NATALE 19 – –

Si avvicinava sempre a grandi passi, quel periodo bellissimo dell’anno, quando bambina – primi anni ’60 – l’eccitazione per le festività e l’imminente Natale si manifestava con un brillio negli occhi, scrutando ammirata le luci nelle vetrine dei negozi, di pasticcerie e panetterie in particolare, dove golosissimi dolcetti stagionali facevano ammiccanti bella mostra di sé invitando sfacciatamente noi bambini a morire con l’acquolina in bocca al solo ammirarli al di là del vetro…
Lo ricordo bene, era sempre un periodo di grande fermento per me: costruivo angioletti di carta, li coloravo con i pastelli di scuola e li decoravo con quella finissima polvere d’oro che aveva sempre un che di magico, in sé.
E scrivevo le letterine di Natale, con quella mia bella e pulita grafia infantile, che avrei poi consegnato con trepidazione nelle mani dei legittimi destinatari: i miei nonni paterni, gli unici che ci abitavano vicino e coi quali avremmo poi festeggiato il ricco pranzo familiare del 25 dicembre.
Costituiva un rito irrinunciabile, per me e il mio fratellino, lo scrivere quella letterina ricca di buoni propositi ed affetto. Sarebbe stata immancabilmente premiata con una busta rossa nella quale i nonni ci avrebbero regalato una lauta “mancia” per l’occasione.
Una volta l’anno, noi bambini, ci sentivamo ricchi!
Che belli, che dolcezza, i Natali di una volta, quelli della mia infanzia, con poche cose e tanta gioia e trepidazione nel cuore.
Trovare oggi questa vecchia foto mi ha ricondotta con la memoria a quegli anni lontani, bastava poco – che era poi molto – per sentirsi felici.
Ho voluto mettere nero su bianco qui, ora, la tenerezza di questi ricordi che riaffiorano alla mente dopo oltre mezzo secolo da allora.
I miei Natali, dopo, non sono mai più stati così…