EVA E JOSH

I due ragazzi non avevano certo rinunciato a vedersi, anzi, ogni giorno lui l’aspettava all’uscita da scuola poi l’accompagnava per un tratto verso casa, la salutava con un bacio e restava a guardarla finché non spariva dietro il cancello della villa, in barba ai genitori, che non approvavano la loro amicizia. Quel giorno, come ogni giorno, Josh sorrise vedendo Eva attraversare la strada e venirgli incontro, si avviarono mano nella mano verso il parco che li avrebbe protetti da occhi indiscreti. Si scambiarono parole dolci e teneri baci poi, come ogni giorno, lui la lasciò all’angolo della via. Dalla villetta di fronte, dietro una finestra, Maggie li guardava con un sorriso ironico, prese il cellulare e compose un numero:
«Pronto».
«Sono Maggie, ti devo parlare».

Quando Josh entrò in casa trovò la madre ai fornelli, la tavola già apparecchiata.
«Finalmente sei tornato Josh! Siediti, la cena è pronta».
«Mamma, sono solo le sei, non è ora di cena».
«Non brontolare! Mangia, che dopo ho da fare un sacco di cose».
«Ma…»
«Insomma Josh Trevor! Fai come ti dico!»
Josh guardò la madre stupito, non gli aveva mai parlato in tono così brusco. Solo allora si accorse che la donna era in preda ad una forte agitazione, i capelli scarmigliati, i calzini di colore diverso, lo sguardo vitreo.
«Mamma, c’è qualcosa che non va?»
«Non c’è niente che non va maledizione! C’è solo che mio figlio non fa ciò che gli dico di fare, ormai dà retta solo a quella sgallettata figlia dei Garret, come diavolo si chiama! Credi che non lo sappia?»
«Noi ci vogliamo bene mamma».
«Insomma basta!» gridò la donna istericamente. Tolse la padella dal fuoco e la scaraventò a terra, poi si prese la testa fra le mani e, gridando parole sconnesse, corse in camera da letto chiudendo a chiave la porta.
Josh era spaventatissimo, cosa stava succedendo alla madre? Raccolse la padella, lavò il pavimento e pulì i fornelli, intanto pensava a come poteva aiutarla. Era evidente che avesse avuto una crisi di nervi.
Telefonò al medico di famiglia, gli raccontò ciò che era successo poco prima.
«Stai tranquillo Josh, domani verrò a trovarla con una scusa qualsiasi per rendermi conto della situazione».
«Grazie dottore».
Era già mezzanotte, quando Josh sentì un rumore. Corse a controllare la camera della madre, era vuota. La vide mentre apriva la porta di casa per uscire. Stava per chiamarla, ma rinunciò. Andò invece in camera sua e guardò dalla finestra. Come la volta precedente, Liza camminava lentamente sul vialetto, sembrava un automa, aveva indosso ancora gli abiti sporchi degli schizzi della padella. Si fermò vicino all’albero e restò immobile. Chi aspettava? Josh aveva il cuore in gola, fu tentato di chiamarla, ma temeva che si mettesse di nuovo a gridare, quindi aspettò ancora un po’. Vedendo che non arrivava nessuno e che la madre era ancora lì, immobile come una statua, decise di intervenire. Si avvicinò dolcemente per non farla spaventare:
«Mamma».
«Ciao caro».
«Vieni mamma, torniamo in casa, vuoi?»
«Sì, sono stanca, ho sentito tuo padre chiamare ma, non lo vedo, sarà andato via».
Josh trattenne a stento le lacrime, le cinse le spalle e la riaccompagnò in casa. L’aiutò a indossare un pigiama pulito, la fece coricare e le rimboccò le coperte. Restò vicino a lei finché non si fu addormentata, poi si ritirò nella sua stanza, aveva il cuore spezzato, sua madre non riusciva a rassegnarsi alla morte del marito, era sprofondata in un esaurimento nervoso terribile. Spense la luce e si lasciò andare a un pianto liberatorio. Mille pensieri gli vorticavano in testa: la speranza che il dottore potesse guarire la madre, il terrore di perderla, e poi Eva, le voleva tanto bene, ma la famiglia non lo vedeva di buon occhio, beh avevano ragione! Cosa aveva lui da offrire? Un lavoro modesto, ed ora anche una madre malata… no, non aveva nessuna speranza, meglio troncare tutto, a costo di morire di dolore.

