JOSH

I biglietti che aveva trovato nel cassetto della madre, aprivano scenari davvero inquietanti, gettavano una luce diversa sugli avvenimenti della sua vita. In preda ad una grande angoscia, decise di rivolgersi alla sua unica amica e consigliera: Maggie. Mise i fogli nella tasca della giacca, prese la bicicletta e si precipitò da lei. Arrivato nei pressi della villa, vide i lampeggianti delle auto della polizia e dell’ambulanza, molte persone ferme ad osservare.
«Cosa è successo?» chiese a uno dei tanti curiosi.
«La vecchia Maggie è morta. Forse un infarto».
«Morta? Josh era affranto, la sua amica non poteva più aiutarlo. «Ma perché c’è la polizia?»
«Ho sentito dire che hanno trovato la porta aperta ma non forzata, però di sicuro non si sa ancora niente».
Proprio in quel momento i barellieri stavano portando fuori il cadavere di Maggie chiuso in un sacco. Josh aveva le lacrime agli occhi: “Riposa in pace amica mia”. Tornò a casa pedalando lentamente, cercando di mettere ordine nei pensieri. Una telefonata dell’ospedale lo avvertì che la madre era stata dimessa, quindi si preparò per andare a prenderla. Arrivato in reparto il medico lo prese in disparte:
«Signor Trevor, per sua madre non possiamo fare di più, le ho prescritto delle pastiglie che la terranno tranquilla, la malattia però seguirà il suo corso, purtroppo non c’è cura».
Alquanto demoralizzato, Josh aiutò la madre a vestirsi, quando furono in macchina ebbe la tentazione di farle qualche domanda a proposito dei biglietti che aveva trovato ma cambiò subito idea, Liza era sempre evasiva nelle sue risposte, inoltre, la sua memoria diventava sempre più labile. No, avrebbe affrontato direttamente la persona che aveva firmato quei biglietti. Arrivati a casa la madre disse di essere stanca, non aveva fame, voleva solo dormire un po’. Josh l’aiutò a indossare il pigiama, le rimboccò le coperte e chiuse le tende, creando così una piacevole penombra. Liza non disse una parola, si addormentò in pochi minuti. Josh chiuse la porta della camera e andò in soggiorno, tirò fuori dalla tasca i biglietti e rilesse con più calma gli scritti:

“Penso io a tutto. Non muoverti di casa” J.

“Tutto fatto” J.

“Meglio non vederci per un po’, sospettano di me” J.

