Era quasi mattina. Shipquay Street andava svegliandosi lentamente, ma nella vecchia casa di fronte ad Abbey l’attività ferveva dalla sera prima. Uomini stanchi finivano soltanto adesso, alle prime luci dell’alba, il loro lavoro rimettendo negli scatoloni la strumentazione e trasferendola sul furgone scuro parcheggiato davanti al portone.
Il cadavere era stato rimosso durante la notte, una volta eseguiti i rilievi, e caricato sul mezzo della mortuaria diretto all’obitorio in attesa dell’autopsia, ma era stato necessario espletare le cento pratiche d’obbligo in quei casi: ricerca del DNA, perquisizione, primi interrogatori eccetera.

Quello che non sembrava in discussione erano i motivi della morte e il colpevole: il corpo del defunto giudice Lincoln, infatti, era stato rinvenuto compostamente seduto sulla poltrona del soggiorno, di fronte alla televisione, mentre la testa, dopo qualche momento di comprensibile confusione, era stata individuata in camera, sul tappeto persiano posto sul lato destro del letto matrimoniale. Difficile che ci fosse arrivata da sola.
Nello studio era stato invece trovato il colpevole, il figlio Nick, che giaceva inebetito su un divano, lo sguardo fisso nel vuoto. Particolare incriminante non era tanto il fatto che fosse l’unico essere umano presente in casa insieme alla vittima, quanto la mannaia insanguinata che teneva ancora in mano e che era presumibilmente l’arma del delitto.
Così i poliziotti di Derry, intervenuti svogliatamente quando la signora Windsow, la dirimpettaia, aveva telefonato lamentandosi per il pessimo scherzo che le era stato fatto mettendo un fantoccio senza testa davanti alla finestra, se avevano dovuto passare la notte in bianco per dovere d’ufficio e solidarietà con i colleghi della scientifica potevano almeno consolarsi con due cose: non ci sarebbero state altre veglie per quel caso e avrebbero potuto mettere sul loro ruolino un omicidio brillantemente risolto, per banale che fosse, a tutta lode dell’efficienza della polizia. Tre cose, per la verità: almeno loro non avevano dovuto sguazzare nel sangue che era per terra e mettersi a cercare capelli e altri reperti con le pinzette, in ginocchio sul pavimento.

Alla fine ogni cosa fu messa al suo posto, gli uomini chiusero il portone, misero un nastro bianco e rosso di traverso, all’americana, levarono il tacco da sotto la ruota posteriore del furgone (precauzione necessaria per evitare che finisse nella piazza in fondo alla strada, considerata la pendenza e lo stato del freno a mano), e partirono sbadigliando: chissà se avrebbero trovato un pub aperto a quell’ora!

«Ok, finalmente è tutto tranquillo…»
A parlare era stato Artie, l’anziano setter irlandese del giudice, e la frase era rivolta a Meooow, l’enorme gatto Maine Coon che aveva osservato sprezzante tutto l’andirivieni.
«Vedo», rispose infatti, «era ora».
«I problemi cominciano adesso.»
«Problemi? Quali problemi?»
«Sai benissimo quali problemi: hanno ammazzato il nostro padrone…»
«TUO padrone», lo interruppe il gatto.
«… e stanno portando via il figlio. Sicuramente lo condanneranno, così non ci sarà più nessuno che baderà a noi!»
«Questo sarebbe un problema? Morto un umano se ne farà avanti un altro. Dirà: ‘Che bel gattone!’ e ‘Quanta pena mi fa questo vecchio cane’ e ci adotteranno.»
«Non è detto…»
«Hai ragione, forse ti porteranno al canile: chi vuole un cane vecchio e di seconda mano?»
«Dimentichi la casa…»
«Cosa c’entra la casa?»
«Con il proprietario morto e il figlio in prigione, non essendoci altri eredi verrà venduta, e certamente l’agenzia non vorrà che dentro ci siano un gatto e un cane, a prescindere dal fatto che nessuno verrebbe a darci da mangiare, nel frattempo.»
Meooow drizzò le orecchie, improvvisamente interessato.
«In effetti temo che tu abbia ragione.»
«Quindi…»
Il gatto si tirò su sulle quattro zampe: pesava almeno dieci chili e quando sfoggiava tutta la sua imponenza era uno spettacolo.
«Quindi dovremo darci da fare: non ho lasciato PlanetCoon per diventare un gatto di strada!»
«Hai delle proposte?»
«Certo! Visto che il figlio del giudice non è l’assassino bisognerà scagionarlo, così tornerà a casa e tutto sarà di nuovo a posto.»
«Non è l’assassino? E come fai a saperlo?»
Che idiota quel cane!
«Io vedo sempre tutto, solo che mi faccio gli affari miei. Dovremo soltanto convincere gli esseri umani.»
«E come faremo?»
«Nell’unico modo possibile quando hai a che fare con dei tipi poco intelligenti: dandogli il vero colpevole.»
«Sai chi è?»
«No, ma lo scopriremo presto!»
«Presto?»
«Sì: su pranzo e cena ci ho messo una croce sopra, dovremo arrangiarci, ma domani mattina vorrei fare la colazione.»
«Credevo che qualcosa avessi già mangiato…. Tutto quel sangue…»
«Cosa vuoi dire?»
Il cane lo guardò con i suoi occhi profondi.
«Oh, va bene!» sbottò il gattone, «quante storie per qualche leccatina!»

