Arrivò l’ora di pranzo Fosca stanca morta, anche perché il caldo lì dentro era asfissiante. Finalmente poté sedersi, e gustare qualcosa da mangiare, cominciò ad aprire il suo portapranzo, dove la sera prima aveva preparato della verdura e una fetta di pane, il misero pranzo di una donna succube delle sue rotondità. Mafalda invece dopo due ore che ingurgitava vino e cantava, ormai giaceva con la testa abbandonata sul tavolo. Dalla sua bocca aperta uscivano dei rantoli puzzolenti di alcool, ormai nella stanza non si resisteva.
Fosca arrabbiata e nauseata da quel fetore, richiuse la ciotola del cibo, non riuscì a mandare giù nemmeno un boccone.
“E no,  già è sempre una scansafatiche, oggi questa non la passa liscia!”
Mentre la bella Mafalda ronfava, di soppiatto Fosca uscì dalla stanza. Si avviò lesta nel ripostiglio, e di corsa nei lavatoi.
Imitando la voce della padrona, incominciò ad urlare “Mafalda!!” e intanto bussava alla porta “toc toc!” e continuava a chiamarla.
Mafalda intontita si guardò attorno, Fosca non c’era, vide l’orologio sulla parete che segnava l’una. Gli ci volle un po’ per capire cosa stava succedendo.
Si alzò barcollante dalla seggiola, immaginando la padrona infuriata, andò a sbattere contro la parete, cadendo come una pera cotta. Tra le gambe sentì qualcosa di caldo che scendeva. Con gli occhi sbarrati cercò di rialzarsi ma scivolava sul bagnato, afferrò la seggiola e finalmente si alzò in piedi. Barcollando e con la lingua impastata rispose “Si signora ecco arrivo!”
Finalmente riuscì ad afferrare la maniglia della porta.
La porta si aprì facilmente, si trovò sotto un getto di acqua gelata, mandò un urlo, mentre Mafalda a pochi metri rideva come una matta.”Ecco brutta lavativa che non sei altro, una bella lavata di capo ti ci voleva!”
Fosca aveva piazzato un bel secchio di acqua sulla porta socchiusa.