Li rimise in tasca.
Non poteva essere che Jim Garret, infatti fu lui ad essere interrogato dalla polizia a causa del ritrovamento dell’accendino nella macchina di Adam. Ma perché quei biglietti li aveva sua madre? E perché li aveva conservati? Forse aveva dimenticato di gettarli? Quelle frasi facevano pensare a qualcosa di inaudito: suo padre non era morto per un incidente… era stato ucciso! Maggie lo aveva avvertito quel giorno, ricordava bene le sue parole: “E’ un uomo falso… un farabutto… c’è dell’altro… due più due deve fare per forza quattro… Oh! Maggie avrei tanto bisogno di te adesso!” Se Jim Garret era un assassino, lo avrebbe scoperto presto. Si ricordò che suo padre aveva una pistola, un paio di volte lo aveva accompagnato nel bosco quando si allenava a sparare ai barattoli vuoti. Andò a frugare nel ripostiglio, sul ripiano in alto c’erano alcune scatole, salì su una sedia e le tirò giù tutte. Fra scarpe, berretti e oggetti vari spiccava un sacchetto di velluto rosso, lo aprì con cautela: era la pistola. C’era anche una scatoletta con i proiettili, riempì il caricatore e infilò l’arma nella tasca interna della giacca. Avrebbe fatto prendere un bello spavento a Jim Garret e se c’entrava con la morte di suo padre lo avrebbe ucciso. Controllò che sua madre dormisse poi, in bicicletta, raggiunse la casa dei Garret e suonò il campanello. Il suo cuore ebbe un tuffo quando la porta si aprì:
«Josh!»
«Eva! Come stai?»
«Josh scusami, non è colpa mia se…»
«Lo so, lo so, non ce l’ho con te, io ti voglio bene lo sai. Sono qui per parlare con tuo padre, è in casa?»
Jim Garret si affacciò nel vano della porta seguito dalla moglie.
«Che succede qui?» disse spostando la figlia di lato.
«Signor Garret le devo parlare di una cosa molto importante».
«Davvero? Parla dunque!»
«In privato!»
«Non ho niente da nascondere alla mia famiglia, parla pure!»
Josh gli mostrò i biglietti firmati J.
Garret impallidì, glieli restituì immediatamente poi, rivolgendosi alla moglie:
«Tesoro, chiudi la porta, faccio due chiacchiere con Josh in giardino».
Lo guidò fino al piccolo gazebo arredato con un tavolino, due sedie e un dondolo. Si sedettero uno di fronte all’altro.
«Allora?» disse Jim.
«Voglio sapere perché questi messaggi li ha mia madre – sbottò Josh sventolando i foglietti – voglio sapere tutta la verità sulla morte di mio padre. Lei Garret fu sospettato per via dell’accendino, lo scrive anche in uno di questi biglietti, io ho avuto la conferma da vecchi articoli di giornale, ma aveva un alibi giusto?»
«Certo! Mia moglie lo confermò».
«Già… Maggie me lo disse, ma disse anche che lei è un farabutto e che c’era dell’altro».
«Maggie? Ti ha parlato di me?»
«Sì, le confidai che non mi lasciava frequentare Eva, lei mi ha aperto gli occhi, ora che è morta devo andare in fondo alla questione da solo, mia madre non ricorda quasi più nulla».
«Maledetta strega – sibilò Garret tra i denti – per fortuna se n’è andata all’inferno, mi ha ricattato per anni, non so come, sapeva tutto quello che era successo».
«Sto aspettando» lo incalzò Josh.
Jim guardò la faccia pulita e sincera del ragazzo, la sua espressione si addolcì e con voce pacata disse:
«D’accordo Josh, credo che tu abbia il diritto di sapere la verità, ti chiedo in cambio una promessa: qualsiasi cosa ti racconterò dovrà restare fra noi, non dovrai dire mai nulla a mia moglie, né a mia figlia, né alla polizia, me lo prometti?»
Josh riflettè un momento prima di rispondere:
«D’accordo Garret, lo prometto, ma voglio sapere tutto nei minimi particolari».
Eva, dietro i vetri della finestra, spiava i due uomini, cercando di capire di cosa stessero parlando. Da tanto tempo non vedeva Josh, avrebbe tanto voluto dirgli che gli voleva bene, che suo padre le aveva impedito anche di telefonargli, era stato inflessibile. “Non è al nostro livello” ripeteva sempre, ma a lei non importava niente della situazione economica, gli voleva bene e basta. Ora, guardandoli insieme, pensava che sarebbe stato bellissimo formare una grande famiglia, vedere i suoi genitori giocare coi nipotini, mentre lei e Josh li guardavano sorridenti e felici. Ma era solo un sogno ad occhi aperti, in realtà sembrava che Jim e Josh seduti in quel gazebo, stessero discutendo tutt’altro che amichevolmente.
