Il banco vince con 21 “ esclamò il croupier ritirando le fiches con la paletta.

Io passo, marchese e dovreste farlo anche voi. Datemi retta, abbandonate finché siete in tempo. Il demone del gioco è una brutta bestia e voi non dovete umiliarvi ancora. Fatelo in nome del vostro sangue blu.”

A parlare era un vecchio e saggio signore in abito scuro che sapeva fino a che punto può spingersi un uomo.

Ma per il marchese l’equilibrio era andato perduto da tempo. Assiduo frequentatore dei casinò aveva dilapidato il patrimonio di famiglia alla roulette, baccarà, black jack, poker e chemain.

Ma quella sera era andata troppo storta anche per uno sfortunato come lui.

Il croupier fece un gesto d’intesa all’uomo con gli occhiali scuri in fondo alla sala che si avvicinò al tavolo da gioco.

Signor marchese è tempo di saldare i debiti.” gli bisbigliò all’orecchio percependo il profumo di colonia proveniente dalla camicia del marchese, candida e stirata con cura dallo stesso nobile, ma anacronistica rispetto allo smoking sgualcito con i polsini ormai lisi.

Il marchese sospirò, abbassò gli occhi, regalò l’ultima fiche al giovane croupier comprandosi il suo rispetto e si diresse verso un privè con l’aria del condannato a morte.

Sprofondato in una poltrona di cuoio nero, dietro una massiccia scrivania di mogano c’era il Generale, re incontrastato della zona sud della città: bische, casinò, bande, racket, prostituzione, traffico di droga erano il suo regno.

Le devo una fortuna Generale, lo so. Mi conceda un’ultima possibilità di rifarmi.” chiese il marchese con un filo di voce, occhi bassi.

Il Generale continuando ad impestare l’aria col suo sigaro rispose con vocetta sadica:

La fortuna non ha odore, né sapore, né colore. Quindi non esiste. E lei marchese, di conseguenza, non mi deve niente.”

Tutti risero nella stanza. Tranne il povero marchese.

Il Generale mise sulla scrivania una vecchia Colt a tamburo a 6 colpi, cimelio della Guerra di Secessione Americana. Un prezioso pezzo d’antiquariato perso al gioco dal marchese sei mesi prima. Il nobile, riconoscendola abbassò lo sguardo. Il Generale la caricò con un colpo e fece ruotare il tamburo. Poi la porse al marchese con occhi luciferini.

Le offro una possibilità onorevole per chiudere la sua inutile esistenza”.

Il marchese poggiò la lunga canna alla tempia e premette il grilletto per farla finita subito. Click.

Bene, marchese, ha guadagnato la vita. Ora le propongo un patto: quello che ha perso in questa serata contro due colpi nel tamburo. Ed aggiunse un altro proiettile nel tamburo.

Il marchese accettò e stavolta pose la canna al centro della fronte.

Click.

Nessuno fumava più nella sala; il Generale era paonazzo ed il marchese rassegnato perché sapeva che quell’essere spregevole non amava perdere.

Tre colpi nel tamburo e le annullo tutti i debiti che ha contratto con noi.”

Il marchese stanco fece cenno di si con la testa. Infilò la canna in bocca e tirò il grilletto con l’indice bagnato di sudore.

Click.

Un coro di “Ohhh!” si levò nella stanza.

Il marchese ne approfittò per prendere la parola:

Ora che sono un uomo libero dai debiti nei suoi confronti è il mio turno di proporle una sfida.”

Al Generale cadde il sigaro sul panciotto.

Rivoglio la mia pistola e la possibilità di fare un’ultima puntata alla roulette senza limite di posta.

Due richieste, due condizioni”, rispose il Generale, passandosi la lingua sulle labbra secche.

Le darò una posta ma voglio che prima metta altri due colpi nella pistola e se perde il prossimo gioco lo farà col tamburo pieno.”

Accetto”, rispose con un inchino il marchese.

La Colt ora era caricata con cinque colpi.

Si presentò dal croupier al tavolo della roulette e puntò l’intera posta sullo zero.

Mezz’ora più tardi la mortuaria portava via il corpo del Generale dentro un sacco nero di plastica. Lo scarno referto parlava di infarto.

Era quasi l’alba quando il marchese con una valigetta piena di banconote si dirigeva verso casa.

Un’ombra lo aveva seguito dal casinò. Ora lo vedeva bene: era il giovane croupier.

Dammi tutti i soldi, vecchio!” gli intimò facendo scattare la lama di un coltello a serramanico.

Il vecchio marchese lo sorprese perché ebbe il fegato di affrontarlo. Caddero a terra, la borsa si aprì e mazzette di banconote finirono per spargersi al vento di quella fredda mattina.

Nel buio la lama luccicò sulla gola del marchese mentre la sua mano annaspando impugnò il calcio della vecchia Colt nella tasca della giacca.

Chiuse gli occhi e premette il grilletto nell’istante in cui il croupier vibrò il fendente.

Mentre sentiva i passi che si allontanavano di corsa il vecchio marchese non potè consolarsi nemmeno al pensiero che la teoria del Generale non fosse del tutto giusta.

Ora che la vita lo stava abbandonando, riusciva a vedere il colore della fortuna.

Era rosso sangue.