IL RESPIRO

Il cielo è velato, oggi, su questa spiaggia versiliana, ma c’è il sole, fa caldo.
Una brezza leggera muove onde spumeggianti e accarezza la pelle.
Decido di far due passi sulla battigia, verso il pontile della marina, qualche centinaio di metri più in là.
Cammino con i piedi nell’acqua e intanto mi soffermo ad osservare la vita che mi brulica intorno: bagnanti assortiti, bambini coi secchielli, signore mature in sciccose mises da spiaggia, ragazzotti palestrati che giocano a pallone sulla riva…
Mi incuriosisce e mi diverte insieme questo mio innocente gioco quotidiano di osservazione, non mi annoia mai.
Ad un tratto, sento voci concitate urlare, trambusto, improvvisa confusione intorno ad un capannello di persone.
Mi avvicino.
Dalla riva del mare due bagnini stanno trasportando a quattro braccia un anziano bagnante, in condizioni visibilmente alterate, verso la tenda poco lontana, all’ombra.
Ha la bocca aperta, lo sguardo fisso e perso nel vuoto, il torace in preda a sussulti scomposti.
Lo fanno adagiare a terra, sollevandogli le gambe e facendogli appoggiare il capo su un improvvisato cuscino.
Troppo rumore, troppo chiasso, troppa curiosità, troppa gente intorno.
Voci e urla si mescolano disordinatamente, tutti hanno qualcosa da dire, da aggiungere, da suggerire.
Qualcuno, anche, osserva in silenzio.
“Sono un medico!”, afferma un signore in boxer da spiaggia sulla cinquantina.
Si avvicina, tasta il polso, appoggia due dita sulle vene del collo dell’anziano, con concentrazione, intanto gli parla, gli chiede il suo nome…
“Giuseppe…”, risponde l’altro con un filo di voce.
Il bagnino ruba di scatto il cellulare ad una ragazzina poco più in là.
“È un’emergenza!”, le urla. E chiama il 118.
Il bagnante-medico gli prende lo smartphone dalle mani e parla in modo pacato e professionale con l’operatore all’altro capo della linea, gli dà informazioni in tempo reale sulle condizioni del paziente. Questi, nel frattempo, sembra sentirsi un po’ meglio, vuole alzarsi a tutti i costi, vuole andarsene. Il medico glielo sconsiglia, ad un certo punto addirittura glielo vieta.
Il bagnino è agitatissimo; cerca di convincere l’anziano a starsene tranquillo e disteso in attesa dei soccorsi, parla anche di sue proprie responsabilità in tal senso.
Sopraggiunge nel frattempo l’anziana sorella del paziente che, nel vederlo a terra, si sente male anch’essa.
Altre bagnanti la sorreggono e la fanno sedere all’ombra.
“È malato – dice con voce flebile – Non sta bene, soffre di pressione bassa, ha un tumore…”, aggiunge infine.
Intanto l’anziano, con sguardo fisso ma irremovibile, si è voluto alzare a tutti i costi, voleva andarsene.
Nessuno è riuscito a bloccarlo.
Procedeva lentamente barcollando, a passi malfermi sulla sabbia, verso il suo ombrellone. Una coda di persone, dal bagnino, al medico, all’anziana sorella, lo hanno seguito a brevissima distanza, con apprensione.
Ecco, dal fondo del Bagno X già si intravedono i soccorsi, due operatori con barella e un medico con la sua valigetta.
Lo fermano, lo bloccano, lo prendono in consegna.
Finalmente.
Respira, sì. Faticosamente.
Ma respira.

Oggi, poco fa, ho assistito a questa scena, qui in spiaggia.
Il respiro.
Sì, il respiro…
È tutto ciò che ci resta.
Viviamola, questa vita, finché c’è respiro.
Volendoci bene.
Con chi ci vuol bene.

Respira, Gabri.
E respira anche TU.