Jim Garret chinò la testa, chiuse gli occhi e cominciò a parlare:
«Eravamo due coppie molto affiatate un tempo, Liza e Adam, Sarah e Jim, giovani e spensierati, sposati da poco, avevamo fatto subito amicizia, passavamo insieme le feste e spesso anche le vacanze. Adam ed io avevamo messo insieme una piccola società di consulenza informatica, le cose andavano abbastanza bene. Una sera, mentre ci trovavamo tutti e quattro qui a casa mia a mangiare una pizza, scoppiò un forte temporale, ci fu un black out. Sarah prese un piccolo candelabro dalla mensola sopra il camino. Alla luce tremula delle candele, i miei occhi incontrarono quelli di tua madre per qualche secondo di troppo. Mentre fuori impazzava il temporale, nella mia testa esplose un fulmine e, ne ero certo, anche per tua madre fu lo stesso. In quello sguardo c’era una sensualità che non le avevo mai visto prima, insomma, mi innamorai di lei all’istante».
«Cosa? Non mi dire che mia madre ha tradito papà con te?»
«Abbiamo avuto una breve relazione, nel frattempo mia moglie rimase incinta, così Liza disse basta, dovevo pensare alla mia famiglia. Fu irremovibile, accettai a malincuore».
«E mio padre non si accorse di nulla? E Sarah?»
«No, no, sono stato sempre molto prudente. Piano piano, quasi senza che ce ne rendessimo conto, diradammo le riunioni amichevoli di una volta, fino a smetterle del tutto. Io e tuo padre però continuammo nel nostro lavoro in società. Quando nacque Eva, la mia felicità arrivò alle stelle, tua madre venne a trovare mia moglie Sarah e la piccola, Liza era felice perché a breve avrebbe avuto un bambino, infatti due mesi dopo partorì te Josh. Adam era strafelice, ci invitò a casa sua per un piccolo festeggiamento come ai vecchi tempi, devo dire che ne fui molto contento, finalmente si era ristabilita l’antica amicizia».
«Un momento! – sbottò Josh – Mia madre ha detto che è stata tua moglie a troncare l’amicizia, perché aveva messo gli occhi su mio padre ed era gelosa di lei. Mia madre ha sempre detto di amare mio padre, quindi avranno avuto discussioni, ne sai qualcosa?»
Jim fece un gesto di impazienza.
«Fammi continuare Josh, se vuoi la verità, devi ascoltare fino in fondo. Come stavo dicendo, riprendemmo a frequentarci, non spesso come prima a dire il vero ma, fu sufficiente: in breve tempo la passione si riaccese fra me e tua madre. Fu più travolgente della volta precedente, trovavamo mille scuse per vederci di nascosto. La cosa andò avanti per diversi anni fino a quel giorno maledetto. Telefonai a mia moglie dicendo che avrei fatto tardi, che avevo del lavoro urgente da sbrigare, sapevo che Adam sarebbe andato da un cliente piuttosto distante, con un problema di difficile soluzione. Avevo tutto il tempo di andare da Liza, le avevo già telefonato, era tutto predisposto».
Josh serrava le mascelle per non urlare tutta la rabbia che gli premeva in petto.
Jim continuò:
«Pioveva a dirotto quel giorno, pensai che era meglio così, nessuno mi avrebbe notato. Tu Josh eri fuori con gli amici quando arrivai, Liza mi disse che saresti stato via alcune ore, quindi avevamo tutto il tempo di… beh hai capito. Non sentimmo il rumore della chiave nella serratura, Adam era tornato a casa, aveva dimenticato di prendere la pratica del cliente, quindi pensò di rimandare l’appuntamento al giorno dopo. Naturalmente tutto questo l’ho saputo dopo, ricostruendo i fatti. Sentimmo il suo grido soffocato, aveva una tale espressione, non so come definirla… disgustata? Incredula? Immagino quanto si sia sentito tradito. Liza gridò: “Adam!” Io non riuscii a dire una parola, ero paralizzato. Cercai goffamente di rivestirmi, lui si scagliò contro di me gridando che ero un vigliacco farabutto, traditore, diede della puttana a tua madre, aveva gli occhi fuori dalle orbite, diceva che avrebbe detto tutto a mia moglie, che avrebbe mandato all’aria la nostra società, che mi avrebbe rovinato per sempre. Intanto mi era addosso, mi strattonava, tirava pugni e calci. A un certo punto afferrò un pesante fermacarte e fece per colpirmi, io parai il colpo e riuscii a strapparglielo di mano, e…»
