DIRITTO ALL’AMORE
– Io l’amo, Arturo –
Ti ricordo, compadre, che lei ha solo quattro anni più di tuo figlio e la metà dei tuoi. Faresti bene a rinsavire che uno scandalo non gioverebbe di certo alla tua carriera –
– La carriera! Io ti racconto delle mie sofferenze d’amore e tu contrapponi le necessità della carriera! –
– Oh si, Francisco, perché sei mio amico ed anche perché su di te ho investito un bel pò di soldi. Ti diffido, quindi, dal compiere passi falsi o quanto meno azzardati, ricordandoti anche che tra meno di un mese partiremo per Hollywood per perfezionare il contratto con la Warner Bros per il film “Don Juan” di cui tu sei il protagonista ed io il produttore. Sistema le tue faccende di cuore, compadre. E nel tempo più breve –

Ferrer trovava intollerabili le disposizioni che Arturo Serrano gli aveva impartito. Lui certo ci metteva i soldi, ma senza il suo talento sarebbero serviti a niente. Le posizioni tra loro andavano riviste. E comunque non poteva certo ora che aveva varcato la soglia della casa, no ancor meglio, della stanza di Fleur, tirarsi indietro. Un traguardo che gli era costato interminabili ore di vacue chiacchiere con Ermelina Hortega, della quale tutto ferocemente detestava: lo sguardo adorante con cui lo guardava, l’umiltà con cui si piegava ai suoi consigli, la voce con cui pronunciava il suo nome.
Eppure, nonostante la sua avversione, s’era dato da fare per lei correndo da un posto all’altro per organizzare quella stupida festicciola di compleanno trasformandola in una mega festa hollywoodiana, garantendo la sua presenza e quella di nomi al suo stesso livello.
E tutto finalizzato al solo scopo di rivedere Fleur.

Ed ecco che il suo migliore amico, invece di mostrare comprensione e parteggiare per lui, pure cercava di dissuaderlo, di distoglierlo dal suo amore per lei, come se quello fosse un sentimento riprovevole. Perverso. E così aveva tirato in ballo la storia dell’età, ricordandogli i troppi anni che correvano tra di loro. Come se quello fosse bastante  persuaderlo a non amare più Fleur.

Ma se solo avesse potuto guardare dentro al suo cuore avrebbe visto la gioia e la follia che lei, con l’inconsapevole seduzione delle sue innocenti provocazioni, in lui scatenava. Come quando Fleur aveva finto di cadere lui l’aveva afferrata e stringendola fra le braccia aveva sentito i suoi seni immaturi premere contro il suo petto: boccioli bianchi dai capezzoli rosa, intravisti nella trasparenza della blusa, che in Fleur era tutto così chiaro e luminoso. Incontaminato.

Sbagliava Arturo nelle sue moralistiche considerazioni che non tenevano in alcun conto della potenza primieva dei sentimenti, riducendo tutto solo al solo principio legale. E ad un calcolo di anni.
Negandogli. di fatto, il diritto all’amore

DIRITTO DI  CITTADINANZA
La festa sarebbe stata la domenica seguente, ed era tutto già predisposto, così Ferrer, finalmente libero dai noiosi impegni con  Ermelina Hortega, s’apprestava a trascorrere quei giorni rimanenti pattugliando i dintorni di Fleur nella speranza d’incontrarla o anche solo intravederla, quando la telefonata, imprevista e concitata di Ermelina, gli aveva spianato il percorso, inaspettatamente conducendolo di nuovo a casa dei Petit.

– Coralie vorrebbe vedervi. Non so di cosa si tratti, ma ha chiesto di voi. Andate prima possibile –
E lui era andato quel giorno stesso.

