceva al laboratorio d’ebanisteria, immaginando che fosse quello il posto dove lui avesse trovato solitario rifugio: sarebbe stato quello che lei avrebbe scelto se fosse stata nel suo stesso stato d’animo. Chiuso per lutto, inaccessibile agli estranei e ai curiosi, con la maschera della mestizia e la retorica delle frasi di condoglianze.
Per un istante si soffermò a pensare che forse anche lei rientrava in quella categoria. Che anche per lei valeva quel divieto d’accesso. Sarebbe stato, comunque, un diritto di Giandomenico rifiutare la visita della figlia dell’uomo che riteneva responsabile della morte del padre.
Cosa avrebbe fatto se lui l’avesse respinta?
In cerca di risposte, Rebecca si guardò intorno.
Il vicolo in cui ubicava il laboratorio era deserto in quell’ora d’intensa calura pomeridiana. Chiuso il portone dell’atrio e sbarrate le persiane alle finestre. Sembrava non ci fosse nessuno, eppure il suo istinto le diceva che Giandomenico era dietro quella porta, a pochi passi da lei. Batté al portoncino, e i colpi del picchiotto propagarono cupi nel silenzio della strada. Inutilmente. Sottovoce, da dietro quella porta che ostinatamente rimaneva chiusa, lo implorò: «Giandomenico, per favore, aprite, ho assoluto bisogno di parlarvi.» Ancora le rispose il silenzio.
Testarda, reiterò di nuovo, e invano, quella supplica.
Rassegnata, stava per andar via, quando la porta s’aprì.
continua…