Dovrò trovare il coraggio di dirtelo. Ora non solo mi manca, ma neppure riesco ad immaginare come potrò fare a scovarlo. Però è necessario ch’io lo faccia e che lo faccia presto. Debbo evitare che quanto provo venga fuori da sé, nei comportamenti e tu finisca per intuirlo, magari confusamente: ti procurerei ancora più male di quello che sarò costretta a farti, quando le mie labbra si troveranno a confermarti i timori.

Se ancora esito, è perché temo d’essere confusa. Potrei infatti sbagliarmi… ma non ci credo, io per prima. Certo anche per me la cosa è stata improvvisa: non proprio un fulmine a ciel sereno, ma quasi. Ed è in fondo strano che questa coscienza sia affiorata giusto stasera davanti a quel mare così profumato e silenzioso, mentre una musica tenue accompagnava la nostra romantica cena. In quello che da sempre chiamiamo “il nostro locale”, perché lì abbiamo iniziato la nostra storia, più di sette anni fa e sempre lì abbiamo festeggiato molti dei nostri giorni importanti. E questo mio compleanno, con tutta probabilità, diventerà un altro giorno molto importante… al negativo, purtroppo, ma non posso farci nulla.

È un luogo comune che i compleanni si portino appresso qualche forma di bilancio ed io non faccio eccezione. Sette i miei compleanni che abbiamo festeggiato assieme e settimo è, tradizionalmente, l’anno in cui si vuole che un matrimonio entri in crisi. Non credo che quanto mi turba dipenda da questo fatidico numero, anche se è indubbio che sono la prima a subirne il fascino. Sette le note musicali, sette i colli di Roma, sette i giorni della settimana, sette i nani di Biancaneve, sette le meraviglie del mondo antico e sette i giorni che servirono a Dio per creare il mondo, anche se il settimo si riposò. E chissà quante connessioni potrei trovare che ancora mi sfuggono: tutto molto affascinante e intrigante, non lo nego, ma senza una vera connessione con quanto sta accadendo.

Come non c’entra nulla che siamo alla fine degli anni ’70; pure se questi sono tempi indubbiamente particolari, speciali e non solo perché qualcuno li ha già definiti anni di piombo. Anni confusi, eredi di un ’68 travolgente ma che di certi entusiasmi paiono essere una conseguenza anomala. Se ne parlo è perché abbiamo diviso anche la politica, seppure in te fosse una fede sicuramente più forte e tenace che non in me. So che, come donna, devo molto a questi anni: tante lotte e tante conquiste per il mondo femminile sono arrivate ed io le ho sempre divise con te anche se, per essere sincera sino in fondo, come tutti gli uomini tu pure ti trascini appresso un maschilismo più o meno conscio. Ma non sarei equa se non riconoscessi i tuoi sforzi per cancellare certi retaggi educativi. E lo sforzo vale pur sempre qualcosa, anche quando non è coronato dal successo totale.

Sono anche stati gli anni dei viaggi, della scoperta del mondo, delle avventure on the road, quelle del dito pollice alzato prima e della gloriosa Due Cavalli poi, comprata coi primi sudati denari e compagna fedele di tante rivoluzionarie avventure. I cori in spiaggia con le chitarre a celebrare le stelle e la luna, i grandi raduni per i concerti, le dimostrazioni in piazza e, purtroppo anche la prima violenza, le P38, le divisioni del Movimento Studentesco e, infine, le frange estreme. Quelle che, non ci vuol molto a capirlo, faranno crollare ogni sogno degli anni ’70.

È vero, da un po’ mi sto allontanando dall’entusiasmo politico che abbiamo diviso. Ti guardo, ti ascolto, so che quello che dici lo condividevamo sino a poco fa e mi fa male sentire che in me non c’è più lo slancio che ancora leggo nei tuoi occhi. È come se ti guardassi con distacco e, improvvisamente, mi apparissi come un disco incantato che pare ripetere sempre lo stesso singhiozzate verso, incapace di concludere una fatidica rima. Mi immagino già di sentirti mentre mi rispondi che sono io ad aver tradito certi ideali. È molto probabile che tu abbia ragione, ma non potrebbe essere che io stia solo trovando il coraggio di guardare certi eventi col giusto distacco? Quello cioè che ti permettere di mettere a fuoco meglio le cose e di comprenderle, anche al di là degli entusiasmi e delle emozioni? Non rinnego le idee che abbiamo condiviso, sia chiaro; ma forse comincio a sentire il peso di certe esagerazioni, forse non è tutto bianco o nero come per tanto tempo abbiamo creduto. Forse comincio a vedere ch’esistono tante sfumature di grigio. Un colore al quale, purtroppo, sei refrattario.

E l’amore? Dirai tu a questo punto. Tu mi conosci e sai che non gioco mai con i sentimenti. Mai poi lo farei con i tuoi, cui debbo sicuramente alcuni dei momenti più belli della mia vita. Momenti preziosi e profondi di cui, puoi starne certo, ti sarò sempre grata. E se penso poi che fino ad oggi non m’era mai accaduto di dubitare di quanto provavo per te, mi verrebbe voglia di dire che no, non è possibile, ch’è un malinteso, solo un malinteso e che mi sto clamorosamente sbagliando. Lo vorrei, devi credermi, amor mio… lo vorrei tanto che, come vedi continuo a chiamarti amor mio, pure nel momento in cui qualcosa in me mette in dubbio questo amore per te. Dirai di sicuro che sono incoerente e dio sa se vorrei che tu avessi ragione e che il mio fosse solo uno sbandamento passeggero…

Vorrei, lo giuro. Ma non riesco a crederlo, perché quello che ho sentito stasera non può essere un attimo sbagliato. Tu stavi parlando di qualcosa che riguardava il lavoro. Mi pare fosse addirittura un aneddoto scherzoso e divertente. Eri tranquillo e brillante come tante altre volte, tenero nei miei confronti, pronto a celebrare il mio trentesimo compleanno come tutti gli altri che abbiamo festeggiato assieme.

Improvvisamente mi sono accorta, quasi con orrore, che mi stavo chiedendo chi fossi io in realtà e perché sedessi lì al tavolo con te. Una specie di abisso di paura mi si è aperto davanti agli occhi, nell’attimo stesso in cui mi sono resa pienamente conto di quanto andavo pensando. E tu devi essertene accorto perché sei diventato serio e mi hai chiesto se per caso stavo male. Nei miei occhi doveva essere passato il terrore se ben leggevo i tuoi, ma mi sono ripresa e me la sono cavata alludendo ad un momentaneo giramento di testa, probabilmente causato dal vino che stavamo bevendo. E tu, almeno apparentemente, m’hai creduta. O forse hai solo voluto credermi, ma ti conosco abbastanza per saper che in te, da qualche parte, è rimasto un piccolo punto interrogativo che, prima o poi crescerà e verrà fuori prepotente e drammatico.

Ed ora sono qui, chiusa nel bagno di casa nostra, mentre tu mi aspetti di là, sul nostro letto, per fare l’amore e completare quella che doveva essere una festa. Ho sperato che quell’attimo fosse solo un errore, un trascurabile incidente di percorso. Ma dietro questa porta che non mi riesce di aprire, sento solo un gran freddo e vorrei essere via, altrove, lontana da te e da me stessa. So che sono in procinto di fingere qualcosa che non sento più, perché vigliaccamente rimanderò le parole che mi spaventano.

Perdonami, se puoi.