Lo aveva accolto la stessa Coralie che stringendogli la mano aveva detto: avete compiuto un miracolo di cui ve ne sarò in eterno grata. Da quando ho posto al collo di Philippe il vostro scapolare una nuova linfa lo ha rianimato. Mangia senza rigettare il cibo e dorme più tranquillo. Ha acconsentito perfino ad uscire all’aperto, dopo mesi di letto e di penombra. Ah Francisco, non potete immaginare cosa significa per me. Volevo farvene partecipe e ringraziarvi di questo vostro miracolo. –

Coralie aveva fatto di getto questo suo breve discorso, in uno stato di esaltazione emotiva aveva portato la mano di lui alla bocca per baciargliela, ma Ferrer con dolcezza l’aveva sottratta.

– No, Coralie, non è mio questo miracolo, ma della vostra tenacia e del vostro amore –
– Ma io vi sarò comunque eternamente grata. Così come Philippe, che vorrebbe personalmente ringraziarvi –

Coralie  aveva aperto la porta della stanza invitandolo ad entrare, mentre Ferrer, che a quell’invito non poteva sottrarsi, avrebbe dovuto far ricorso a tutte le sue forze per vincere la repulsione fisica che da sempre i malati gli ispiravano. Avrebbe dovuto respirare l’odore malsano della sofferenza misto a quello dei liquidi corporei, e tendere la mano in una carezza, o in un gesto qualsiasi di contatto.
Ma a differenza della prima volta che vi era entrato, nella stanza permeavano odori  più asciutti, meno aggressivi, e la luce, attenuata dai pesanti tendaggi, irradiava morbida e circoscritta sui dettagli essenziali, non calando direttamente sul catafalco del letto e sul moribondo che vi giaceva. Lo accoglieva una scenografia meno drammatica di quella che ricordava.

Ferrer s’era arrestato ai piedi del letto, in quello che poteva essere inteso come segno di rispetto ma, in realtà, per codardia, che la vicinanza col malato lo avrebbe costretto a guardare le devastazioni causate dalla malattia.
Avrebbe voluto scappare da quella stanza. Da quel letto. Da quella situazione.
Ma aveva, invece, obbedito a Coralie che con un gesto discreto lo aveva invitato ad avvicinarsi al capezzale, così da potersi personalmente accertare della verità di quel miracolo di cui era stato l’artefice.
S’era allora avvicinato al letto dove, sotto uno spesso strato di coltri, giaceva una figura senza età e senza fisionomia, che lo guardava con lo stesso sguardo d’acquamarina di Fleur, solo più sfocato. Remoto. Proveniente da oltre confine.
Il resto del volto era come avvolto dalla nebbia, senza contorni né lineamenti, dove solo s’evidenziavano nitidi gli occhi che per un breve istante lo avevano guardato muti, prima di tornarsi a chiudere.
Coralie s’era chinata su di lui, gli aveva accarezzato la fronte e ricomposto le coltri, dopo di che  erano usciti dalla stanza. Ma prima di varcare la soglia era tornata indietro per un ultimo bacio.

– Fermatevi a pranzo con noi, vi prego. Mi farebbe piacere avervi nostro ospite –
L’invito di Coralie era giunto inatteso ma tempestivo, proprio mentre Fleur uscendo da una camera laterale lo aveva visto e con genuino, irruento entusiasmo, gli era corsa incontro
…e a Ferrer non era rimasto altro che accettare.

Accolto con cordiale ospitalità al desco dei Petit, dove mancava solo Celeste impegnata con la scuola, Armand lo aveva da subito elargito della sua simpatia, e perfino la nonna caffellatte aveva dismesso, in quell’occasione, l’atteggiamento palesemente diffidente nei suoi riguardi. La sua presenza aveva animato quella loro tavola di solito parca di sguardi e di parole, perfino di qualche risata.
Ferrer, perfettamente a suo agio, s’era dimostrato ospite amabile dissertando con Armand di viaggi e di avventure. Entrambi avevano così scoperto di esser stati protagonisti del medesimo incidente di treno, di aver soggiornato nello stesso periodo a Venezia, città incantevole ma scomoda, e su cui concordarono mai vi avrebbero vissuto, e di preferire alla vecchia, affascinante, ma troppo lenta Europa, il dinamismo, seppur  nevrotico, delle metropoli americane.
– Sono un francese dall’indole newyorkese –
Aveva concluso Armand suscitando le rimostranze discrete della suocera che invece nutriva rimpianti per Parigi, a cui agognava far ritorno appena Philippe fosse guarito.

