Sono passati diversi anni da quella mattina. Dopo aver dato uno sguardo agli annunci di lavoro, deludenti per le offerte così precarie, mi dirigevo verso il parco del mio quartiere. Passeggiare tra i viali ombrosi di questo spazio verde e circondato da aiuole fiorite mi rilassava, anche perché nelle ore del mattino il giardino era poco frequentato. Quel giorno invece nel parco c’era più movimento del solito: tante mamme con i propri piccoli, gli anziani seduti sulle panchine a riposare, i bambini a rincorrersi fra i vialetti, e i ragazzi che facevano un gran baccano giocando a pallone. Poco distante, appoggiato su un muretto, un uomo abbastanza giovane e di bell’aspetto era alle prese con il suo telefonino. Alto e robusto mi guardava con un’aria scanzonata quasi provocatoria. Speravo che mi rivolgesse la parola, perché quell’uomo già mi attraeva. Fu proprio un colpo di fulmine e, come seppi in seguito, anche lui provò lo stesso sentimento nei miei confronti. Difatti mi rivolse subito la parola.
“Hai una sigaretta?” mi chiese. Il largo sorriso e il suo accostarsi discreto allontanarono ogni mia incertezza. Gli porsi le sigarette e l’accendino. Lui, dopo aver aspirato con gusto una boccata di fumo con cui fece dei larghi cerchi in aria, aggiunse disinvolto:
“Come ti chiami?”
“Monica, e tu?”
“Ivo” rispose e aggiunse “Tu quanti anni hai?” Veramente non si dovrebbe mai chiedere l’età a una donna, ma sei giovane.”
“Trentadue e tu?”
“Trentacinque” e sorrise allegro. Subito dopo aggiunse “Ti dispiace se ci spostiamo? Da un momento all’altro ci può arrivare una pallonata. Questi ragazzi sono così scalmanati”
E così raggiungemmo il chiosco del parco dove c’era più tranquillità. Ordinammo due caffè, serviti da una cameriera molto gentile. Mentre sorseggiavo la bevanda calda e forte lui mi chiese:
“Naturalmente sei sposata” come se non potesse essere vero il contrario.
“No, vivo ancora con mia madre vedova”
Rimase sorpreso.
“Cosa ci vedi di strano? – ora ero un po’ indispettita – Tu, invece, sei sposato?”
Allargò le braccia e imitando il battere delle ali di un uccello, “Sono libero come l’aria. Ma tu che ci fai a quest’ora nel parco? Non lavori?”, lo sguardo interrogativo non nascondeva la sua perplessità.
Un po’ avvilita per quella che mi sembrava un’accusa o un rimprovero non mi accorsi del pallone che mi era caduto accanto, ma sentii distintamente un bambino gridare: “Palla, palla”. Un calcio troppo impetuoso aveva fatto arrivare il suo pallone ai nostri piedi, lo afferrai e lo lanciai al bambino, poi ci spostammo.
“In questo momento no, non lavoro. Ma sto cercando un occupazione. E tu, invece?
Gonfiandosi come un pavone disse: “Saltuariamente faccio l’idraulico. Adesso sto aspettando la telefonata di una signora, per una riparazione a un bagno”.
“In bocca al lupo” dissi.
Nel frattempo il cielo si era coperto di nuvole e una folata di vento sollevò le foglie facendo mulinello.
“Adesso vado” disse Ivo, “il tempo non promette nulla di buono e devo anche passare al supermercato. Magari ci rivediamo qui al parco”.
“Forse” risposi, senza nascondere un sorriso che era un invito a rivedersi.
E sperai di rivederlo, perché quell’uomo ancora sconosciuto ma così aperto e cordiale, mi ispirava simpatia. Nei giorni seguenti non ritornò al parco. Evidentemente era stato impegnato con il lavoro e forse non l’avrei neanche più incontrato. Invece, dopo una decina di giorni, Ivo tornò e quando mi vide mi venne incontro allegro.
“Ciao Monica, come stai?”.
“Bene, e tu?” risposi felice di rivederlo.
“Bene, bene. Sono stato molto occupato con il lavoro. Ho rifatto il bagno a quella cliente, quella della telefonata. Te ne ho parlato?”.
“Si, me ne hai parlato. Avevo immaginato che non ti eri fatto vedere a causa del lavoro”.
“E tu? Hai trovato un occupazione?”.
“No, ancora niente”.
“Non perdere la fiducia. Vedrai che troverai qualcosa”.
