7 luglio
Ho faticato stanotte ad addormentarmi e questo non mi giova per niente. D’altra parte quel rospo, col suo l’affanno era proprio insopportabile! Certo che sto parlando d’un rospo vero! Come faccio a saperlo? Beh, questo è più difficile e non so rispondere. Fatto sta che non m’ha fatto chiudere occhio. Capisco che lui, povera bestia, non ha colpa: ci sarà pure abituato, ma passare la vita immerso nell’acqua e nell’umidità tanto bene ai polmoni non deve fare. Così stanotte mi torturava le orecchie con quel respiro affannato.
Dovrei forse provare dormire con dei tappi alle orecchie. Però ho paura: e se poi entra qualcuno in camera mia? Peggio: potrei scoprire che quel rospo è solo nella mia testa e allora sì che la cosa si metterebbe male. No, no, niente tappi. Meglio star veglia e sentirlo ansimare… e dire che ho costretto Massimo, mio marito, ad andarsene a dormire nella stanza più lontana dalla mia perché russava! E poi sto sveglia perché un rospo sconosciuto… già so che dirà Elena, la mia analista, quando le racconterò di questa ennesima notte in bianco. Comincerà a chiedermi dove abitavo quando ero piccola, se era in campagna, se avevamo animali in casa. Niente di tutto questo Elena: stavamo in città e mia madre odiava ogni forma vivente che non fosse suo marito, cioè mio padre… no, attenta Paola, questo non devi dirlo a Elena che senno ricomincia con la storia della gelosia verso i miei, che mi trascuravano e così via. Sono stufa cara Elena di questa solfa! È vero: mia madre era una che viveva della sola luce riflessa di mio padre e lui, come tutti gli uomini del resto, se ne approfittava vigliaccamente. Andava, veniva, mangiava, faceva mugolare la mia mamma in camera da letto e poi spariva di nuovo. A me mezza carezza se andava bene… almeno finché non ho cominciato a crescere. Allora la carezza è diventata una intera e poi due e poi…
No, Elena, mi fa male parlarne! Ne abbiamo discusso alla nausea, delle carezze e del resto e a cosa è servito? Se vogliamo essere maligni, a depositare un bel po’ di sostanziosi assegni nelle mani della tua assistente senza che io abbia fatto il benché minimo passo avanti. È vero, ho preso coscienza, adesso so. So tutto quello che c’è da sapere. So che lei, mia madre, si girava dall’altra parte e… ma che me faccio? Papà non c’è più, la mamma da anni è vedova inconsolabile ed io non riesco a chiudere occhio perché qualche rospo là fuori ha l’asma. Maledetta estate, che ti fa tenere le finestre aperte di notte!
8 luglio
Ero convinta d’aver trovato una soluzione, sicura, persino orgogliosa di una presunta prontezza di riflessi che, mi dicevo, è quasi esperienza nuova per me, almeno da qualche anno a questa parte. E invece… andiamo per ordine, però. Visto che ieri avevo scritto del rospo asmatico e della finestra aperta, mi sono detta: «Cara Paola, sei mica scema? Chiudi quella maledetta finestra e vedrai che il rospo andrà ad affannarsi da qualche altra parte!» Lo so, lo capisco, ora, che questa grandiosa idea fa il paio con quella dei tappi. Adesso lo so. Ma lì per lì la cosa m’è sembrata talmente ovvia e facile tanto che, come accennavo, sono arrivata a farmi i complimenti da sola, davanti allo specchio. Dirò di più: la cosa pareva proprio funzionare visto che, del rospo non c’era traccia. E mi sono pure addormentata, beata e soddisfatta della mia geniale intraprendenza. Forse ho dormito un quarto d’ora: giusto il tempo di imbarcarmi in un sogno (Elena, non me lo chiedere, non me lo ricordo cosa ho sognato). Poi qualcosa m’ha costretto a spalancare gli occhi. Sentivo il rumore della corrente elettrica che passava nei fili. Era come un fruscio, lievissimo ma continuo. Mi sono spaventata e sono corsa a svegliare Massimo. Volevo facesse qualcosa. Lui poveraccio ha provato in tutti i modi ma l’unico che pareva funzionare era staccare l’interruttore centrale… ma potevamo stare senza corrente? No, non si poteva e così eccomi con un’altra notte in bianco ed io che non so più a che santo votarmi! Sono disperata.