– Oh mamma, se hai così tanta nostalgia puoi partire anche domani, che Philippe ha finalmente intrapreso la via della guarigione –
Aveva detto con dolcezza Coralie, indirizzando a Ferrer  uno sguardo di gratitudine
…e allora Fleur, che quello sguardo aveva intercettato, gli aveva stretto la mano sotto il tavolo: un gesto di complicità che lui aveva sublimato ai confini dell’estasi.
E così egli aveva aveva stabilito che quella casa, con quella stanza, quel tavolo, quella gente, era l’unico luogo a cui aspirava,  rimanere, e dove aveva appena acquisito diritto di cittadinanza.
Un diritto suggellato da quella stretta di mano clandestina.

JOSETTE E CELESTE
Per Ferrer era diventata ormai un’abitudine bighellonare nei luoghi frequentati da Fleur avendo cura, però, di farlo in maniera discretissima. In realtà, avendo ora la possibilità di frequentarne casa Petit, veniva a mancare la motivazione dell’incontro casuale, ma pure continuava a percorrere quegli itinerari per godere di un benessere aggiuntivo.
Che quelle sue passeggiate solitarie avevano la sacralità di un pellegrinaggio: respirare la stessa aria che Fleur aveva respirato, camminare sul medesimo tratto di marciapiede da lei percorso,  attendere lo scatto dell’unico semaforo sotto cui anche lei aveva, forse solo pochi minuti prima, sostato, entrare nella pasticceria dove l’aveva incontrata con Celeste e sedersi a quello stesso tavolo.
E proprio a quel tavolo l’aveva intravista, e già s’apprestava alla recita dell’incontro fortuito, ma per fermarsi sorpreso sulla soglia, che sedute c’erano, invece, Celeste e Josette.
Quando s’erano conosciute?
Da quanto si frequentavano?
Da quanto erano in confidenza?
Perché?
Nessuna delle due poteva essere per l’altra  il prototipo dell’amica del cuore, della confidente, anche se l’atteggiamento di Josette, proteso ed attento, poteva farlo pensare, (ma Josette era un’attrice se non talentuosa comunque scaltra). Celeste, invece, recitava se stessa: l’unico ruolo che potesse interpretare.

Ferrer era riuscito, con molta fatica, a reprimere l’istinto di mostrarsi (le conosceva entrambe, non ci sarebbe stato nulla di strano che si fosse avvicinato per un saluto, ma temeva l’imprevedibilità emotiva di Josette, per cui aveva deciso di non rischiare una sicura, e per lui dannosa esibizione pubblica, della sua ex amante) ma le avrebbe pedinate. Magari sarebbe venuto a capo di qualcosa.Le aveva così seguite.
Camminavano affiancate ma non sottobraccio, come si usa tra amiche, quel contatto stabilito dall’affetto e dalla complicità. Soprattutto dalla condivisione. Camminare sottobraccio significa calibrare i passi sulla medesima lunghezza, letteralmente andare insieme. Sostenersi, anche. E la possibilità, a così stretto contatto, di scambiarsi confidenze senza essere da altri udite.
Sulla base di questo indizio Ferrer aveva concluso che Josette e Celeste non erano amiche, ma questa constatazione che in un primo momento lo aveva confortarlo, lo aveva poi scaraventato in una nuova inquietudine, sollecitando altri interrogativi. E dubbi.
Di cosa stavano parlando?
Troppo preso ad inseguire Fleur s’era quasi dimenticato di Josette, facilmente rimossa dalla sua testa che nel suo cuore mai c’era stata, e aveva forse troppo di fretta abbassato la guardia.
Ed ora lei gli si riproponeva, oscura ed intrigante. Sicuramente vendicativa.
Non c’erano, conoscendo Josette, altre motivazioni possibili ad averla indotta a stabilire un approccio con Celeste Petit, anni luce lontana da lei e della quale mai si sarebbe interessata se non per perseguire uno scopo. Una vendetta. Come lui presagiva.
Dopo un breve tratto di strada s’erano separate, salutandosi con una semplice stretta di mano e avviandosi in direzioni opposte.