Jim si bloccò di colpo, non riusciva a continuare.
«E cosa? – disse Josh digrignando i denti – cosa hai fatto?»
«Lo colpii ripetutamente».
«No! Maledetto, l’hai ucciso! Lo sapevo! Ma io ti…»
«Aspetta Josh! Non è finita, ascoltami ancora ti prego, devo scaricarmi la coscienza, non posso più tirarmi indietro ormai. Ma ricorda la promessa che mi hai fatto, dovrà restare fra noi».
Il ragazzo aveva il respiro corto e ansante, si era pentito di aver promesso di tacere.
Jim fece un sospiro profondo e riprese a parlare:
«Adam era a terra, non si muoveva più, era morto. Io e Liza ci guardammo in faccia inorriditi, pensammo di chiamare la polizia ma scartammo subito quella ipotesi, sarebbe stata la rovina per tutti. Io ebbi un’idea: avrei caricato Adam in macchina, lo avrei portato lontano da lì e avrei simulato un incidente».
«E la mamma ha accettato tutto questo?»
«Liza era totalmente fuori di testa, in preda al panico, dovetti decidere tutto da solo, lei pensava a te, a cosa avrebbe potuto dirti, a come avresti reagito, le si apriva uno scenario spaventoso. Per me sarebbe stata la fine di tutto, lavoro, famiglia, reputazione. Quindi decisi: dopo aver tranquillizzato un po’ Liza, scrissi il primo di quei biglietti che hai trovato, le dissi di leggerlo e di fare come avevo scritto. In seguito gliene feci avere altri sperando che non facesse niente di insensato. Caricai Adam nella sua macchina e mi misi alla guida. Era un pomeriggio buio, tetro, pioveva molto forte, non c’era nessuno in giro quando arrivai in cima al cavalcavia che attraversa il fiume, mi fermai e misi il freno a mano. Scesi dalla macchina, non mi restava che togliere il freno e lasciarla andare».
«Oh, povero papà, in mezzo a due serpenti velenosi!»
«Purtroppo non fu così semplice, perché Adam non era morto».
«Cosa?»
«Aprì gli occhi e mi vide, con voce tremante disse: “Jim, dove sono? Cosa stai facendo?” Preso dal panico non dissi una parola, mi affrettai a togliere il freno a mano, l’auto cominciò a prendere velocità e a sbandare, fino a quando sfondò il guard rail e precipitò di sotto. Devo aver perso l’accendino in quell’occasione».
Josh estrasse la pistola e gliela puntò al petto, la sua voce era sibilante, carica di odio: «Bastardo! Devi pagare con la vita, assassino!»
Jim gettò un’occhiata veloce alla finestra, sperava che la moglie o la figlia li vedesse e intervenisse, ma le due donne erano nel salotto a guardare un programma in tv.
«Josh! Cosa vuoi fare? Se mi uccidi finirai in galera per tutta la vita, non potrai più badare a tua madre malata, pensaci bene, abbassa quell’arma».
Il ragazzo non lo sentì neppure, continuò a minacciarlo con la pistola:
«Ma non provi almeno un po’ di rimorso eh? Era un tuo amico, tu lo hai tradito con mia madre, tu lo hai ucciso, non era morto, potevi salvarlo!»
Jim chiuse gli occhi, la sua voce tremava:
«Non passa giorno che io non senta la sua voce che mi chiama, le sue grida, mentre l’auto perdeva il controllo e precipitava, ci sono momenti in cui mi sembra di impazzire, credimi, ma ti prego Josh, non mi uccidere, pensa a Eva, le vuoi bene no?»
Josh singhiozzava, il viso inondato di lacrime, il cuore spezzato dal dolore, la pistola sempre puntata su Jim:
«Oh mio Dio! Il mio povero papà!»
A quel punto Jim disse qualcosa di inimmaginabile:
«Non era tuo padre».
Josh smise di respirare:
«Cosa?»
«Non era tuo padre».
«Cosa dici carogna! Non infangare la sua memoria, era il padre migliore che potessi avere, capisci cosa hai fatto bastardo? Mia madre, anche se ora la odio quanto te, ha ripetuto sempre una frase con convinzione: “Io amavo tuo padre”, hai capito?»
Jim si limitò a guardarlo fisso negli occhi.
«Hai capito cosa ho detto maledizione?» urlò Josh.
L’uomo non cambiò espressione ma i suoi occhi si riempirono di lacrime. D’un tratto Josh smise di piangere, si asciugò gli occhi e la faccia con la manica della giacca. No, non poteva essere, la verità lo colpì come una frustata in pieno volto.
«Sei tu!»
Il volto di Jim era rigato di pianto, stava lì immobile, guardava suo figlio che gli puntava addosso una pistola, suo figlio che lo odiava, e ne aveva tutte le ragioni. Si limitò ad annuire col capo.
«Nooooo!»
Josh gli sparò tre colpi in pieno petto, si alzò e corse via, scavalcò il cancelletto della villa, salì in bicicletta e pedalò come una furia verso casa. Sarah ed Eva sentirono il rumore degli spari, uscirono e videro il corpo di Jim riverso sulla sedia, ormai senza vita. Si misero a urlare inorridite, i vicini, incuriositi, si avvicinarono alla casa, voci concitate dicevano:
«Cos’è successo?»
«Hanno sparato a Jim Garret!»
«Chi è stato?»
«Qualcuno chiami la polizia!»
Josh arrivò a casa, lasciò cadere la bici per terra e aprì la porta. C’era un gran silenzio, senz’altro sua madre stava ancora dormendo. Mise la pistola sul tavolo, si accasciò sul divano e ripensò agli avvenimenti. Il quadro era desolante. Cercò di mettere in ordine la situazione punto per punto, come gli aveva insegnato Maggie.
Punto primo: Jim era suo padre.
Punto secondo: ora sapeva perché non voleva che lui ed Eva si innamorassero: era sua sorella!
Punto terzo: Jim e Liza erano stati amanti per anni, Sarah partorì Eva due mesi prima che sua madre partorisse lui, quindi quel porco aveva messo incinta tutte e due le donne a breve distanza.
Punto quarto: quando sembrava che sua madre farneticasse dicendo “Papà mi ha chiamata”, “Io amavo tuo padre”, “E’ venuto papà?”, non si riferiva ad Adam ma a Jim! Josh aveva sempre pensato che non riuscisse a sopportare la morte del marito, invece era complice dell’assassino!
Un’improvvisa freddezza si impossessò di lui, si alzò dal divano e andò verso la camera della madre, aprì la porta senza far rumore. La donna era immobile, dalle fessure della tapparella abbassata filtravano piccole lame di luce che davano al suo volto un riflesso spettrale.
«Mamma» chiamò piano.
Nessuna risposta.
«Mamma» ripetè più forte.
Liza girò la testa di poco:
«Chi c’è?» disse con voce flebile.
«Sono io, Josh».
«Chi?»
«Sono Josh mamma, tuo figlio».
«Mio figlio? Io non ho figli, sono troppo giovane».
Josh si sentì mancare, sua madre non si ricordava di lui! Possibile?
«Mamma» la sua voce era quasi un gemito.
Liza lo guardò con occhi assenti:
«Se ne vada, sto aspettando il mio fidanzato, è molto geloso».
Josh si avvicinò al letto, il viso cereo:
«Chi è il tuo fidanzato?»
«Jim. E’ così bello, ma tanto geloso».
Un leggero sorriso le aleggiava sul volto al pensiero di lui. Era davvero troppo per Josh, sfogò tutto il suo dolore, inveì contro la madre con parole irripetibili, non aveva più nessuno ormai, un padre assassino, una madre che ormai non lo conosceva più, che gli aveva sempre mentito e aveva lasciato che morisse un uomo buono come Adam Trevor. Accecato dalla rabbia prese un cuscino e lo premette sul viso di Liza, sempre più forte, la donna si dibattè debolmente per poco tempo, poi restò immobile. Josh rimase in piedi vicino al letto, a guardare il corpo senza vita della madre, era tranquillo, non provava nessun dolore, nessun timore. La sua mente era sgombra, ora sapeva cosa fare. Tornò in soggiorno, si avvicinò al tavolo, prese la pistola e si sparò alla tempia.
In lontananza, le sirene della polizia annunciavano il loro arrivo.

