Mi chiamo Edoardo, Eddy per gli amici, sono rinchiuso in prigione da sei mesi;
una lunga lista di reati pesa sulla mia fedina penale. Io ho sempre negato tutto ma non mi hanno creduto, e avevano ragione! Piccoli scassi, furti, scippi, guida in stato di ubriachezza… tutto vero.
Un po’ di giorni in cella e poi ancora libero.
Però, l’ultima volta che mi hanno arrestato l’accusa era molto più grave: omicidio!
Ho negato, ho pianto, urlato con quanto fiato avevo in gola la mia innocenza, non avevo ucciso io l’amante di mia moglie; niente da fare, tutti gli indizi erano contro di me, e poi erano abituati a sentirmi negare l’evidenza.
Oggi c’è una novità, hanno messo un altro detenuto nella mia cella, beh, almeno avrò compagnia.
Mi sembra un tipo tranquillo, tiene gli occhi bassi, se ne sta quasi sempre sdraiato sulla branda sopra la mia. Un po’ mi annoio. Cerco di farlo parlare:
“Ehi amico, come ti chiami? Perché sei finito dentro?”
Lui mi guarda, fa una smorfia poi risponde:
“ Il mio nome è Freddy, tentato omicidio, contento?”.
“Ah, vuoi raccontarmi come è andata?”
“No”.
Durante l’ora d’aria se ne sta in disparte, senza parlare con nessuno e nessuno gli chiede nulla, lo temono perché è grande e grosso. Sono certo che io riuscirò a farmelo amico, ci so fare con le persone. Mi avvicino a lui, gli offro una sigaretta:
“Non fumo” mi risponde.
“Dai Freddy, parliamo un po’, il tempo non passa mai altrimenti, dimmi qualcosa di te, cosa ti è successo?”
Mi guarda negli occhi, mi sembra di vedere un accenno di sorriso, forse si deciderà a parlarmi.
“Ho accoltellato un tizio che mi doveva dei soldi, ora è in ospedale, credo che se la caverà. E tu? Cosa hai fatto?”.
“Dicono che ho ucciso l’amante di mia moglie, ma io sono innocente”.
“Beh, se sei innocente ti libereranno”.
Non rispondo, mi limito ad assentire col capo. Mi accorgo che gli altri detenuti guardano verso di noi ridacchiando. Che stronzi, cos’hanno da ridere, meglio ignorarli.
L’ora d’aria è finita, torniamo in cella.
Sono passati alcuni giorni e il rapporto amichevole fra me e Freddy è migliorato molto, lui mi ha raccontato alcuni episodi della sua vita ed io ho fatto altrettanto. Mi sembra un bravo ragazzo, mi ispira fiducia. Decido di confidarmi con lui:
“Freddy, sai mantenere un segreto?”
“Certo”.
Mi avvicino a lui il più possibile e abbasso la voce:
“Sai, è vero che ho ucciso l’amante di mia moglie”.
“Cosa? Hai detto di essere innocente”.
“Sì l’ho detto a ‘loro’, ma a te che sei mio amico dirò la verità. L’ho trovata a letto con quell’uomo, dovevi vedere la loro faccia quando mi hanno visto entrare in camera, mi sono gettato su di lui, ho afferrato la lampada di ferro battuto sul comodino e l’ho colpito una, dieci, venti volte, mentre mia moglie strillava come un’aquila. Avrei ucciso anche lei se non fosse fuggita”.
“E non hai intenzione di confessare?”
“Nemmeno per sogno! Mi diverto troppo a negare l’evidenza”.
Lui ride alzando le spalle:
“Sei proprio un bel tipo! Ma tua moglie non ti ha denunciato?”
“No figurati, lei non lo farebbe mai! Giura che non dirai niente a nessuno”.
“Lo giuro!”
La porta della cella si apre, il secondino si rivolge a me:
“Edoardo Cantoni, dal direttore, subito”.
Faccio un cenno di saluto a Freddy e lo seguo.
Il direttore mi guarda serio:
“Allora Edoardo, come va?”
“Eddy, mi chiami Eddy”.
“D’accordo Eddy, come va? Ti va di parlare finalmente? Vuoi dire la verità?”
Faccio un mezzo sorriso, mentre dentro di me rido sguaiatamente, negherò sempre!
“No Signore, non ho niente da dire. Sono innocente”.
Bussano alla porta dell’ufficio del direttore ed entra un uomo che gli si avvicina per comunicargli qualcosa. Volto la testa verso la porta aperta e… Freddy è lì, mi guarda con un’aria triste, poi abbassa lo sguardo. Il direttore fa un cenno al secondino che mi prende per un braccio per riportarmi in cella. Passo davanti a Freddy e cerco di chiedergli qualcosa al volo ma lui non mi guarda neppure.
Cammino avanti e indietro nell’attesa spasmodica del mio compagno di cella, perché andava dal direttore? Perché ci mette tanto a tornare? Mi avrà tradito?
E’ arrivata la sera e Freddy non è tornato. Fra poco spegneranno le luci, sto sudando, sarà una lunga notte insonne, ho paura…
Finalmente è mattina, di Freddy nessuna notizia, vorrei chiedere ai secondini ma mi trattengo, prima o poi mi diranno qualcosa spero.
Si aprono le celle per l’ora d’aria, mi guardo in giro, cammino in lungo e in largo per il cortile e finalmente lo vedo! E’ rannicchiato in un angolo con la testa appoggiata alle ginocchia, come un bambino. Mi avvicino velocemente:
“Freddy! Cosa è successo? Parla, perché non ti hanno riportato in cella da me?”
Lui alza la testa, sta piangendo.
“Mi dispiace” dice.
“Ti dispiace? Cosa ti dispiace? Cosa facevi dal direttore? Hai parlato di me?”
Non risponde, continua a guardarmi.
“Gli hai detto tutto… Mi hai denunciato… E’ così vero?”
“Dovevo farlo”.
“Nooo Freddy, sei mio amico, avevi giurato… Maledetto traditore, ti ammazzoooo!”
Mi avvento su di lui afferrandolo per il collo e stringendo forte forte, era una maledetta spia, me l’hanno messa apposta per estorcermi la confessione.
Le guardie intervengono immediatamente, afferrano Eddy per le braccia e lo immobilizzano, gli altri detenuti ridono senza ritegno.
“Si può sapere cos’hai da rotolarti per terra in quel modo?” gli dice la guardia con voce irritata.
Lui grida come un ossesso che il suo compagno di cella è una spia, un traditore.
“Ma con chi ce l’hai eh?”
“Con Freddy, lo so che me l’avete messo apposta in cella per spiarmi”.
“Freddy? E chi è? Ma che diavolo dici, non c’è nessuno in cella con te”.
“Portiamolo in infermeria, ci penserà il dottore”:
Dopo avergli dato un forte calmante, il medico si reca nell’ufficio del direttore:
“Ho sedato Edoardo Cantoni signore, il detenuto che uccise la moglie”.
“Sì certo, diceva di averla trovata a letto con un altro. Poi ha cambiato versione e si è dichiarato innocente”.
“Già”.
“Dottore, pensa che stia peggiorando ulteriormente?
“Direi di sì, era convinto di avere un compagno di cella, ormai è paranoico e schizofrenico cronico”.
“Poveraccio, finirà al manicomio criminale!”
Eddy si sveglia in una stanzetta tutta bianca, è legato al letto, ma non si agita, non strattona per liberarsi, no, perché vicino a lui c’è Freddy che gli tiene la mano appoggiata sul braccio e gli sorride.