“Ne ho davvero bisogno” dissi.
“Ti ho pensato” aggiunse mentre mi accarezzava il viso.
“Anche tu mi sei venuto in mente spesso”. Non riuscii proprio a mentire, anche se con la mia sincerità potevo sembrare sfacciata.
Subito dopo tra noi calò il silenzio e cominciammo a camminare per i viali del parco. Avrei voluto dire qualcosa per uscire da quell’imbarazzo, ma lui mi precedette:
“Senti, non vorrei sembrarti precipitoso. Vogliamo fare qualcosa di diverso?”
“Cosa?”
“Verresti a casa mia, sabato sera?”
“Cioè, domani?”
Scoppiammo a ridere e risposi:
“Volentieri”
“Abito al paese vecchio”
“Non sono pratica della zona”
“Allora ci vediamo domani alle diciannove e trenta, qui ai giardini. Poi ci arriviamo a piedi. Non ti preoccupare” disse con un modo di fare protettivo.
Accettai e l’indomani, quando arrivai in orario all’appuntamento, lo trovai che già mi aspettava.
“Vieni Monica, e preparati ad una sorpresa” era determinato e io mi sentivo protetta.
SECONDA PARTE
Dopo pochi minuti arrivammo alla parte del paese vecchio. Attraversammo piazze, vicoli, strade. Il quartiere era proprio antico e le case, addossate l’una sull’altra, erano quasi tutte in pietra ad eccezione di alcune tinteggiate nei colori pastello, evidentemente fresche di un recente restauro. Mi sembrava di stare in un piccolo presepe. Arrivati in fondo a una discesa, ci dirigemmo verso un caseggiato con le imposte delle finestre verdi dipinte di fresco.
“Siamo arrivati, abito qui -disse Ivo- E’ questa la sorpresa: la mia vecchia casa l’ho trasformata in bed and breakfast. “Il rifugio” l’ho chiamato. Il lavoro di idraulico mi serve per arrotondare, sai a volte i miei inquilini non sono proprio puntuali con l’affitto, ma li considero soprattutto miei amici e a volte chiudo un occhio”.
“Non sarai troppo buono o… ingenuo?”
“Il nostro è un accordo di amicizia reciproca. Vedrai che sarai accolta bene, sono tutti molto simpatici”
Gli sorrisi grata per avermi rincuorata, perché non sapevo chi mi sarei trovata di fronte ed ero all’oscuro di cosa fosse un bed and breakfast e forse neanche Ivo lo sapeva bene. Entrammo direttamente in una terrazza dove era sistemato un lungo tavolo già apparecchiato per più persone. Ivo entrò in casa e urlò: “Sono tornato! Scendete?”
Poi rivolto a me, disse ridendo: “Sai, gli inquilini bisogna chiamarli per il pranzo”.
Quasi nello stesso momento arrivarono quattro ragazzi, poi una donna spuntò da una porta laterale. Gli uomini si presentarono calorosamente, invece lei, che si chiamava Teresa, mi sembrò subito ostile nei miei confronti mentre mi guardava dall’alto in basso. Indubbiamente era una donna piacente. Il fisico asciutto, alta più della media, indossava un abito attillato, appena sotto i polpacci che metteva in risalto le curve che aveva al posto giusto, soprattutto il seno generoso. Fu lei a servire in tavola le fettuccine al ragù, il polpettone e l’insalata. Per dolce Teresa aveva preparato uno squisito tiramisù fatto con le sue mani. Capii che era lei che aiutava nella gestione della pensione. Non sapevo cosa pensare, Ivo in qualche modo mi aveva mentito ma ora era allegro, forse anche troppo, a causa del vino che aveva bevuto, inoltre si divertiva a raccontare una barzelletta dietro l’altra, per cui tutti ridevano. La più brilla era Teresa che lanciava sguardi languidi a Ivo e anche lei rideva di cuore. Mi dava fastidio, perché in lei vedevo una possibile minaccia al mio rapporto con Ivo, che era appena iniziato e sembrava promettere bene. Avevo paura, avvertivo i suoi sguardi malevoli e, se li ricambiavo, sfuggiva i miei occhi. Mi rovinò la serata. Ivo non se ne rese conto, tanto che senza troppo pensarci organizzò una festa proprio lì, al “Rifugio”, per il sabato successivo e rivolto a me, disse: “Vieni anche tu, hai capito?”