EPILOGO

 

EVA E SARAH GARRET

Dopo il terribile shock dell’uccisione di Jim e la tragica fine di Josh e Liza, decisero di andarsene per sempre da quella casa e ricominciare altrove una nuova vita. Eva era annientata dal dolore, aveva perso in un giorno due persone che amava. Chiedeva alla madre il perché di ciò che era successo, come era stato possibile che un ragazzo dolce come Josh diventasse un assassino e si togliesse la vita, era inconcepibile, dovevano esserci dei motivi talmente gravi… cosa si erano detti suo padre e Josh nel gazebo? Si era accorta che erano piuttosto alterati ma per quale motivo? Come aveva potuto Josh uccidere la propria madre? Forse non sopportava di vederla così malata senza speranza di guarigione? Queste erano le domande che Eva poneva a sua madre, la quale, stremata dallo spavento e dal dolore, rispondeva con dei “non lo so tesoro” seguiti da lunghi sospiri. Mai e poi mai avrebbe raccontato alla figlia ciò che sapeva.
Si era accorta fin dall’inizio che fra suo marito Jim e Liza c’era attrazione e anche di più, la cosa la ferì al punto che un giorno affrontò la rivale, minacciandola.
«Attenta a ciò che fai Liza! Stai lontana da Jim, altrimenti te la farò pagare cara, dirò tutto a tuo marito. Inoltre sappi che sono incinta, guai a te se rovini la mia famiglia».
Fu così che Liza, pur se innamorata di Jim, decise di troncare quella relazione. Sarah affrontò anche Jim:
«Vuoi davvero rovinare due famiglie? Adesso aspettiamo anche un figlio, scegli!»
Jim abbassò la testa senza rispondere, Sarah pensò che fosse pentito, che avesse capito che doveva pensare al futuro della famiglia, che non era più tempo di stupide avventure. Lo perdonò e il sereno tornò nella coppia. Quando un paio di mesi dopo, Liza e Adam si presentarono a casa loro annunciando che aspettavano anch’essi un figlio Sarah ne fu davvero felice, vide negli occhi buoni di Adam una gioia sconfinata, accettò quindi di buon grado di riprendere l’antica amicizia. Ora lei e Liza avevano tanto di cui parlare, fare tanti progetti per i loro bambini. Quando nacque Eva, Jim fu meraviglioso, pieno di premure verso le “sue donne” come amava dire spesso. I guai cominciarono quando Liza partorì il piccolo Josh. Sarah non era stupida, si accorse dello stato di apprensione di Jim, chiedeva notizie in continuazione, andava con Adam all’ospedale a far visita a Liza, poi raccontava alla moglie di quanto era bello quel bimbo, come sorrideva, come somigliava alla madre:
«Jim! Non ti sembra di esagerare? Liza ha un marito che si occupa benissimo di lei e del piccolo. Non c’è bisogno che ti impicci più di tanto, non è mica tuo figlio!»
Ecco! Fu l’espressione di Jim che le fece capire tutto. Ormai lo conosceva bene, vide il piccolo sobbalzo e lo sguardo stupito e spaventato insieme, quando lei pronunciò quella frase. Sarah aveva paura di fargli altre domande ma doveva sapere, non poteva sopportare di vivere nel dubbio:
«Jim, devi dirmi qualcosa?»
«Sarah! Perdonami, è stato più forte di me! Non volevo…»
«Allora è così? Quel bambino è tuo? Oh Dio Jim, cosa hai combinato? Cosa farai adesso? Lascerai che Adam pensi che è figlio suo? Oh povera me, ho sposato un mostro!»
«Sarah, non posso fare altro, Adam è felice di avere un figlio, lasciamoglielo credere. Liza è d’accordo. Ti rendi conto di che scandalo verrebbe fuori? Non ce lo possiamo permettere!»
Dopo aver versato fiumi di lacrime Sarah si rassegnò e accettò la situazione. D’altronde cosa poteva fare? Senza lavoro e una bimba così piccola, no, non poteva fare altro.
“Bambina mia – pensava Sarah – tu vuoi sapere la verità, fai tante domande, ma come potrei raccontarti una storia così squallida, come potrei rivelarti che non volevamo che ti innamorassi di Josh perché era tuo fratello? Ma non è tutto bambina cara. Per tutti questi anni ho sopportato il tradimento di tuo padre, sapevo che si incontrava ancora con Liza, me lo aveva detto Maggie, quella donna godeva nel vedere la gente soffrire.
Quando quella maledetta sera Jim tornò a casa a notte inoltrata, io non chiesi niente, poi lessi sul giornale la notizia della morte per “incidente” del povero Adam. Capii subito, affrontai Jim a muso duro e lui confessò il suo delitto. Mi supplicò di dire alla polizia che eravamo tutti in casa quella sera, fu così che confermai il suo alibi. Come vedi cara Eva, non hai avuto dei gran genitori, meglio che tu non sappia mai quel che è successo. Quelli che sapevano sono tutti morti, ed io porterò nella tomba il mio segreto. Piano piano il tuo dolore si affievolirà fino a scomparire, e tu vivrai serenamente la tua vita”.

