Questa è una storia immaginaria.
La foto invece mostra uno dei cospiratori dell’assassinio di Abramo Lincoln.
La foto gli è stata scattata prima di essere impiccato.
Io non ci volevo nemmeno andare quella notte. David mi telefonò qualche giorno prima, aveva da
dirmi una cosa importante. Quando mi presentai all’appuntamento lo trovai con altri due ragazzi mai visti prima.
“Ehi Lewis, tutto ok? Questi sono Stan e Red amici miei, faremo grandi cose insieme”.
“Che genere di cose David?”
“Calma, ora ti spiego”.
Era una proposta pazzesca, avevano progettato un furto nella villa di un importante uomo d’affari.
“Ho studiato tutti i particolari, nessuno si farà male e diventeremo ricchi, oltre al denaro e ai gioielli, so che possiede un piccolo dipinto di enorme valore, lo tiene nello studio, ho già la persona che provvederà a piazzare la merce”.
Avevamo fatto piccoli furtarelli io e David di tanto in tanto, dopo una notte in prigione ci mandavano a casa, ma questa era una cosa grossa, troppo per dei ladruncoli come noi. Glielo dissi, ma lui era così sicuro di sé che riuscì a convincermi. Espose il piano d’azione con la determinazione di un professionista, i due amici annuivano continuamente, io mi sentivo sempre più inquieto.
David aveva lanciato polpette avvelenate ai cani da guardia, in pochi minuti si accasciarono guaendo piano. Scavalcarono facilmente il muro di cinta, Lewis doveva stare di guardia alla depandence dove dormiva la servitù, Red sarebbe rimasto di guardia nell’atrio della villa e Stan, lo scassinatore, avrebbe aperto le serrature poi, lui e David avrebbero fatto piazza pulita dei preziosi e del quadro.
Io non ci volevo andare quella notte…
Rimasi a guardia della depandence come stabilito, dormivano tutti, doveva essere tutto così semplice ma… Una luce si accese all’interno, mi irrigidii, avevamo tutti e quattro una pistola per sicurezza, io avevo anche un coltello. Lo tirai fuori dalla tasca, la porta si aprì e ne uscì un uomo, mi appiattii contro il muro; lui accese una sigaretta e si guardò intorno. Forse il luccichio della lama del coltello attirò la sua attenzione, mi vide e gridò.
“Ehi! Chi c’è là!?”
Lewis, preso dal panico si avventò sull’uomo accoltellandolo, con un grido strozzato il poveretto si accasciò al suolo esanime.
“Che succede?” All’interno della depandence altri si svegliarono accendendo le luci e avanzando verso la porta. Lewis perse completamente la testa, estrasse la pistola e sparò all’impazzata, quindi fuggì lasciando cadere l’arma a terra..
David e i suoi due compari, già all’interno della villa, si bloccarono guardandosi l’un l’altro increduli:
“Che diavolo è successo?”
“Qualcuno ha sparato”.
“Meglio filare!”
Troppo tardi, le luci si accesero, da una camera uscì il padrone di casa seguito dalla moglie,
David li minacciò con la pistola:
“Non gridate o vi uccido”.
Ma da un’altra stanza sbucò un figlio della coppia che si scagliò contro David, Stan gli sparò, Red lasciò l’atrio e corse verso le camere sparando, uccidendo il padrone di casa e la moglie.
I tre, ormai al massimo della confusione fuggirono ma, mentre uscivano correndo David, ancora nell’atrio, sentì una porta aprirsi, sparò senza esitare ma i suoi occhi si spalancarono inorriditi quando videro il corpo di un bambino cadere a terra senza vita.
Ed eccoci qui, nel braccio della morte, processati e condannati a morte per impiccagione.
Ci hanno catturati in due giorni, abbiamo confessato subito, quattro piccoli idioti che volevano fare il colpo del secolo! Sbattuti in cella con manette serrate ai polsi che fanno bruciare la pelle. Penso a mia madre che era ignara di tutto, quando sono entrati in casa per arrestarmi è scoppiata in lacrime; gridava ai poliziotti che ero un bravo ragazzo, che non potevo essere un assassino. Povera donna, morirà di dolore.
Giorno dopo giorno, ora dopo ora vivo nel terrore, sobbalzo ogni volta che sento il rumore di un catenaccio, penso che sia giunta la mia ora, poi mi rendo conto che stanno portando via un altro condannato. Tiro un sospiro di sollievo, ancora un giorno da vivere.
Il catenaccio! E’ la mia cella che si apre, una guardia mi mette le manette ai polsi, sono troppo strette, mi fanno male. “E’ ora”. Mi dice con indifferenza e se ne va chiudendo la cella. Sono seduto sulla sedia, mi appoggio al muro, sono affranto, ho paura! Dopo alcuni minuti la cella si riapre, entra un uomo scortato da una guardia, ha una macchina fotografica. Lo guardo stralunato, non capisco. Gli chiedo:
“Cosa fai?”
“Ti faccio una fotografia”.
“Perché?”
“Sono gli ordini”.
“Fotografi un morto!?”
“Adesso sei vivo”.
Non mi sposto di un centimetro, resto lì fermo, appoggiato al muro freddo guardo dritto nell’obiettivo e penso che chi vedrà questa fotografia penserà che sono vivo, invece sarò morto.
Il fotografo ha finito il suo lavoro, le guardie mi portano via, è finita!.
E pensare che io quella notte non ci volevo nemmeno andare…