9 luglio
Dovevo essere proprio stanca, perché sono crollata sul divano e, dice Massimo, ho dormito per quasi 24 ore filate. Lui ha preferito non spostarmi, temendo di svegliarmi, ma s’è visto pure le sue partite di calcio senza ch’io sentissi nulla. Com’è che non sento le urla di quei maniaci del pallone ed invece colgo la corrente che scorre nei fili? Mica è acqua… (questa è di Massimo, che evidentemente non crede sino in fondo alla serietà dei miei malesseri). E del rospo, allora, ne vogliamo parlare? Sempre a mezzo tra il polemico e l’ironico Massimo m’ha chiesto di rifargli il verso del rospo asmatico. Lui dice di non averne mai sentito uno in vita sua e vorrebbe capire come faccio a dire ch’è asmatico. E che ne so come faccio? Lo so e basta, come capisco ch’è un gallo a cantare la mattina ed i grilli a fare il concerto di notte! A me pare naturale ma, evidentemente non è così. È qualcosa che sta nella mia testa prima ancora che fuori di me. No, non voglio pensarci, non sono pazza… lo dice anche Elena.
12 luglio
Ho saltato tre giorni di diario, lo so. Ma proprio non ce la facevo a mettermi davanti alla pagina bianca del computer. Subito è arrivata l’email di Elena. Non c’era scritto niente. Solo due enormi punti interrogativi ch’erano peggio del peggiore dei rimproveri. Lo so, ha ragione. Due volte ragione, perché ho ignorato l’email e quando è squillato il telefono, ho fatto rispondere a Massimo. Sapevo che o era Elena o era il rospo con l’affanno e, tra i due, proprio non sapevo con chi avevo meno voglia di parlare. Poi Massimo è venuto a dirmi qualcosa, ma io ho fatto finta di dormire. Lui ha detto: «Guarda lo so che fai finta… se ti può far piacere non era il rospo, prima al telefono». Ha tanta pazienza con me, lo so. Ma non ho aperto gli occhi e lui s’è scocciato ed è tornato alle sue automobiline telecomandate con cui passa il tempo da quando ha perso il lavoro. Gioca a farle correre o sulla pista che abbiamo nel seminterrato e fuori, sulla strada. Tanto siamo quasi in campagna e macchine vere ne passano poche. Ho inteso che parlava con la vicina. Poi silenzio. S’è rifatto vivo per ora di cena ed ha uno strano sguardo e, soprattutto, uno strano odore. Perché mi ricorda la nostra vicina? Non lo so, non riesco a metter a fuoco la questione e sono troppo stanca. Domani chiamo Elena.
14 luglio
Ho provato a chiamarla, lo giuro. Ma ogni volta che prendevo in mano il telefono sentivo la corrente elettrica che usava immediatamente la cornetta per entrarmi in testa e poi mettersi a girovagare in tutto il mio corpo. Come fossero formiche in fila indiana. Ho insistito con Massimo perché facesse qualcosa ma, mentre parlavo ho risentito quell’odore disgustoso. Gliel’ho detto e lui s’è arrabbiato e mi ha mandato all’inferno. È stupido come tutti gli altri uomini della mia vita: non lo sa che all’inferno io ci sto già?
15 luglio
Oggi è l’anniversario della presa della Bastiglia ed io ho chiamato Elena. Anche perché Massimo mi evita, sta sempre fuori e quando torna puzza sempre di più di quel puzzo insopportabile e maledetto. Ho raccontato tutto a Elena. Naturalmente m’ha subito chiesto di che puzza si trattava. «Ma è puzza di sesso. È ovvio no? che c’è bisogno di dirlo?» ed ho riattaccato piccata. Poi però le ho mandato le pagine del diario via email. Sto perdendo Massimo: non posso permettermi di perdere pure Elena.
17 luglio
Mi sono barricata in casa. Fuori sento Massimo che mi supplica di aprire. Ma io ho visto il lampeggiante dell’ambulanza e prima ho inteso la sirena che s’avvicinava. E non apro. Non da viva almeno. Che buttino giù la porta: c’è costata un occhio della testa la porta blindata a prova di scassinatore… avranno un bel po’ da fare per riuscire ad entrare ed io, dopo aver ingoiato i miei preziosi barbiturici messi da parte con certosina pazienza per fregarvi a tutti, me ne vado.
Elena, mi dispiace, ma questa è l’ultima pagina del mio diario. Vivessimo in un’altra epoca, sarebbe macchiata dal sangue che esce caldo e vischioso dalla vena del mio polso. Ma, pure se la tastiera del PC è rossa e scivolosa, questa email è pulita e linda come tutte le altre che t’ho mandato. Non credo che sia giusto questo fatto: viene meno la poesia della vita.
D’altra parte, vivessimo sul serio in un’altra epoca, la tua professione non esisterebbe e chissà se sarebbe un bene o un male.
Scusa se ancora non t’ho pagato le ultime sedute. Parlane con quello stronzo di Massimo, magari a letto dopo averci scopato, ma non hai grandi speranze: lui dice che soldi e tempo con te sono buttati. Non so se si riferisce alle tue prestazioni sessuali o a quelle professionali. Quale che siano, mi sa tanto, per una volta, che ha ragione.