E io ti racconterò la saga di Gilgamesh il Grande, re della città di Erech e dei Sumeri, quando decise di conquistare la pianta dell’immortalità, ‘Colei che non Invecchia mai’.

Ascolta le mie parole, uomo del futuro, ascolta le mie parole, bambino, ascoltale, vecchio, perché in esse è il segreto del tempo, il segreto dell’Immortalità che in verità esiste ma è sfuggente come l’ultimo raggio di sole del meriggio.

Gilgamesh il Grande comincia il suo viaggio dalla pianura e va oltre gli spaventosi leoni che sorvegliano i piedi delle colline e gli uomini-scorpione che controllano le montagne che sostengono il cielo. Niente può fermare la sua avanzata, né i pericoli né la fatica, e neanche il giardino del paradiso che sta tra le montagne, pieno di fiori profumati, frutta succulenta e pietre preziose. Giunto al mare che circonda il mondo, incontra in una caverna oltre le acque Siduri-Sabitu, la dea Ishtar, che mossa a pietà dalla storia del suo peregrinare gli consiglia di abbandonare la ricerca ed accontentarsi delle gioie mortali della vita:

Gilgamesh, perché erri in questo modo?
La vita che stai cercando, mai la troverai.
Quando gli dei crearono l’uomo,
inflissero all’umanità la morte,
e conservarono la vita nelle loro mani.
Riempiti la pancia o Gilgamesh;
giorno e notte divertiti;
procurati ogni giorno una piacevole occasione.
Giorno e notte sii allegro e spensierato; che i tuoi vestiti siano belli,
i tuoi capelli puliti, il tuo corpo lavato.
Ama il piccolo che prende la tua mano.
Fa’ che tua moglie sia felice contro il tuo petto.

Ma Gilgamesh vuole trovare la pianta dell’immortalità, e di fronte alla sua volontà anche la dea si arrende e gli indica la strada: dovrà cercare Ursanapi, il barcaiolo che lo potrà accompagnare attraverso le acque della morte. Il viaggio è lungo, dura un mese e mezzo e Gilgamesh non dovrà mai toccare le acque, ma alla fine i due giungono nella lontana terra dove abita Utnapishtim, l’eroe del primo diluvio, che si stupisce della visita inaspettata: Perché qualcuno che non è al mio servizio naviga sul battello? E colui che sta arrivando, non è forse un uomo?

Gilgamesh, una volta sbarcato, ascolta la lunga descrizione del diluvio, poi va a riposare e dorme per sei giorni. Utnapishtim ordina allora alla moglie in infornare sette forme di apne e disporle presso il capo di Gilgamesh, poi lo sveglia e ordina ad Ursanapi di lavarlo in una polla e dargli nuovi indumenti, poi gli rivela il segreto:

Gilgamesh, ti rivelerò un segreto,
E ti impartirò delle istruzioni:
Questa pianta è come un rovo in un campo;
È coperta di spine, come la rosa, e ti pungerà le mani.
Ma se la tua mano toccherà quella pianta, Tu tornerai alla terra natia.

La pianta cresceva in fondo al mare, così Ursanapi riporta Gilgamesh sulle acque col suo battello. Qui l’eroe si lega delle pietre ai piedi e  precipita sul fondo del mare, oltreogni limite di resistenza. Quando raggiunge il fondo del mare senza fondo strappa la pianta, benché questa gli tagli la mano, si libera dalle pietre e ritorna alla superficiee e annuncia trionfante:

Ursanapi, questa pianta è la Pianta…
Con la quale l’uomo può raggiungere il pieno del suo vigore.
La porterò a Erech, la città delle capre…
Il suo nome è ” A qualsiasi età l’uomo ritornerà giovane.”
Ne mangerò e ritroverò la giovinezza.

Poi i due riprendono a navigare. Quando sbarcano, Gilgamesh si bagna in una fresca polla d’acqua e si sdraia per riposare, ma mentre dorme un serpente fiuta il meraviglioso profumo della pianta, striscia fuori e la mangia, acquistando così il potere di cambiare la pelle, e di rinnovare la propria giovinezza.

E Gilgamesh, quando si sveglia, si mette a sedere e piange “e le lacrime gli corrono giù lungo il naso.“

 In verità ti dico che Gilgamesh il Grande è pazzo.

“Tutte le cose si evolvono, tutto cresce, tutto ritorna. Le piante fioriscono, ma solo per ritornare alla radice. Ritornare alla radice equivale a cercare la tranquillità. Cercare la tranquillità equivale ad andare incontro al destino. Andare incontro al destino equivale ad andare incontro all’eternità. Conoscere l’eternità significa essere illuminati, ed il non riconoscerla porta disordine e male.

Così l’eroe che si è guadagnato il favore del dio può chiedere il bene della completa illuminazione, ma ciò che invece chiede, in genere, sono altri anni da vivere, armi con le quali uccidere il proprio vicino o la salute del proprio figlio, ed allora perisce.

Devi ingrandire la pupilla dell’occhio in modo che il corpo e la personalità a lui connessa non ostruiscano più la vista. L’immortalità è un fatto presente: “È qui! È qui!“.

Solo chi non sa riconoscerla muore mille volte ogni giorno della sua vita.