Accettai, ma la cosa non mi entusiasmava. Tra una parola e l’altra si fece tardi e Ivo mi accompagnò a casa con la sua centoventisei bianca.
“Allora, ti sei divertita?” mi disse appena salii in macchina.
Per non offenderlo dissi che avevo gradito la serata, però aggiunsi:B“Ma quella Teresa, chi è? Che fa?”.
“Teresa è una mia ex fidanzata. Quando ci siamo lasciati si è sposata con un altro, ma adesso si è separata e ha perso la casa. L’ho accolta qui, per aiutarla e lei per sdebitarsi mi dà una mano. Perché lo domandi? Ti desta preoccupazione?”.
“Ho notato come ti guarda. E poi ti ronza sempre intorno. Ma tu aiuti proprio tutti?”.
Ivo si protese verso di me, mi diede un bacio delicato sulle labbra e prese la mia mano tra le sue “Aiuto chi mi dà fiducia -poi sussurrò – Sei tu, la donna che fa al caso mio”
Ero al settimo cielo, ma quando rientrai a casa la mia gioia svanì di colpo. Mia madre era ancora sveglia.
“Ti sei messa a frequentare quell’Ivo? L’idraulico? Vi ho visti per strada”.
“Hai qualcosa da ridire?” dissi.
“Non ha una buona fama e poi quella specie di pensione che gestisce nasconde qualcosa di poco chiaro”.
Le sue parole risvegliarono le mie preoccupazioni. Ivo non mi era sembrato del tutto sincero su Teresa e i suoi amici.
Non diedi ascolto a mia madre e trascorsi la settimana seguente a pensare all’abito che avrei indossato per la festa al bed and brekfast. Quando arrivò la mattina del sabato, mi feci sistemare i capelli dal parrucchiere, scelsi un abito lungo nero con un’ampia scollatura tempestata di strass, che lasciava intravedere il mio seno prosperoso. Ai piedi calzai scarpe con il tacco, abbinate a una pochette nera. Quando Ivo mi venne a prendere, scese dalla macchina mi prese la mano e mi fece fare un giro su me stessa:
“Fatti vedere, sei bellissima!”
Al “Rifugio” rimasero tutti a bocca aperta, tranne Teresa che mi diede le spalle. Ma poi si voltò e guardandomi con aria di sfida, disse a Ivo: “Caro, facciamo vedere a questi signori come si balla”.
Si lanciarono in un twist scatenato, mentre mi rodevo dalla gelosia e non facevo altro che mordermi le labbra, fin quasi a farle sanguinare. Poi si passò ai balli lenti e Ivo venne verso di me. Mi cinse la vita, stringendomi in un abbraccio appassionato. Ballammo a lungo guancia a guancia. Terminato il lento mi prese per mano e mi condusse in camera sua. Anche io avevo bevuto qualche bicchiere e ormai, presa dall’alcool e dall’attrazione per Ivo, non riuscivo a frenare il mio desiderio. Facemmo l’amore con tanta tenerezza.
“Mi piaci molto, lo sai Monica”.
Risposi con un bacio.
“Forse mi sto innamorando di te!” disse poi Ivo.
“Anche io” sussurrai.
Quando tornammo sulla terrazza tutti i ragazzi si erano ritirati nelle loro camere. Era rimasta solo Teresa che riordinava e ci guardò con odio. Questa volta non le diedi peso e in macchina non parlai di Teresa. Nei giorni seguenti lui mi invitò a uscire. Andavamo a fare delle lunghe passeggiate per il paese, ci sedevamo nei locali più caratteristici per gustare un gelato o pietanze succulente. Ci divertivamo così, ma dopo un po’ di tempo notai che Ivo era più freddo nei miei confronti, e non mi invitava più al “Rifugio”. Quando chiedevo spiegazioni, era evasivo. Mi venne un sospetto. Forse Ivo aveva cambiato atteggiamento nei miei confronti, perché c’era lo zampino di Teresa. Un giorno decisi di fargli una sorpresa. Andai al “Rifugio” senza avvertirlo. Camminavo veloce con il cuore in gola e quando bussai alla porta della casa di Ivo, mi tremava la mano. Venne ad aprire Teresa. Era completamente nuda, coperta solo da un piccolo asciugamano. Non riuscivo a nascondere la rabbia.
“Dov’è Ivo?” gridai.
“E’ nella sua stanza, tesoro. Ma ha fatto l’amore con me… gioia” disse con aria di trionfo.
