Probabilmente non è vero: non sono affatto certo che sia stata la prima donna della mia vita di lettore. Diciamo che non ricordo altri “amori” letterari al femminile prima di lei: ci potrebbe essere stata qualche altra frequentazione, ma se avesse avuto lo stesso potere d’incantarmi la ricorderei. Come insomma gli amorazzi giovanili che svaniscono allorché si prova il primo, vero, travolgente innamoramento, quello che, almeno si dice, non si scorda mai.
Così deve essere stato per Isabel Allende con cui venni in contatto con quel suo primo e, probabilmente, miglior lavoro, ovvero “La casa degli spiriti”. Da “immancabile maschietto”, la prima impressione a leggerla fu d’incontrare l’alter ego al femminile di Gabriel Maria Marquez, che adoravo (ed adoro).
È stato col tempo e con i libri successivi, soprattutto quelli che raccontavano le storie di Eva Luna che, piano piano, ho imparato a conoscere la bellezza e la profondità del suo mondo. E come del resto mi sarebbe accaduto nella vita d’ogni giorno, mi sarei accorto di quanto fosse più articolato, vario e complesso il mondo di Isabel (femminile) rispetto a quello di Gabriel (maschile). In fondo, ciascuno con i suoi indubbi valori e limiti, riflettono le diversità che possono tanto completarsi quanto odiarsi e che i due sessi ritrovano nella vita d’ogni giorno.
Ambedue crescono e si sviluppano in quell’aria strana e magica del mondo sudamericano sempre in bilico tra amore, dramma epico e magia. Ma è proprio qui che forse Isabel, quando riesci a leggerla in profondità, rivela intera la sua ricchezza di donna e, soprattutto, di donna dalla vita difficile e tormentata.
Debbo essere sincero: sulla sua famiglia ho letto tutto ed il contrario di tutto. Qualcuno addirittura è arrivato a spacciarla per la figlia del Salvador Allende, presidente cileno, martire del golpe di Pinochet orchestrato dalla CIA americana, in cui persero vita e democrazia i cileni nel 1973. In realtà, “sembrerebbe” che Salvador fosse il cugino del padre di Isabel. E che, allorché questo padre, un diplomatico cileno, abbandonò la famiglia, si sostituì al cugino nel sostegno della madre e dei tre figli. Così, quando il golpe spazzò via il sogno del presidente eletto e del suo socialismo, mentre Salvador restava al suo posto a farsi ammazzare in nome dei suoi principi, Isabel fuggì e cominciò a girare per il mondo.
In quel suo romanzo, che la lanciò nel mondo letterario, c’è un pezzo di questa sua storia e delle mille contraddizioni di quel mondo cileno. Sono convinto sia una delle opere più belle e complesse che mi sia capitato di leggere, specie se nel seguirla si usa la chiave della storia del Cile per comprenderla fino in fondo ed apprezzare la maestria con cui l’autrice si muove tra realtà e finzione, tra personaggi reali ed inventati, creando un’architettura di livello molto pregiato.
Sarò sincero, per la seconda volta: ho continuato a leggere Isabel fino al suo Paula del 1994, scritto per narrare il dramma della perdita di sua figlia, avvenuta due anni avanti. Poi mi sono fermato, pur continuando a comprare le sue opere, che sono andate ad ingrossare la copiosa schiera dei tomi da leggere. Impresa che, data l’età, ormai mi riesce improbabile pensare di poter compiere. Dovrei almeno, per sperarlo, smettere di comprare… ma come vizio, quello dei libri, è peggio dell’eroina!
Ho interrotto di leggere Isabel perché il dramma di una madre che perde la figlia, già da solo basterebbe a distruggere chiunque. Eva Luna poi è talmente speciale che una cosa del genere ha, in qualche modo, spezzato la sua gioia di esistere. D’altra parte, come sovente accade, nella sua casa degli spiriti Isabel ha dovuto collocare l’incollocabile: l’anima di sua figlia. Non penso si possa chiedere ad uno scrittore, uno vero, una prova più complessa e dolorosa. Continua a scrivere Isabel, per sua ammissione, spinta proprio da quel vuoto che Paula ha lasciato nel suo essere madre, nella sua femminilità, nella sua rutilante anima latina.
Per una sorta di scaramantica tradizione, inizia a scrivere ognuno dei suoi romanzi sempre l’8 di gennaio. L’8 gennaio del 1981, esule dal Cile e con il suo primo matrimonio in crisi, apprende che sta per morire il nonno, ormai unico suo punto di riferimento, dopo la fuga del padre e l’assassinio del “cugino” Salvador (o zio, se preferite); allora decide di scrivere al patriarca una lunga lettera. Quella lettera diventerà poi “La casa degli spiriti”, il romanzo della vita, aprendole le porte d’un successo planetario che mai, in quel momento avrebbe immaginato.
Isabel è figlia perfetta di tempi e storie speciali, di mondi che forse abbiamo perso per sempre. Ha avuto il coraggio di affrontare una vita difficile, complessa, travagliata negli affetti e nelle vicissitudini, come forse solo le donne sanno fare. Al tempo stesso è riuscita a donarci la bellezza e la complessità di una visione, quella femminile, che, allorché ci si immerge nelle sue pagine, apre orizzonti e meraviglie speciali. Come dicevo all’inizio: difficile da dimenticare, come il primo vero amore.