Quando Eva, lasciato Josh all’angolo della strada entrò in casa, trovò il padre e la madre ad aspettarla con lo sguardo accigliato.
«Ti avevo già detto che non è opportuno che tu frequenti quel Josh Trevor, mi pare» disse il padre.
«Tesoro è per il tuo bene – continuò la madre – ti ho spiegato chiaramente che quel ragazzo non potrà mai offrirti il tenore di vita che hai ora».
«Ma tu – proseguì il padre – hai preferito fare di testa tua e incontrarlo di nascosto. Che idea stupida! Non sai che in questo paese anche i muri hanno occhi e orecchi? Bene! D’ora in poi a scuola ti accompagnerò io e tua madre verrà a prenderti all’uscita. Non vedrai più quel ragazzo».
Eva cercò di protestare ma lo sguardo severo del padre glielo impedì, se ne andò in cameretta a piangere sconsolata…

ALBERT

Ottenuto il prestito da Maggie, Albert Wilson sorridendo si avviò verso casa, era euforico, finalmente avrebbe sistemato tutto, avrebbe saldato i debiti, trovato un lavoro ad ogni costo e avrebbe recuperato la stima di Ann e Sally. La busta con i soldi (in contanti, meglio non firmare assegni, aveva detto Maggie), premeva contro il suo petto, ben sistemata nella tasca interna della giacca. Era a piedi, la camminata gli avrebbe schiarito le idee. Passò davanti alla sala scommesse senza neppure alzare lo sguardo.
«Albert!»
Si girò di scatto, accidenti, era Sam, che gestiva il piccolo bar all’interno della sala.
«Oh, salve Sam, scusa vado di fretta».
«Che maniere amico, ti ricordo che hai un debito considerevole con me, quando pensi di pagarmi?»
Albert non avrebbe voluto fermarsi, ma lo fece.
«Ho il denaro Sam, ti pagherò domani – disse toccandosi la giacca – prima devo fare un salto a casa».
«Eh no bello mio, se hai il denaro pagami subito, scusa sai, ma non ho più fiducia nella tua parola».
A malincuore Albert entrò nel locale e, senza guardare nessuno, si diresse in un angolo appartato con Sam che gli presentò il conto. Tirò fuori la busta con i soldi e pagò. Il barista spalancò gli occhi:
«Ehi! Hai vinto alla lotteria?»
«No no, ho concluso un piccolo affare, nient’altro».
«Accidenti Albert, con quella somma potresti fare un colpaccio, ho un cavallo sicuro per la prossima corsa».
«No Sam, davvero, non voglio più giocare, ho deciso».
«D’accordo, come vuoi, peccato però, danno Pegaso vincente cinque a uno. Una bella fortuna. Ok non importa, dai vieni che ti offro un bicchiere, siamo ancora amici no?»
Un po’ riluttante Albert lo seguì fino al banco e bevve il brandy tutto d’un fiato, Sam gliene versò un altro e un altro ancora, sapeva che Albert non reggeva più bene l’alcol. Chiamò con un cenno un cliente e, facendogli l’occhiolino disse:
«Kurt, allora hai deciso di giocare Pegaso vincente per la prossima corsa?»
L’uomo capì al volo:
«Sì certo è più che sicuro, stavolta mi porto a casa un bel gruzzolo» rispose ridendo di gusto. Albert, già annebbiato dall’alcol, riuscì a fare un rapido calcolo: avrebbe vinto una fortuna!
«Ok amici, voglio giocare anch’io, ho proprio bisogno di fortuna».
«Bravo Albert Wilson, ora ti riconosco, quanto vuoi mettere?»
Toccò la busta, per un attimo pensò di rinunciare ma, il demone del gioco ebbe il sopravvento».
«Gioco tutto, Pegaso vincente!»
«Ma è una cifra enorme, farai saltare il banco! Ahahahah!»
Fece la sua puntata, non prima di aver bevuto altri due brandy, e finalmente la corsa cominciò.
Pegaso partì molto bene, era in testa ma, a un certo punto, Sparviero, che lo tallonava, aumentò l’andatura. Pegaso sembrava in difficoltà, poi sembrò recuperare, nella sala un vociare infernale di incitazioni a questo o a quel cavallo. Albert, con gli occhi sbarrati, fissi sullo schermo, guardava il suo cavallo perdere terreno irrimediabilmente. Sparviero vinse la corsa. Era finita! Aveva perso tutto! Nella sua mente annebbiata pensieri confusi si accavallavano: “E adesso? Sono finito per sempre! E’ colpa tua Sam! Mi hai rovinato”.
Fuggì dal locale in preda alla disperazione, si mise a correre senza meta finché stremato cadde a terra, piangendo, tossendo, vomitando. Non poteva tornare a casa, non poteva più andare da nessuno.
Nel frattempo Sam faceva una telefonata:
«Maggie, ho recuperato quasi tutto il denaro»…