Come una furia mi diressi nella stanza di Ivo. Era sdraiato sul letto e sorseggiava il suo brandy che gli andò di traverso, quando mi vide. Non parlai, gli voltai le spalle, volevo scappare via da quella scena che offendeva i miei sentimenti e la mia buona fede mentre Ivo, tra un colpo di tosse e l’altro diceva: “Monica, Monica, aspetta. Ti spiego, non è come credi”.
Mi seguì in strada con la camicia fuori dai pantaloni, che quasi gli cascavano. Mi prese per un braccio: “Ascoltami. Tra me e Teresa è successo solo perché abbiamo bevuto troppo. Non la amo. Amo te”.
“Anche la sera che dicevi di essere innamorato di me era perché avevi bevuto troppo?”.
Ivo, incapace di rispondere, con una mano si teneva i pantaloni e con l’altra cercava di trattenermi.
E’ troppo tardi” dissi dandogli una spinta e aggiunsi: “Con te è finita”.
Quando arrivai a casa mia madre mi vide in lacrime e molto arrabbiata disse: “E’ per quel delinquente dell’idraulico che stai così? Te l’ho detto tante volte, che da quel tipo non ti puoi aspettare nulla di buono. In paese ha una brutta fama, te l’ho detto”.
In realtà nei mesi seguenti non ebbi il tempo di struggermi troppo per Ivo, avevo capito che era inaffidabile, era un traditore e non sarebbe cambiato. Lo shock di sorprenderlo a letto con Teresa aveva raffreddato tutta la mia passione. Dopo qualche giorno feci un colloquio di lavoro in una profumeria del paese e andò bene. Mi misero in prova per tre mesi. Ero al settimo cielo perché avevo finalmente trovato un lavoro. Tutti i giorni aprivo pacchi con i nuovi arrivi, spuntavo le bolle, sistemavo la merce negli scaffali. E molto presto riuscii a consigliare anche qualche cliente nella scelta di un ombretto o di un profumo. Mi piaceva il contatto con polveri, colori e profumi. Giulia, la proprietaria era molto contenta di me, come lo erano le mie colleghe che mi trattavano come una sorella. E, trascorsi i tre mesi di prova, fui assunta. Ero al settimo cielo, ma quando pensavo a Ivo diventavo triste e malinconica perché, nonostante tutto, ero ancora innamorata di lui. Un giorno, con mia grande sorpresa, entrò in profumeria Teresa. Con passo deciso e con un largo sorriso venne verso di me, che invece avevo il cuore in gola e sudavo freddo. Cercai di essere il più professionale possibile.
“In cosa posso servirti?”.
“Un rossetto rosso fuoco”.
Cercai di essere anche spiritosa: “Conquiste?”.
“Già fatta. Ritorno con il mio ex marito”.
Rimasi a bocca aperta e lei aggiunse: “Sai, il rossetto è stato un pretesto per parlarti. Mi dispiace di essermi comportata con te come una nemica. Ivo dopo due o tre scopate mi ha detto che non mi ama e che nei suoi pensieri ci sei solo tu. Nel frattempo mi ha cercata mio marito e sono contenta di tornare con lui. Adesso come amica ti dico di andare da Ivo. Tu sei una brava ragazza e ti meriti di essere felice”.
Con le lacrime agli occhi la ringraziai. Lei prese il pacchetto e sempre a passo rapido andò via. Dopo il lavoro andai al “Rifugio”. Anche questa volta suonai il campanello con la mano che mi tremava. Ad aprirmi, fu proprio Ivo. Aveva i capelli arruffati e la barba incolta e riuscì a pronunciare solo:
“Monica! Entra”.
Mi guardava con meraviglia, quindi gli spiegai dell’incontro che avevo avuto con Teresa: “Allora sei convinta che ti amo?”
“Forse-dissi per tenerlo un po’ sulle spine-ma devi dimostrarlo con i fatti”.
Ci abbracciammo e ci coccolammo, ma prima di lasciarmi trasportare dalla passione lo feci aspettare a lungo.
Dai giorni della nostra riconciliazione è passato del tempo. Mi sono trasferita al bed and breakfast dove ci sono nuovi inquilini. Questa volta tutti uomini. Con Ivo sto bene, ci amiamo e siamo contenti soprattutto perché, da pochi mesi, abbiamo una bambina che abbiamo voluto chiamare Gioia, perché da quando è nata ha portato nella vita di noi due, tanta voglia di vivere insieme, per sempre.