DAVE E SUSAN CORDELL

Quando Susan apprese della morte di Maggie, non provò dolore, anzi, pensò che una simile ciarlatana aveva avuto ciò che si meritava. Grazie a suo marito Dave, aveva scoperto la truffa degli amuleti e la farsa delle sedute medianiche. Avrebbe conservato il ricordo del suo adorato figlio Ted nel profondo del cuore e avrebbe cercato di riconquistare l’amore di suo marito. Dave dal canto suo fu ben felice di vedere di nuovo Susan sorridere. Seduto sulla veranda, da solo, al buio, mentre fumava una sigaretta, ripensava agli ultimi avvenimenti: Sam il barista lo aveva cercato, voleva fargli una proposta. Dave lo accolse in malo modo, era anche colpa sua se Maggie era riuscita a plagiare Susan, era lui che le passava le informazioni. Lo ascoltò col volto accigliato per qualche istante, poi cominciò ad interessarsi alla sua proposta. Aveva deciso anche lui di vendicarsi di Maggie, per averlo costretto a diventare una spia coi suoi continui ricatti. Sam disse chiaramente:
«Quella strega deve morire, vuoi aiutarmi?»
«Ehi, non sono un assassino, vorrei solo farle prendere un grosso spavento».
«Ah! Quella non si spaventa facilmente! Senti, penso io a tutto, ho bisogno soltanto che tu mi aspetti fuori in macchina, allora, ci stai? Ho duplicato le chiavi della porta d’entrata, sarà un gioco da ragazzi».
Dave rimase in silenzio, rifletteva sulle conseguenze nel caso fossero stati scoperti. Tutto sommato l’autore materiale del delitto non sarebbe stato lui.
«Ok, ci sto».
Quella sera Dave parcheggiò sul ciglio della strada appena dopo gli alberi, spense le luci e aspettò. Dopo pochi minuti vide Sam uscire trafelato dalla casa di Maggie, accese le luci dell’auto e gli aprì la portiera.
«Cos’è successo?»
«Via via! Andiamo via subito!»
Dave partì a razzo, convinto che Sam avesse combinato un guaio.
«Si può sapere cosa è successo?»
Sam era ansante, non riusciva a rispondere, piano piano si calmò e cominciò a ridere, non riusciva a frenarsi, sembrava un pazzo.
«Sam! Razza di idiota, vuoi rispondere?»
Sam cercò di calmarsi, smise di ridere e finalmente parlò:
«Non l’ho uccisa Dave».
«Cosa?»
«Non l’ho uccisa, non ce n’è stato bisogno… è schiattata da sola… per lo spavento! Nessuno mi ha visto, nessuno potrà mai accusarci di nulla. Che fortuna eh?»
Dave, finito di fumare la sigaretta, rientrò in casa e guardò con tenerezza Susan che dormiva serena. “Ma sì, è andata bene così, non c’è bisogno che lei conosca i particolari”.
Tutto sommato, anche grazie a Maggie, si erano ritrovati.

SAM

Il barista della sala scommesse, si sentiva un miracolato: grazie all’aiuto di Dave Cordell e al provvidenziale infarto di Maggie, che gli aveva impedito di diventare un assassino, era libero.
Niente più ricatti, né pettegolezzi da riferire alla megera, finalmente poteva svolgere il suo lavoro con serenità. Gli restava un nodo da sciogliere ancora, un rimorso che gli rodeva lo stomaco. Il suicidio di Albert Wilson e il dolore della moglie Ann. Riflettè a lungo su cosa poteva fare per rimediare o quantomeno alleggerire la pena di quella donna, anche perché, a dire il vero, non gli dispiaceva affatto, anzi. L’idea luminosa arrivò all’improvviso: aveva le chiavi della casa di Maggie, poteva entrare e cercare i soldi che la donna custodiva (incredibile ma vero) nel cuscino. Ebbene sì, Maggie dormiva con la testa sui suoi soldi! Sam l’aveva scoperto per caso una sera. Era andato da lei per riferirle alcuni segreti di famiglia che aveva appena raccolto per le sue sedute medianiche, Maggie disse che aveva freddo:
«Vai su a prendermi lo scialle, è sul letto»
Era lì infatti, abbandonato sul cuscino. Quando appoggiò la mano sentì subito qualcosa di strano, non era morbido e si sentiva uno strano fruscio. Velocemente aprì la fodera e… sorpresa! Il cuscino era pieno di denaro contante! Certamente lo usava per i suoi prestiti da usuraia.
Rimise tutto a posto e portò giù lo scialle, avrebbe potuto fargli comodo un domani conoscere quel nascondiglio. Il momento era arrivato, mise in atto il suo proposito quella sera stessa, col favore del buio fu un gioco da ragazzi introdursi nella casa. Salì veloce le scale e aprì la porta della camera, il letto era ancora disfatto “Benissimo” pensò Sam andando dritto verso il cuscino. Aprì la federa, represse a stento un grido di gioia, nessuno li aveva trovati, erano ancora lì, dei bei bigliettoni da 50 e 100 dollari. Li avrebbe contati con calma a casa, svuotò la federa nel sacco che aveva portato con sé e uscì dalla casa di Maggie chiudendo a chiave. Avrebbe telefonato ad Ann il giorno dopo, aveva in mente un’idea che avrebbe finalmente cambiato la sua vita sconclusionata.