 

SUSAN

Quando Susan Cordell ricevette l’amuleto dalle mani di Maggie, si sentì al settimo cielo. Abbracciò la donna con gratitudine, finalmente poteva restare in comunicazione col figlio, grazie a quella piccola croce col rametto d’ulivo inciso. Arrivata a casa tolse l’amuleto dal sacchetto, infilò una catenina nell’apposito occhiello e se la mise al collo, stringendolo e baciandolo come fosse il suo Ted. Sarebbe tornata al più presto da Maggie, le aveva promesso che l’avrebbe fatta parlare col figlio.
«Lo faccio solo per te Susan, non spargere la voce».
Quando la sera suo marito Dave tornò a casa, gli andò incontro sorridendo e, vedendolo stupito, gli raccontò di Maggie, dei tarocchi, dell’amuleto e anche del prossimo appuntamento.
«Vorrei tanto che venissi con me Dave, potremo sapere come sta nostro figlio, se è in pace e chissà, forse potremo fargli delle domande e…»
«Susan ti prego basta! Io non credo a queste cose, sono tutte cialtronerie!».
«No Dave, ti assicuro che Maggie è una donna sincera e poi, grazie a nostro figlio, potremmo perdonarci a vicenda e ricominciare tutto daccapo. Per favore!»
A malincuore Dave accettò. Finalmente vedeva la moglie sorridere felice e, soprattutto, parlava con lui, cosa che non faceva da troppo tempo ormai. Inoltre era proprio curioso di vedere quella Maggie, ne aveva sentito parlare, e non in tono amichevole.
Si presentarono insieme all’appuntamento, Maggie non fu entusiasta nel vedere che Susan aveva portato con sé il marito ma fece buon viso a cattiva sorte. Li fece accomodare in una piccola stanza con luci rosse soffuse, candele accese sparse tutt’intorno e una musica celestiale a basso volume. Al centro della stanza sopra un tavolino coperto da un drappo rosso, un bastoncino di incenso spandeva il suo profumo inebriante.
Maggie si sedette di fronte alla coppia, chiuse gli occhi, si massaggiò le tempie:
«Ted, qui ci sono i tuoi genitori, vogliono salutarti, parla dunque se ci sei».
Passarono alcuni secondi poi Maggie cominciò ad agitarsi, strabuzzò gli occhi, emise dei gemiti, quindi parlò con voce poco più che infantile:
«Ciao mamma, ciao papà».
Susan scoppiò in lacrime e rispose con voce rotta:
«Ted! Ted bambino mio, sono qui, insieme a papà, come stai amore?»
Dave era inebetito, non aveva mai creduto ai medium, per lui erano solo imbroglioni, però doveva ammettere che quell’atmosfera surreale, quei profumi, quella musica, la voce della donna, erano davvero suggestivi.
«Papà!» chiamò Ted tramite la medium.
«Sì figliolo sono qui».
«Mamma, papà, sono felice che siate insieme. Io sto bene, state tranquilli e vogliatevi bene».
Susan col viso inondato di lacrime si strinse al braccio del marito che travolto suo malgrado dall’emozione, si copriva gli occhi arrossati di pianto.
Poi successe qualcosa di inaspettato:
«Papà!».
«Sì Ted, dimmi».
«Devi lasciare l’altra donna».
Dave restò immobile, Susan sollevò il viso verso il marito, la cosa non la stupiva più di tanto, da troppo tempo lei lo trascurava.
«Vuoi lasciarmi Dave?» chiese.
«Andiamo via, ne parleremo a casa».
Maggie nel frattempo aveva riaperto gli occhi e guardava la coppia, aveva un aspetto stanco e provato.