CONFIDENZE.  CONSIGLI. E VERITA’ NASCOSTE.
– Ma davvero, Francisco, hai sperato che Josette si sarebbe silenziosamente fatta da parte? E’ una piccola vipera molto velenosa. Fai attenzione. Piuttosto anticiperei la nostra partenza per Hollywood. La tua uscita di scena forse la indurrà alla calma. –
Questo l’amichevole, saggio consiglio di Arturo Serrano.
Consiglio che Ferrer, però, non aveva alcuna intenzione di seguire, che mai nessuna donna lo avrebbe costretto alla fuga. Tanto meno una come Josette.
Arturo s’era limitato allora a scuotere il capo, e ad un’affettuosa pacca sulla schiena.
Da quello che gli era dato di conoscere del suo amico sapeva che nessun ragionamento lo avrebbe indotto a cambiare idea.

Blanca Gil, invece, alla quale Ferrer non aveva fatto alcuna confidenza né chiesto alcun consiglio, lo aveva approcciato lei, di sua iniziativa, e nel suo solito modo crudo e diretto gli aveva chiesto: cosa sta accadendo tra la tua ex amante e quella che invece vorresti lo diventasse? Le ho viste insieme.

– Non so di cosa tu stia parlando, Blanca –
Aveva replicato Ferrer, attento a non far trapelare nel tono della voce, l’inquietudine
– Allora ti sto dando un’informazione di prima mano.Un favore che dovrai restituirmi a tempo debito –
Blanca aveva tenuto a sottolineare.
– Sicuro. Come sempre. Raccontami cosa hai visto –
– Le ho viste alla pasticceria Bocados, parlavano fitto, o meglio, Josette, che l’altra pareva solo ascoltare. Sono rimasta lì finché ho potuto, sperando di capirci qualcosa. Poi sono dovuta venir via –

Era stato quindi un puro caso che loro due, Francisco e Blanca, non si fossero visti, intenti a spiare la medesima scena. Questione di attimi: lei andava e lui arrivava. Un simbolico cambio della guardia.
E il fatto che anche Blanca fosse a conoscenza di questa inedita combine tra Josette e Celeste, accresceva la sua inquietudine. Avrebbe dovuto giocare su due fronti: smascherare la sua ex amante e nel contempo fuorviare Blanca. Una partita estremamente difficile, ma che pure lui non rifiutava di condurre perché, come aveva ribadito ad Arturo Serrano, nessuna donna mai lo avrebbe costretto alla fuga.
E se la motivazione in altri tempi era stata quella dell’orgoglio del maschio, dell’attore, del sex simbol, ora c’era quella preponderante del suo amore per Fleur che in qualche modo ristabiliva gli equilibri ponendolo dalla parte del giusto, anche se per questo avrebbe dovuto mentire, manomettere, mistificare, stravolgere.
Nulla sarebbe potuto essere considerato illecito, o doloso. per salvaguardare un bene così grande.

DONNE
Ma più che le nevrosi di Josette, Ferrer temeva l’ingerenza arbitraria di Blanca, già sperimentata in passato seppure a suo vantaggio, per cui ora, a ragione, ne paventava l’ipotetico ribaltamento nei suoi stessi confronti, qualora si fosse sentita estromessa da quella faccenda. Un’abiura a quel loro rapporto dove lei, che mai era stata sua amante, era da sempre l’unica donna stabile della sua vita.

