«Ed è così!» gridai con voce strozzata, rovesciando in faccia ai miei interlocutori fumo, alcool, e sì, anche un po’ di bile.
«Non prendertela, Charles» mi disse con fare bonario Louis -quel lucido impomatato figlio di puttana con i suoi baffetti da topo! – «non è colpa nostra se la tua poesia non piace a tutti».
Mi scagliai su di lui come una molla:
«Bastardo maiale, io…!».
Per fortuna fu il buon Theophile a fermarmi.
«Hai bevuto troppo, Charles, e questa roba che fumi non deve essere buona. Non credo…».
«Se questo è il Club de Hashishins cosa dovrei fumare, dimmi? Ditemelo tutti voi cosa dovrei fumare!» urlai, balzando sul tavolo e guardandomi intorno con fare bellicoso.
«Ti prego, se facciamo tutto questo chiasso finirà che l’Hôtel de Lauzun ci revocherà l’affitto».
«E allora? Andremo per le strade a declamare i nostri versi, A l’Operà! A…».
«Jeanne! Ti prego, guarda se riesci a far ragionare tu Charles! Portatelo via».
Dall’altro lato della sala la bella Jeanne mi guardava sorridendo, sorniona.
«Non dargli retta, Jeanne, amore mio!» la implorai «Musa mia, sogno delle mie notti insonni! Lasciami gustare ancora questo nettare denso, lascia che la dama verde m’inebri e giuro che ti scoperò fino a domani mattina come non ti ho mai scopato!».

Jeanne scosse la testa ed alzò il suo, di calice, alla mia salute. In effetti, cominciavo a pensare, se non mi avesse scopato lei io non avrei avuto grandi possibilità di…
«Dai, non te la prendere così» mi sostenne un altro amico, il buon Gerard «sappiamo tutti che tra noi se c’è un poeta sei tu».
«Sì» mi drizzai in piedi «io sono un poeta e so di esserlo. E sai perché? Io sono un poeta non perché scrivo poesie, ma perché so cogliere la bellezza del gesto, le suggestioni della parola e le possibilità dell’immaginazione, l’inesprimibile nel divenire di una società sconvolta dalla travolgente avanzata della scienza!».
Un silenzio sconcertato accolse le mie parole. Solo Jeanne si fece avanti – cara Jeanne! – applaudendo e mi abbracciò forte.
«È per questo che ti amo, Charles!» disse, con le lacrime agli occhi.
«Jeanne…» sussurrai «mon fleur…».
«Oui» mi soffiò lei nelle orecchie «Je suis votre fleur, le fleur du Mal».