«Allora, siete soddisfatti?»
«Mi dica quanto le devo e ce ne andiamo» disse Dave bruscamente. Pagò il dovuto e uscì immediatamente, Susan si fermò un istante per salutare Maggie e lo raggiunse.
«Non devi spiegarmi nulla Dave – disse Susan una volta rientrati in casa – è colpa mia, lo so, ma se vuoi possiamo ritentare, ora mi sento più serena, perché so che il nostro Ted ci guarda e ci ama. Ti prego solo di non abbandonarmi Dave».
«Non temere Susan, io non ti lascio, l’altra donna è solo una storia senza importanza, credimi».
Si scambiarono un tenero abbraccio, poi Dave uscì per un appuntamento di lavoro. In realtà era infuriato, solo una persona sapeva della sua relazione con Julie, purtroppo l’aveva visto mentre l’abbracciava in auto. Come faceva a saperlo quella vecchiaccia di Maggie? Ora Dave ragionava più lucidamente, la vecchia aveva informatori, quindi spillava quattrini ai malcapitati clienti, in questo caso Susan, raccontando loro cose che sapeva per certo, spacciandole per potere medianico. Non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Salì in macchina e si diresse verso la sala scommesse. Sam il barista, si irrigidì quando lo vide entrare con aria minacciosa, ma fece buon viso.
«Buongiorno Dave, cosa ti servo?»
«Non voglio bere, voglio parlarti. Hai rivelato tu a quella vecchia strega che frequento un’altra donna vero?»
«Quale strega, non capisco di cosa parli».
«Non fare il furbo con me pidocchio, o te ne farò pentire, so che mi hai visto».
Sam era pallido come un cencio, farfugliando confessò:
«Lei mi ricatta Dave, sono costretto a fare certe cose, credimi, non avevo altra scelta».
«Bastardi! Ve la farò pagare».
Uscì dal locale deciso a far prendere un bello spavento a quella infida donna.
Pioveva a dirotto quella notte, Dave si assicurò che Susan dormisse, prese l’auto e si diresse fino alla casa di Maggie, restando sul ciglio della strada riparato dagli alberi. I fari accesi gli permisero di farsi un’idea di come penetrare in casa della donna. Dopo alcuni minuti se ne andò.

Maggie scese dal letto rabbrividendo, si avvolse nello scialle e andò in cucina. Scostò la tenda e guardò fuori, un ramo sbattè con violenza contro il vetro facendola sobbalzare. “Accidenti al vento – pensò – non riesco a prendere sonno, mi preparerò una tisana”. Stava per richiudere la tenda quando qualcosa la bloccò. Oltre gli alberi, proprio sul ciglio della strada che attraversava il paese, le parve di vedere un luccichio attraverso la pioggia, solo per un attimo, poi scomparve. “Stai diventando vecchia Maggie – disse fra sé – vecchia e fifona”. Di nuovo quella lama di luce, questa volta era ferma, illuminava debolmente una parte della strada. Maggie inforcò gli occhiali e guardò con più attenzione: intravide la sagoma di un’automobile, la luce era quella dei fari accesi. Un brivido la percorse, cosa ci faceva un’auto di notte con un tempaccio simile, proprio di fronte alla sua casa? Un rapinatore, un maniaco, oppure… Mentre mille pensieri orribili le attraversavano la mente l’auto sparì nel buio.
Rinfrancata Maggie chiuse la tenda, bevve la tisana e tornò a letto…