Josette e Blanca, due donne da cui guardarsi e delle quali prevenire le mosse. Un compito arduo, perfino per lui, abilmente avvezzo a districarsi in queste faccende, senza troppo badare al modo, che il suo status di stella del cinema pure glieli concedeva questi strappi al galateo amoroso, perché erano proprio gli strappi più ruvidi, più scandalosi, quelli di cui si cibava la platea dei fans e dei media. Clamore che andava ad alimentare la sua leggenda.
Uno dei motivi per cui era stato scelto per interpretare il film “Don Juan” erano state proprio le sue vicende amorose, recitate in diretta, senza alcun filtro e, soprattutto, nessuna compassione.
Qualunque fosse, però, il tenore delle sue vicende, Ferrer non cadeva mai nel volgare.
La sua immagine così non ne usciva mai del tutto compromessa, che pure era capace di gesti eclatanti e generosi, controcorrente, strettamente privati, come quando una sua ex amante (un’attricetta molto bionda, molto giovane e molta bella) era caduta in disgrazia dopo che era stata resa pubblica la sua relazione con un ministro del partito conservatore, noto per il suo moralismo estremo e le sue idee ottocentesche, che in virtù di quella relazione aveva però mandato alle ortiche, svelando prima a se stesso, e poi ai suoi elettori, un lato inedito del suo essere, in netta contrapposizione a quella sua dottrina fino ad allora predicata.
Lo scandalo aveva travolto entrambi e con conseguenze disastrose: il ministro s’era prima dimesso dal suo partito e subito dopo dalla vita, con un colpo di pistola alla tempia. Non prima, però, di aver scritto una lunga, dolorosa, commovente lettera, in cui chiedeva perdono alla famiglia, al suo partito, e al mondo intero, per quel suo unico tradimento di cui avrebbe fatto ammenda col proprio sangue e l’esilio dal Paradiso (che i suicidi non ne hanno accesso)
E di questo suicidio, alla giovane attrice, era stata attribuita tutta la responsabilità etica.
Era stata lei a fuorviare quell’uomo retto, marito e padre esemplare, politico incorrotto, trascinandolo al degrado morale e poi alla rovina. Così aveva deciso l’opinione pubblica confrontando le loro due biografie: scarna e irrilevante quella di lui, un uomo comune, anonimo, se non fosse stata per quella  sua esasperata identità politica che violentemente lo aveva posto sotto la luce dei riflettori per l’oltranzismo delle sue posizioni, cosicché quella di lei risaltava, in uno stridente contrasto, tentatrice ed ambiziosa. Una piccola arrivista. Una rovina famiglie. Di questo verdetto ne aveva preso atto anche lo star sistem, che notoriamente, invece, si serve ai suoi fini dei personaggi controversi e discussi, gli eroi maledetti, le cui storie diventano racconto cinematografico.
Ma in quello specifico c’era stato il morto. Una vedova e degli orfani.
E quella lunga e dolorosa lettera di espiazione, con la rinuncia al Paradiso.
Così lei s’era trovata emarginata, senza lavoro e senza più amici. Perfino quelli che avevano mirato a portarsela a letto ora mostravano riprovazione nei suoi confronti.
Ferrer, che di norma non prestava attenzione ai protagonismi altrui, s’era interessato alla faccenda solo perché lei era stata un tempo la sua amante. Timida, docile, premurosa, niente affatto corrispondente al ritratto dell’ambiziosa arrivista che le era stato incollato addosso (fosse stato pure vero lui non avrebbe cambiato opinione perché era questo che ricordava di lei).
Così era andato a cercarla nella solitudine dell’espiazione in cui era stata confinata, con un sostanzioso assegno e un biglietto aereo per l’Australia.

– Lì non faranno caso a te: la condizione giusta per poter ricominciare –
S’era trattenuto solo il tempo necessario per la consegna. Niente altro.