Ornella viveva in una casa qualsiasi, grigia, senza significato, in una città qualsiasi del mondo. La sua vita procedeva lenta e monotona, le solite cose, una vita come tante: gli studi, il diploma, un lavoretto precario in attesa di…non sapeva bene nemmeno lei. Faceva le cose per dovere di nascita e di censo, senza entusiasmo senza partecipazione emotiva; andavano fatte e tanto bastava. Anche i fidanzati che aveva avuto in passato, peraltro abbastanza pochi, erano stati solo meteore, quasi peccaminosi strappi alla sua regola imposta da una routine quotidiana che lei per prima sentiva starle stretta. Non era soddisfatta ma non riusciva a cogliere nulla se non il grigiore di quelle pareti domestiche, in quel palazzo del tutto usuale e monotono in ogni suo particolare. Aveva però una segreta passione per l’arte che nella banalità imperante della sua città non riusciva a coltivare. La vita scorreva lenta e tranquilla, senza drammi ma anche senza particolari gioie.
Nonostante tutto era persona molto socievole e di buona compagnia. Era accettata da tutti per il suo buon carattere, ma gli amici sapevano che un rapporto con lei era come un mare in bonaccia, tranquillo senza scossoni, ma in definitiva noioso, buono solo per una piacevole e rilassante compagnia nella pizzeria dell’angolo.
Capitò un giorno che, non si capiva per quale motivo, si fosse seduto accanto a lei un giovane che non aveva mai visto, era un amico di un amico di un’amica o il cugino della cugina di qualche altro convitato. Nulla di strano, era una compagnia aperta a nuove conoscenze e tutto filava liscio. Lei prese una capricciosa e lui con la sua quattro stagioni cominciò a celiare sui terribili capricci della proprietà della sua nuova amica, lei di rimando gli chiese quale angolo della pizza fosse il più freddo e piovoso. Non c’è mai niente di meglio che scherzare sulle piccole quotidiane stupidaggini, senza prendersi troppo sul serio. Lei capì che lui la stava corteggiando e stette al gioco divertita. Dialogarono tutta la sera come se non ci fosse nessun altro intorno. Si chiamava Roberto ed era laureato in storia dell’arte; lei pensò che la sua vita era veramente usuale, anche un filarino con un nome banale le doveva capitare, ma non importava si stava divertendo. Uscirono dal locale, e, come si usa fare fecero una lunga passeggiata insieme; infine lui le chiese: “Abiti lontano?” “No, ma non venire” rispose lei. “La mia casa è brutta, non voglio che tu la veda”. Lui insistette, lei cedette e passo dietro passo arrivarono……Lui fu colpito dallo sfolgorio di colori e rimase a bocca aperta senza fiatare, poi ripresosi mormorò: “E’ bellissima!” “Mai visto uno spettacolo così” “Sembra un quadro di un impressionista” Lei alzò gli occhi e vide ciò che non aveva mai visto prima. Quel povero piccolo studentello appena laureato le aveva aperto un mondo. Non lo sapeva, ma quell’esperienza le aveva cambiato la vita, le aveva come aperto un varco in una nuova dimensione. Da quel momento cominciò ad apprezzare non solo l’arte, ma anche la vita.
Il fato però è traditore, si frequentarono per un po’, ma poi per esigenze di studio le cose cambiarono. Forse erano troppo giovani per impegnarsi, ma lei, anche anni dopo, quando lui era diventato il più famoso critico d’arte d’Italia, ripensava a quei momenti e rifletteva sul fatto che la vita va presa nella sua interezza e che a volte un evento piccolo e banale contribuisce a renderti il mondo colorato, e il suo Roberto…Roberto Longhi lo seguiva da lontano e poteva dire prima ai suoi figli poi ai suoi nipoti, del tutto ciechi ed indifferenti, che lei si l’aveva conosciuto e le tremavano i polsi al pensiero di ciò che sarebbe potuto essere e che non fu. Tuttavia si sentiva accarezzare dal vento della gioia infinita al pensiero di quella serata che tanto era stata determinante per il suo futuro.
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