Zotti era un’orsacchiotto pelosone color cappuccino alto una trentina di centimentri.

Se ne stava con le zampe aperte in attesa di un abbraccio in cui sprofondare il muso.

A volte lo soffocavo per quanto me lo stringevo al petto, spesso ci dormivo insieme e se mia madre non me lo toglieva quando ero ormai scivolato nel mondo dei sogni, la mattina mi svegliavo tutto sudato.

Zotti aveva un’anima.

Trascorrevamo pomeriggi interi in camera durante gli inverni piovosi: io a fare i compiti, lui seduto sul letto col testone reclinato in avanti che mi fissava con i suoi occhioni neri madreperlati.

Avrò avuto 6 o 7 anni e gli parlavo come si parla al fratello che non ho mai avuto.

Ero convinto che saremmo cresciuti insieme.

Eravamo inseparabili. Fino a un pomeriggio di primavera.

L’aria fresca e profumata invitava a tenere le finestre aperte

Io giocavo con Zotti e ci affacciammo alla finestra per vedeere nel cortile di fronte Ninni, Codona e Viperetta, tre gatti che con mia madrea avevo così chiamato perchè uno aveva il pelo rossiccio, molto solitario e diffidente e le altre due, femmine, erano una con pelo fluente e coda piumino, altezzosa e regale, l’altra magra, sinusosa e dispettosa.

I tre gatti stazionavano pigramente negli anfratti più mnascosti del cortile e li indicai a Zotti facendolo salutare con la zampa.

Fu questiione di un attimo.

Zotti forse voleva abbracciare i gatti o forse mi scappò di mano.

Cadde nel dal terzo piano nella rampa del garage.

Ricordo che lancia un grido e chiamai mia madre piangendo:

Zotti è morto. E’ caduto!”

Ero disperato e corsi giù con mia madre che mi rincorreva per le scale in pantofole.

Quando mia madre me lo riportò su a casa ero muto, seduto sul letto e con lo sguardo fisso sulla tapezzeria del muro. Senza più lacrime.

Zotti era sporco e aveva perso un occhio che mia madre nei giorni seguenti, dopo averlo lavato, sostituì pietosamente con un bottone .

Ma per me Zotti non era più Zotti.

La caduta me lo aveva restituito diverso, senza più voglia di giocare con me, di vedere i gatti del cortile di fronte. Gli descrivevo quello che succedeva perchè lui non si muoveva più, non reagiva ai miei abbracci. Lo imboccavo perchè non mangiava più.

Passarono gli anni, sono diventato grande e Zotti non ricordo che fine fece.

Ma anche oggi che sono adulto i bei momenti passati insieme restano scolpiti nella memoria.

Ti ricordo con la nostalgia del tempo andato Zotti, amico mio.