ANN

Ann Wilson era preoccupata, Albert non era rientrato quella notte, non era mai successo fino ad allora, anche se si ubriacava tornava sempre a casa. Aprì la porta della camera di Sally, la ragazza dormiva tranquillamente, pensò di chiamare la polizia, prima però decise di andare a controllare se c’era l’automobile del marito, poteva essersi addormentato in macchina. Scese con l’ascensore interno fino al box, l’auto non c’era. Stava per risalire quando vide una busta appoggiata sullo scaffale degli attrezzi con scritto il suo nome. La aprì e il cuore le balzò in gola nel leggere quelle poche righe:

“Ann, Sally, perdonatemi, sono stanco, non ce la faccio più. Vi amo.
Ann, parla col barista della sala scommesse, Sam, lui sa tutto. Albert”

Agitatissima, Ann mise il biglietto in tasca e decise di risalire per telefonare alla polizia. Gli occhi captarono qualcosa di strano in fondo al box, in un angolo più buio. Si avvicinò incuriosita e, un urlo agghiacciante uscì dalla sua gola, il corpo di suo marito, ormai senza vita, pendeva dal soffitto con una corda al collo, sotto i piedi una sedia rovesciata…

JIM

Jim Garret, il padre di Eva, era cupo in volto. Non sopportava più la situazione che si era creata. Sua figlia, da quando le aveva impedito di frequentare Josh, non gli rivolgeva quasi più la parola, la moglie Sarah, che in un primo tempo lo aveva sostenuto, ora tentennava e si spostava dalla parte della figlia. Ma la cosa più grave, che doveva finire ad ogni costo, era il rapporto con la vecchia Maggie, che durava ormai da troppo tempo. Andò direttamente a casa sua e bussò con insistenza alla porta.
«Lo sai che devi avvisarmi prima di venire qui! – disse Maggie molto contrariata – cosa vuoi?»
Jim entrò senza ribattere.
«Allora? Cosa c’è di tanto urgente da piombare in casa mia in questo modo?»
«Vengo subito al punto Maggie, ho deciso che non ti pagherò più, non avrai più un centesimo da me».
La donna lo guardò con un sorriso beffardo:
«Dici davvero? Non mi sei grato per averti rivelato che tua figlia si vedeva di nascosto con quel Josh Trevor?»
«Ritengo di averti pagato a sufficienza!»
«Ah sì? E l’altra faccenda, come la mettiamo?»
Jim abbassò il capo ma lo rialzò immediatamente guardandola dritto negli occhi:
«Ti ho pagato abbastanza anche per quello! Basta, ho deciso».
Uscì di corsa sbattendo la porta e lasciando Maggie sbalordita, ma non per molto. I suoi occhi si strinsero fino a diventare due fessure, mentre sibilava “Te ne pentirai Jim”…

