Innanzitutto c’era d’ammirare la dedizione assoluta con cui Mr Wolf si dedicava all’addestramento dei suoi cavallucci marini, attrazione principale del “Great Sea Circus” in tournè mondiale e con il tutto esaurito, (così recitava il manifesto affisso alle pareti del saloon di Miss Rose Pure) diretti a Los Angeles ma costretti, a causa dell’azzoppamento di un cavallo, ad una tappa forzata, fuori programma, a Culver City.
Un increscioso incidente, questo del cavallo, che aveva costretto Mr. Wolf e la sua variegata truppa ad albergare nell’equivoco saloon di Miss Rose Pure che, a dispetto del nome, la purezza l’aveva smarrita da un tempo ormai remoto e senza neppure troppi rimpianti.
Anche lei, al pari di Mr Wolf, poteva dichiarare, senza alcuna millanteria, sempre il tutto esaurito.
Così gli artisti del “Great Sea Circus” trovarono conforto tra le ospitali pareti di Miss Pure che generosamente, e a credito illimitato, aveva messo a loro disposizione le sue ragazze ed il suo whisky, in cambio dell’anteprima di quel grandioso spettacolo che i manifesti, con enfasi, annunciavano.
A Culver City, città di frontiera così lontana dallo splendore di Los Angeles, non accadeva nulla di veramente rilevante, eccettuati matrimoni e funerali che, come sottolineava Miss Pure, erano d’ascriversi alla normalità piuttosto che alla mondanità, mentre con il richiamo inaspettato del “Great Sea Circus” calcolava che ne avrebbero beneficiato, in egual misura, la vita sociale e le casse del suo saloon.
D’altronde ci sarebbe stato tutto il tempo per organizzare questo evento dal momento che il colonnello Dixon, socio paritario, mente immaginifica e prodigioso coreografo, (quasi tutti gli spettacoli nascevano dalla sua fertile fantasia) si era decisamente rifiutato di sostituire Shadow, il mustang nero che s’era azzoppato, non intendendo ragioni né aggiustamenti, minacciando, anzi, le sue dimissioni.
Mr Wolf , dal canto suo, era assolutamente consapevole del valore di Shadow e ancor di più della genialità del suo socio, per cui non oppose più alcuna obiezione.
Quale altro cavallo avrebbe potuto eguagliare in destrezza Shadow quando prontamente afferrava con i suoi forti denti la coda della sirena nel momento in cui, attraverso l’ingegnoso sistema di un ancoraggio e di una catapulta sapientemente celati nel fondo della vasca marina, veniva all’improvviso proiettata in aria da uno spettacolare getto d’acqua che, con violenza, la scaraventava verso l’alto, ma ecco che a preservarla dalla rovinosa caduta trovava il mustang pronto ad afferrarla al volo, issarla in sella e lanciarsi in una corsa mozzafiato lungo un percorso accidentato, irto d’infidi ostacoli, mentre la graziosa sirena si esibiva in temerarie acrobazie in aperta sfida alla forza di gravità.
Nessun altro cavallo avrebbe potuto in breve tempo, e in uno stato pressante di necessità, raggiungere l’intesa perfetta che si era stabilita tra Shadow e Ketty, la piccola acrobata/sirena, figlia del colonnello Dixon.
Cosicchè, a ragione, solo di Shadow egli si fidava.
A Mr Wolf, quindi, non era rimasto che acconsentire alle esigenze del colonnello Dixon e soddisfare anche la richiesta di Miss Pure, accingendosi ad allestire alcuni numeri dell’imponente spettacolo che a Los Angeles avrebbe avuto la sua consacrazione.
Ma tutto questo sarebbe valso anche a prevenire le mollezze dell’ozio di quella vacanza forzata ed evitare i rischi di un rilassamento pericoloso in cui i suoi artisti, gente necessariamente disciplinata, avrebbero potuto incorrere.
D’altra parte l’incantevole Miss Rose, dal passato burrascoso e dal presente fecondo, eccellentemente si stava adoperando per rendere piacevole il loro soggiorno a Culver City, con forse troppa passione, come aveva notato Mr Wolf, intravedendo dietro la sua disponibilità e le sue seduzione una strategia ben congegnata, un tatticismo machiavellico teso ad evidenziare, ai suoi occhi, l’autoindulgenza ed il lassismo dei suoi artisti in balia dei sensi.
Uno sbandamento provocato ad arte dalla maitresse, buona osservatrice di caratteri a cui non era sfuggita l’apprensione con cui Mr Wolf andava osservando la sua truppa in libera uscita a tempo indeterminato.
Così egli avrebbe avvertito l’urgenza di strappare i suoi ragazzi alla soavità dell’alcova e alla mollezza dell’ozio per ricondurli a quella salutare disciplina a cui ogni buon atleta deve attenersi per non invalidare mesi di duro esercizio e, soprattutto, per non rischiare di giungere a Los Angeles in uno stato di flaccido abbrutimento.