ANN E SALLY WILSON

Per Ann fu un periodo davvero spaventoso. Il suicidio del marito, la scoperta dell’enorme debito contratto con Maggie, la quale finalmente aveva tirato le cuoia. Tremava al ricordo di aver fatto abortire la figlia Sally per mano di quella donna, non riusciva a perdonarselo. La ragazza, in seguito a quell’esperienza devastante e alla morte del padre, era precipitata in uno stato di depressione preoccupante. Quando ricevette la telefonata di Sam che le chiedeva di parlarle con la massima urgenza, si spaventò. Cosa poteva essere successo? Quell’uomo era complice di Maggie, aveva causato il suicidio di suo marito Albert facendogli perdere tutto il denaro puntato su un cavallo brocco. Maggie era morta ormai, cosa poteva volere da lei quell’uomo? Aveva paura di lui ma andò ugualmente all’appuntamento. Lo vide all’angolo della via venirle incontro sorridente, teneva in mano una piccola cartella:
«Buongiorno Ann, come sta?»
Lei lo guardò stupita, non era più l’uomo nervoso e impaurito che aveva conosciuto, anzi, aveva un aspetto sereno e cordiale.
«Sto bene Sam, grazie. Mi dica subito di che si tratta per favore».
«Un momento Ann, beviamo qualcosa prima, che ne dice? C’è un bar qui accanto, le dispiace?»
Ann accettò seppure riluttante.
Davanti a una tazza di caffè, Sam le raccontò di essere andato a casa di Maggie, di aver preso i soldi dal cuscino e che riteneva giusto che fosse proprio Ann ad averne diritto, in quanto quei soldi erano stati prestati e poi tolti con l’inganno al povero Albert.
«Posso sperare nel suo perdono Ann?»
«Non so… è troppo presto… ho ancora tanta rabbia. In quanto al denaro, siamo sicuri che non avrò fastidi in futuro? Qualcuno poteva sapere della loro esistenza…»
«No Ann, solo io lo sapevo, non abbia timore».
«E lei Sam… non vuole niente?»
«No»
«Potrebbe pentirsi un domani di aver dato tutto a me».
«No Ann, io voglio solo il suo perdono».
Ann chinò il capo pensierosa, poi disse:
«Accetto il denaro Sam, mi servirà per curare la mia Sally, è molto esaurita, ho intenzione di fare un viaggio insieme a lei per cercare di distrarla e rasserenarla un po’. Quindi accetto e la ringrazio d’aver pensato a me. Ma non mi parli di perdono, non è il momento, c’è solo odio nel mio cuore».
«Ann – rispose Sam guardandola dritto negli occhi – io continuerò a sperare. Quando tornerà dal viaggio si ricorderà ancora di me?»
Ann accennò un sorriso:
«Non lo so Sam, lasciamo fare al tempo».
Sam le porse la piccola cartella che aveva portato con sé:
«Ecco il denaro Ann, a presto spero».
«Arrivederci Sam».
Ann prese la cartella, risalì in macchina e tornò a casa. Si ritrovò a sorridere pensando a Sam, era così diverso dall’uomo che aveva conosciuto in quel terribile periodo. Le era sembrato sincero, chissà, forse un giorno avrebbe potuto perdonarlo, prima doveva pensare a sua figlia.
Mentre era assorta nei suoi pensieri, Sally entrò nel soggiorno:
«Mamma».
«Sally, tesoro, come ti senti?»
«Un po’ intontita, ho dormito troppo forse».
«Vieni amore, siediti vicino a me, ho buone notizie».

FINE