JOSH

Il medico prescrisse alcuni importanti esami neurologici per Liza, la madre di Josh. La diagnosi fu impietosa: Alzheimer! Invitò il figlio nel suo studio e gli spiegò la drammatica situazione: doveva prepararsi a un continuo deterioramento delle facoltà mentali e fisiche della madre, non c’era nessuna cura, solo qualche palliativo. Il morale di Josh era rasoterra, non aveva nessuno cui chiedere aiuto, non aveva grandi possibilità economiche. Qualche giorno dopo, mentre tornava a casa dal lavoro si sentì chiamare. Era una donna piuttosto anziana, l’aveva già vista qualche volta, ma non sapeva il suo nome.
«Sei Josh, vero?»
«Sì signora».
«Ho saputo che tua madre sta poco bene, volevo solo dirti che mi dispiace tanto».
«Grazie, la saluterò da parte sua signora…?»
«Maggie, Maggie Bell, anzi se posso esserti utile in qualche modo non esitare a dirmelo».
«La ringrazio signora».
«Oh, chiamami Maggie come fanno tutti, altrimenti mi sento troppo vecchia – disse ridendo – e salutami anche la tua dolce fidanzatina, Eva, vi ho visti insieme qualche volta, siete così carini».
«Veramente non stiamo più insieme».
«Davvero? Oh, quanto mi dispiace!»
«Grazie del suo interessamento Maggie, arrivederci».
«Ciao Josh, vieni a trovarmi qualche volta».
“Che signora simpatica – pensò Josh – chissà se la mamma la conosce”.
Appena entrò in casa vide la madre vestita di tutto punto che lo aspettava sorridente.
«Mamma, dove devi andare?»
«Tuo padre mi ha detto di raggiungerlo».
Josh ebbe un tuffo al cuore, le cose stavano davvero peggiorando. Per distrarla sviò il discorso:
«Ah mamma, sai chi ti manda i suoi saluti? Una simpatica signora che ho incontrato oggi per caso».
La madre dimenticò all’istante l’inesistente appuntamento.
«Si chiama Maggie, la conosci?»
Liza strinse gli occhi come per concentrarsi poi, li spalancò in faccia al figlio e, senza dire una parola, cadde a terra svenuta. Josh spaventatissimo chiamò l’ambulanza che, giunta in pochi minuti, portò la madre all’ospedale. Era sera tardi quando poté tornare a casa, la madre rimase in osservazione al pronto soccorso. Si sentiva così solo, così triste, il pensiero corse a Eva, chissà se anche lei lo pensava o si era già dimenticata di lui.
La mattina dopo partì in bicicletta e si fermò vicino alla scuola. Vide arrivare Eva accompagnata dal padre, la ragazza aveva un’aria sconsolata. Josh ebbe l’impulso di correre ad abbracciarla ma si trattenne. Decise però di parlare col padre. L’uomo stava per risalire in auto.
«Signor Garret, le vorrei parlare».
Jim lo guardò stupito:
«Cosa abbiamo da dirci noi due?»
«Perché non vuole che Eva ed io ci frequentiamo? Riconosco di non essere un gran partito ma, sono giovane, lavoro sodo e soprattutto, amo sua figlia».
Jim Garret guardò dritto negli occhi quel ragazzo, il suo sguardo era puro e sincero, provò un moto di tenerezza ma subito si riprese:
«Mio caro ragazzo, è ovvio che non ho nulla contro di te personalmente ma per mia figlia ho altri progetti. Inoltre è abituata a un certo tenore di vita che tu non saresti mai in grado di garantirle».
«Ma…Eva è d’accordo con tutto questo?»
«Eva è una ragazzina sognatrice, crede che un cuore e una capanna possano rendere felici, col tempo capirà che avevo ragione io. Mi dispiace, devi dimenticarla».
Josh abbassò la testa deluso e amareggiato, si girò per andarsene quando Garret esclamò:
«Ah, ho saputo che tua madre sta male, mi dispiace molto, portale i saluti miei e di mia moglie».
Josh si allontanò senza rispondere, era troppo triste. Risalì in bicicletta e si avviò verso il luogo di lavoro, durante la pausa pranzo sarebbe andato a trovare la madre all’ospedale. I medici avevano deciso di ricoverarla per qualche giorno.
Passò davanti alla casa di Maggie, la donna stava piantando dei fiori in giardino. Lo vide e gli sorrise:
«Ciao Josh come va? Tua madre sta meglio?»
«Salve Maggie, non so di preciso, è ricoverata in osservazione».
«Senti, perché non passi da me dopo il lavoro, potremmo cenare insieme».
«Grazie ma non vorrei disturbare».
«Sciocchezze! Siamo tutti e due soli, ci faremo compagnia, che ne dici?»
Josh sorrise e accettò.
Maggie lo guardò andare via, un sorriso indefinibile increspava le sue labbra.
Uscito dal lavoro Josh andò a trovare la madre in clinica, stava dormendo, gli spiegarono che avevano dovuto sedarla poiché era troppo agitata.
Liza aprì gli occhi un istante, quando vide il figlio sorrise e chiese:
«C’è anche papà?» e subito si riaddormentò. Josh rimase accanto a lei per circa un’ora poi se ne andò col cuore colmo di tristezza.
Come promesso, si recò a casa di Maggie, la quale lo accolse con gioia, cenarono insieme. “E’ davvero brava in cucina” pensò Josh.
«Allora caro ragazzo – disse Maggie – come sta la mamma?»
«Non bene credo, era sedata, mi ha chiesto solo se ci fosse anche mio padre lì».
«Ma, non è morto?»
«Infatti, non si è mai rassegnata alla sua perdita, temo che la sua malattia dipenda anche da questo».
«E’ terribile – mormorò Maggie – stamane mi dicevi che non stai più con Eva Garret, ti va di parlarne?»
Gli ispirava tanta fiducia quella donna, era la nonna che non aveva mai avuto, Josh le raccontò tutto quasi piangendo.
«Così quel farabutto pensa che non sei degno del suo rango eh? Che bastardo! Lo conosco bene quel tipo, superbo e falso. Chissà perché non gli credo, ci deve essere dell’altro».
«Non so proprio che dire, ora vado a casa Maggie, grazie di tutto».
«Di niente ragazzo mio, vieni a trovarmi quando vuoi, d’accordo?»
«Grazie Maggie, arrivederci».
Josh montò in bicicletta e tornò a casa più rinfrancato, aveva trovato un’amica e confidente.
Maggie capì che il suo piano cominciava a funzionare…