«Vedi, anche se non conosco il nome dell’assassino, so come si sono svolti i fatti e qual’è il movente…»
Il cane sollevò il muso per lo stupore.
«Come fai a sapere tutte queste cose?» chiese.
«C’ero, e anche se sembravo appisolato sai che io non dormo mai. Quando ho visto quell’imbecille di Nick, il figlio del giudice, entrare in casa facendo passare di nascosto quella ragazza, ho capito subito che c’era qualcosa di strano…»
«Cosa c’è di strano nel portarsi una ragazza in casa? Gli umani lo fanno tutti.»
«Si, quando ci riescono. Ma in quel caso c’erano almeno due fattori che non quadravano: il ragazzo è sempre stato una frana con le donne, figurati che per farle venire in casa le invitava per  ammirare il suo «splendido micione»!»
«E funzionava?»
«In qualche caso venivano, ma contrariamente alla classica collezione di farfalle io non mi facevo mai trovare in camera da letto ma in cucina, vicino alla mia ciotola, così oltre a cuccarmi una razione extra lo mandavo generalmente in bianco»
«Generalmente?»
«Beh, quando erano professioniste capisci bene che qualcosa dovevano farci!»
Artie scosse la testa.
«Comunque, per ritornare al punto, quella ragazza oltre a starci era decisamente troppo carina per il nostro tipo, quindi mi sono subito insospettito. Si sono seduti sul divano – lo stesso dove poi l’hanno trovato – e hanno cominciato a bere. Probabilmente lui voleva farla salire un po’ di giri, ma lei ha fatto scivolare qualcosa nel bicchiere e dopo un po’ Nick ha cominciato a fissare il vuoto. A quel punto si è alzata, è andata alla porta ed ha aperto ad un uomo che portava sul volto un passamontagna. Questo è entrato silenziosamente ed è andato nel soggiorno, dove il giudice guardava la televisione. Il resto te lo puoi immaginare. C’è stato solo un urlo soffocato, poi l’uomo è tornato indietro, ha messo la mannaia sporca nelle mani del ragazzo e sono usciti insieme. Tutto semplice e pulito.»
«Ma allora non hai visto in faccia l’uomo! Come puoi riconoscerlo?»
Il gatto guardò il suo amico con compassione.
«Ho riconosciuto il suo odore di trippa rancida sin dal primo momento. So chi è e perché ha commesso l’omicidio, devo solo trovare il modo di dirlo ad un umano.»
«Non sarà facile…»
«No, se continui ad interrompermi, ma per fortuna ho delle risorse che voi canidi non potete neanche immaginare…»