Diventava quindi indispensabile, per ricollocare ognuno nel proprio ruolo e nel proprio ambito, allestire lo spettacolo a Culver City.
Sebbene la decisione di questo irreggimentazione coatta era stata accolta da molti mugugni e qualche commento di malcontento, non ne era seguito alcun ammutinamento e vennero dunque issate le tende poco fuori l’avamposto abitativo, trasportate le attrezzature e gli strumenti di scena, tra cui, con mille precauzioni e sotto la direzione personale di Mr Wolf, la grande vasca dei suoi cavallucci marini.
Solo il colonnello Dixon e sua figlia Ketty erano stati esentati dai doveri professionali dal momento che la loro attività era strettamente legata a Shadow, il mustang nero ancora in fase di convalescenza.
E mentre il colonnello si dedicava con devozione alla guarigione di Shadow, la sua giovane figlia trascorreva gran parte del suo tempo incollata alle sottane di Miss Rose, affascinata e sorpresa delle molteplici possibilità che sembravano facilmente offrirsi a quella donna così determinata, dalla bellezza effervescente e dalla morale duttile.
Miss Pure appariva agli occhi di Ketty come la realizzazione possibile di una vita diversa, e mai sperimentata, da quella che lei aveva fino a quel momento vissuto nell’inganno di una vasca di vetro e in stretta simbiosi con un mustang nero.
Una vita diversa che, seppur delimitata dai confini di un paesaggio circoscritto dalle regole societarie, era pur sempre possibile travalicarne i limiti, mirando alla forzatura piuttosto che alla conquista degli spazi oppressi.
La vita stanziale e scapigliata dell’inneffabile Miss Rose si contrapponeva, nel suo immaginario, con irresistibile seduzione e come termine di paragone, a modello alternativo alla sua, invece, rigidamente strutturata sui codici della gente nomade.
In virtù di queste inedite riflessioni, la giovane acrobata aveva iniziato così a valutare la necessità dell’amputazione di quella sua coda di sirena che ora le appariva umiliante come la propaggine di una catena.
Miss Pure, dal canto suo, s’era ella stessa infatuata della piccola Dixon, irresistibilmente attratta dalle dissomiglianze, piuttosto che dalle similitudini, che la loro conoscenza sempre più intima metteva in risalto.
Intanto, appena al di fuori dell’abitato dove erano state issate le tende del “Great Sea Circus”, si era formata una sorta di comunità secondaria dei nuovi perditempo aggregati a quelli di sempre, provenienti dalle zone limitrofe, irretiti dal roboante richiamo della gran cassa percossa con entusiastica energia da un figurante che s’andava aggirando, novello Nettuno, a bordo di un fantascientifico carro marino in esplorazione dei sentieri provvisori irradianti da Culver City, con lo scopo pagano della propaganda e del lucro.
In realtà, Mr Wolf, l’addestratore di cavallucci marini, era un convinto seguace della scienza di Abraham Gottlob Werner, l’ideatore della “Geognosia” e fautore delle teorie del “Nettunismo” cosicché quasi sempre lo spettacolo acrobatico era poi integrato da una coda didattica assolutamente gratuita, mirata alla divulgazione e al proselitismo.
Si era già cominciato, dalle prime luci dell’alba, indefessamente a lavorare per organizzare, impiantare e programmare le complesse scenografie: oliare ingranaggi, misurare distanze, issare specchi e stender panneggi per ottenere l’effetto illusorio di un fantastico, sbalorditivo caleidoscopio marino.
Dichiarata come sempre “off limits”, l’area di lavoro sorvegliata a vista da un energumeno barbuto che andava sfoggiando, a tracolla della corta tonaca da Ulisse, una minacciosa carabina Spencer.
Era già successo, in passato, che altri impresari meno abili e meno fantasiosi avessero cercato di penetrare i segreti e le meraviglie di quell’universo cobalto (bianco e azzurro erano i colori del “Great Sea Circus”) per trarne spunto, o peggio ancora, farne plagio, costringendo Mr Wolf ed il colonnello Dixon ad assoldare l’Ulisse pistolero.
Nel frattempo, Osmond Cox, direttore, azionista e giornalista del “Newspaper of Culver City” aveva trascorso, a tal fine, la notte all’addiaccio, abbarbicato ad un’altissima sequoia prospiciente l’area vietata, per penetrare i segreti di quell’illusionismo avanguardista che era all’apice della nascente leggenda del “Great Sea Circus” e svelarli in uno scoop sensazionale.
L’articolo sarebbe stato pubblicato il giorno stesso del grande spettacolo di Los Angeles.