ANN

Il cadavere di Albert Wilson fu trasportato all’obitorio. Era un chiaro caso di suicidio, non ci furono altre indagini. Ann non mostrò a nessuno il biglietto di addio del marito, decise che avrebbe parlato con quel Sam della sala scommesse.
Qualche giorno dopo il funerale si recò al locale.
«Sto cercando Sam».
«Eccomi!»
«Sono Ann Wilson, la moglie di Albert».
«Oh signora, mi dispiace tanto per suo marito, le faccio le più sentite condoglianze».
«La ringrazio. Mio marito ha lasciato un biglietto, eccolo, non l’ho mostrato alla polizia».
Sam lesse quelle poche parole e sbiancò in viso, “Parla con Sam, lui sa tutto”.
Disse al collega di sostituirlo qualche minuto poi condusse Ann nel retrobottega. Era visibilmente agitato, anzi, impaurito.
«Ma… non capisco – farfugliò – cosa dovrei sapere?»
«Sam – lo interruppe Ann – mi stia bene a sentire, Albert ha scritto queste poche righe prima di uccidersi, quindi non ha mentito di sicuro. Se lei non mi dice quello che sa, consegnerò il biglietto alla polizia».
«No! Maledizione in che guaio mi sono cacciato, lei mi ucciderà!»
«Lei? Lei chi? Insomma si decida a parlare!»
«Maggie, Maggie Bell!»
«Cosa? Maggie? Quella vecchia signora che abita in fondo al paese?»
«Sì, sì proprio lei. E’ una megera, una carogna!»
Ann rabbrividì, rivide sua figlia Sally mentre abortiva per mano di quella donna.
«Io le dico tutto – continuò Sam – ma la prego non mi rovini, non mi denunci».
«Parli!»
«Albert aveva chiesto una forte somma in prestito a Maggie, lei mi costrinse a fargli fare una grossa scommessa su un finto cavallo vincente. Albert non voleva ma, dopo aver bevuto qualche bicchierino, ha accettato. Ovviamente ha perso tutto, così Maggie ha riavuto il suo denaro, gliel’ho consegnato io stesso».
Ann era stravolta:
«Come avete potuto essere così crudeli! L’avete ucciso voi, povero Albert, chissà come era disperato. Sam, perché ha aiutato quella donna!?»
L’uomo si teneva la testa fra le mani:
«Quella strega sa qualcosa del mio passato e mi ricatta costringendomi a fornirle informazioni sulle persone, problemi personali o familiari, se hanno scheletri negli armadi insomma. Sa, in un locale pubblico le voci girano, la gente beve e spettegola».
«Io sto impazzendo – si disperò Ann – ma cosa ha fatto lei Sam di tanto grave per farsi ricattare così? Ha ucciso qualcuno?»
«No no, anni fa comprai questo locale grazie ai soldi ricavati da una rapina. Non mi hanno mai scoperto, l’ho fatta franca. Quella vecchia strega, non so come, l’ha saputo, e da allora mi fa fare tutto ciò che vuole, altrimenti mi denuncia. Ann, mi dispiace tanto per Albert, mi dica se posso fare qualcosa per lei».
La donna rispose guardandolo fisso in viso:
«Sì, può fare qualcosa, mi aiuti a vendicarmi».
Sam annuì. Quando Ann se ne andò, rifletté su ciò che gli stava succedendo: Dave Cordell aveva capito l’imbroglio della medium, e sapeva che l’aveva visto con l’altra donna, Ann Wilson ormai sapeva tutto di lui, del suo passato e dei ricatti che subiva. Le cose si stavano mettendo male, tutto per colpa di quella Maggie, che il diavolo se la porti! Nella sua mente cominciò a farsi strada un’idea che forse avrebbe sistemato tutto: se la vecchia fosse morta…