La giornalista era già carina di suo, ma per l’occasione aveva deciso di fare colpo, così si era messa in tiro di brutto: tacco alto, gonna stretta al ginocchio con ampio spacco, camicetta bianca generosamente aperta, a mostrare un décolleté niente male, aiutato dal bra push up invisibile che sfoggiava in rare occasioni.
Tutto questo non per sedurre il detective Bannion, eroe del giorno per aver smascherato l’assassino del giudice Lincoln e scagionato il povero figlio, quanto per avere la meglio sulla numerosa concorrenza e magari spuntare un’esclusiva, eventualità per cui avrebbe fatto qualsiasi – ma proprio qualsiasi – cosa.
«Mi dica detective, come ha fatto a capire che l’accusa a Nick Lincoln era tutta una montatura?»
Mark Bannion si raddrizzò sulla sedia. Per l’intervista il commissariato aveva gentilmente permesso che utilizzasse la casa dove era avvenuto l’omicidio, e naturalmente Nick non si era opposto alla richiesta del suo salvatore.
«Vede, per la verità ho subito capito che qualcosa non funzionava: era tutto costruito con troppa precisione. Nonostante sia ancora giovane ho una lunga esperienza nella omicidi, e non è stato difficile- ahia!»
La giornalista sollevò le sopracciglia, notando per la prima volta l’enorme Maine Coon che il detective teneva sulle ginocchia e che si era stiracchiato facendo il pane con le unghie sul suo braccio.
«No, ehm» si riprese il poliziotto «naturalmente avevo un sospetto, ma l’idea mi è venuta quando ho trovato una scatola di Roipnol sotto il divano del soggiorno…»
«Era sfuggita alla perquisizione?»
«Si, non so come sia stato possibile… forse era finita in un punto troppo ben nascosto, ma quando ho visto che il mio amico qui» e indicò il gatto «ci stava giocando, mi sono insospettito e ho voluto vedere cos’era. Da lì è stato facile immaginare quello che poteva essere successo: abbiamo fatto le analisi al figlio del giudice e abbiamo capito che era stato drogato, quindi il delitto doveva essere stato organizzato da qualcuno. A questo punto abbiamo scavato nel passato del giudice e abbiamo scoperto che quando lavorava in America teneva i rapporti tra l’IRA e un gruppo di finanziatori nella City.»
«E questo come avete fatto a scoprilro tanto rapidamente?»
Il detective fece per aprire bocca, poi esitò, diede un’occhiata al gatto che stava guardandolo di traverso e finalmente rispose alla domanda:
«In realtà è stato un colpo di fortuna: da un libro della biblioteca del giudice che deve essere caduto durante la perquisizione sono venuti fuori alcuni fogli che ci hanno messo sulla strada giusta.»
«Ma come mai è ritornato sul luogo del delitto?»
«Ehm, questa per la verità sarebbe un’informazione riservata…»
La giornalista sbattè i suoi grandi occhi verdi e accavallò le gambe.
«Non può dirlo neanche ad una sua ammiratrice che potrebbe diventare sua amica?»
Lui si guardò intorno.
«Non qui», disse, «questo luogo mi fa impressione, sa i fantasmi della vecchia Irlanda… Che ne dice se ci spostassimo di là?»
«In camera da letto? Va benissimo!»
«Dunque», disse Bannion alzandosi, «in realtà abbiamo ricevuto una telefonata che ci ha indirizzato… permetti micione?»
Meoow scese dalle ginocchia senza protestare, conscio che il suo lavoro era terminato e che anche l’umano aveva diritto alla sua ricompensa. Con fare sussieguoso guadagnò la cucina, mostrò il sedere al cane che aveva seguito tutta la scena ammirato e si apprestò a consumare la sua cena: merluzzetti bolliti a vapore, sani e dietetici.
«Buoni?» chiese Artie, tanto per dire qualcosa.
«Ho mangiato di meglio, ma per stasera può andare.Con il tempo Nick migliorerà.»
«Simpatico quel detective, vero?»
«Non cominciare a scodinzolare dietro ogni umano che ti fa una carezza: quello ho dovuto portarlo per mano fino in fondo. Per fortuna gli omicidi sono problemi loro, altrimenti cii sarebbe davvero di che preoccuparsi!»
«In questo caso era un problema anche nostro.»
«E infatti l’ho risolto. Vedi di non dimenticare che per un anno mi devi un terzo della carne tritata che ti spetta, e prima di leccarla, per piacere!»
Detto questo cominciò a mangiare con elegante compostezza, e tutti quelli che hanno avuto a che fare con i gatti sanno che in quei sacri momenti chi li disturba lo fa a suo rischio e pericolo.
Così Artie, che non sarà stato un cane di grande intelligenza ma che conservava buona memoria delle graffiate sul muso ricevute, si ritirò in buon ordine.