MAGGIE

Sentì suonare il campanello di casa, guardò dalla finestra e vide Josh con un mazzo di fiori in mano. Gli aprì sorridendo e lo invitò ad entrare.
«Questi fiori sono per lei Maggie, per ringraziarla della cena e della sua gentilezza».
«Non dovevi disturbarti ragazzo mio, grazie. Vieni, beviamo un bel the, ho anche dei buoni biscotti appena sfornati. Allora Josh, come va?»
«Niente di nuovo Maggie, mia madre è stazionaria, ieri ho provato a chiamare Eva sul cellulare, non è raggiungibile. Sono giù di morale».
«Quella carogna di suo padre le impedirà di tenerlo acceso – disse Maggie con tono sprezzante – è un uomo pericoloso. Tuo padre ne sapeva qualcosa».
«Mio padre? Che intende dire? Si frequentavano?»
«Certo, credevo lo sapessi, tua madre non te ne ha mai parlato?»
«Non lo sapevo, io non li ho mai visti insieme».
«E’ stato prima che tu nascessi, ho sentito un po’ di voci in giro, pare che le due coppie fossero inseparabili, Jim e Sarah Garret passavano le feste e a volte anche le vacanze estive coi tuoi genitori. A un certo punto le visite si sono un po’ diradate, fino a scomparire del tutto ma Jim e tuo padre avevano qualche affare in comune, non so di che genere, comunque si frequentavano ancora. Qualcosa però è successo a un certo punto, qualcuno li sentì discutere animatamente, poi però tuo padre morì nell’incidente quindi…»
Josh si rabbuiò in viso, si rese conto di non sapere esattamente cosa fosse successo a suo padre, i particolari dell’incidente, se ci furono indagini, la madre non gliene aveva mai parlato, sicuramente per non addolorarlo ulteriormente. Le parole di Maggie però, lo avevano colpito come una frustata.
«Cosa stai pensando?» chiese Maggie
«Credo che andrò a dare un’occhiata ai giornali dell’epoca, voglio saperne di più di quell’incidente. Grazie del the Maggie, tornerò a trovarla».
«Arrivederci ragazzo, a presto».
Lo guardò allontanarsi pensieroso sulla sua bicicletta.
“Bene – pensò – il tarlo del dubbio si è insinuato, bisogna solo aspettare”…