Cosa sia il punto di vista in letteratura credo che lo sappiamo tutti, ma per partire subito con il piede giusto andiamo su wikipedia e leggiamo che “il punto di vista è, in un testo narrativo, l’angolatura dalla quale si mette colui che narra”.

Semplice, no?

Ma se a noi non piacessero le cose semplici, anche perché abbiamo il sospetto che non dicano tutto, potremmo anche scrivere che

“il racconto è focalizzato o non focalizzato a seconda che esista o meno una restrizione del campo visuale-informativo, e cioè che il racconto si modelli sul punto di vista di uno o più personaggi (ed ecco la focalizzazione) oppure che promani direttamente dal narratore, senza limitazioni dell’ambito percettivo. È il caso, quest’ultimo, del narratore onnisciente che penetra anche nell’animo dei personaggi, ne scruta i sentimenti più reconditi, persino i sogni, le fantasie, le pulsioni inconsce” (A Marchese, L’officina del racconto. Semiotica della narratività).

Va bene, questo tipo di approccio è forse eccessivamente “scientifico”, ma quanti sono i tipi di focalizzazione (o di prospettiva, per usare un linguaggio meno preciso ma più semplice) che possiamo usare in un racconto?

Fondamentalmente sono  tre

Focalizzazione zero

Questa è la prospettiva più ampia ed anche il genere di focalizzazione più diffusa: il narratore conosce ogni particolare dei suoi personaggi e addirittura ne sa più di loro. Stiamo parlando del narratore onnisciente, e il classico più citato in questo caso sono I promessi sposi. È come se il narratore vedesse le vicissitudini dei protagonisti dall’alto e talvolta compie delle intrusioni, anche pesanti, all’interno della narrazione (è il caso di molti passaggi di Guerra e Pace).

In questo tipo di focalizzazione non è presente alcun punto di vista da parte dei personaggi.

Focalizzazione interna

Il narratore assume il punto di vista dei personaggi, pertanto vede, fa e pensa solo quello che vedono, fanno e pensano i personaggi stessi. Sono a focalizzazione interna tutti gli scritti autobiografici, i romanzi epistolari e le opere scritte in terza persona in cui i fatti vengono presentati attraverso l’ottica di uno o più personaggi, come per esempio ne La coscienza di Zeno, di Svevo. I mezzi di espressione maggiormente usati sono il discorso indiretto libero, il monologo interiore ed il flusso di coscienza.

La focalizzazione interna a suo volta può essere:

  • fissa quando i fatti sono filtrati da un unico personaggio, come per esempio nei  romanzi scritti in prima persona con un solo protagonista. Questa focalizzazione può sembrare facile da strutturare, ma è inevitabilmente limitata dal fatto che ogni azione degli altri personaggi è vista soltanto attraverso gli occhi del protagonista.
  • variabile quando i punti di vista adottati sono di più personaggi che si alternano a vivere la scena da protagonisti. È una delle prospettive più usate perché consente di alternare efficacemente prima e terza persona.
  • multipla se i punti di vista adottati sono di più personaggi ma questo avviene contemporaneamente, nello stesso evento.

Focalizzazione esterna

Si tratta del racconto oggettivo nel quale si presenta al lettore l’azione dei personaggi senza mai venire a conoscenza dei loro pensieri o dei loro conflitti interiori.
Il narratore è solo un testimone esterno e riporta gli eventi senza entrare nella testa dei personaggi né esprimere le loro emozioni. Questo tipo di focalizzazione è tipica dei thriller, dei romanzi gialli e di avventura, che attirano il lettore proprio perché vi è un mistero, ed è caratterizzata da frequenti dialoghi in cui i personaggi possono far progredire l’azione senza svelare le proprie motivazioni, riservandole per i colpi di scena finali. Può essere comunque utilizzata anche in opere di diverso genere narrativo (Hemingway era un maestro).Ovviamente quando si parla di classificazioni difficilmente gli studiosi sono d’accordo: il linguista Jean Pouillon propone tre tipi di focalizzazione:

  • visione alle spalle, che corrisponde a quella propriamente detta onnisciente;

  • visione con, quando il narratore racconta in prima o terza persona ciò che vedono i personaggi;

  • visione dal di fuori, quando lo scrittore descrive in modo oggettivo solamente quanto egli vede.

Per non essere da meno Norman Friedman ne propone ben sette:

  • onniscienza editoriale, quando l’autore dà i propri giudizi e interpretazioni sui fatti narrati;

  • onniscienza neutra, quando chi narra, usando la terza persona, rimane in posizione neutrale rispetto al racconto;

  • punto di vista testimoniale, quando il narratore racconta i fatti in prima persona escludendo la possibilità a chi legge di esprimere la propria prospettiva;

  • punto di vista del protagonista, quando il narratore è anche il protagonista;

  • onniscienza multiselettiva, quando il fatto viene narrato da diversi personaggi;

  • onniscienza selettiva, quando la vicenda viene narrata, secondo la sua testimonianza, da un personaggio che non corrisponde al protagonista;

  • onniscienza drammatica. quando l’interpretazione dei fatti narrati vengono dedotti dal lettore da quanto dicono o fanno i personaggi della storia.

Gerard Genette ha sviluppato la moderna analisi narratologica, dalla definizione di ‘”raccontofino all’analisi particolareggiata delle questioni temporali, modali e vocali dello stesso (nel senso dei rapporti tra storia e narrazione e tra racconto e narrazione), ma analoghi interventi sono stati effettuati anche da Roland Barthes e Claude Lévi-Strauss, il primo soprattutto nel campo della cinematografia e il secondo in quello antropologico, ma rimandiamo questi approfondimenti ad altra sede.

Ai nostri fini conviene considerare soltanto la schematizzazione tra focalizzazione interna (con le sue tre sotto-suddivisioni) ed esterna.

La domanda che sorge spontanea è: a che serve conoscere i vari tipi di focalizzazione (o prospettive, o punti di vista)?

La risposta è: a niente e a tutto.

A niente perché quando abbiamo scritto il nostro racconto o romanzo può non interessarci affatto sapere che tipo di focalizzazione abbiamo usato (ma penso che sia arduo scrivere un’opera di un minimo spessore senza avere questa consapevolezza), a tutto perché quando si è in dubbio sull’impostazione dei nostri scritti è utile provare a vedere come un certo tipo di storia si sviluppa secondo l’uno o l’altro dei punti di vista, e spesso è proprio da questo confronto che risulta in tutta evidenza come un metodo sia più conveniente degli altri per rappresentare l’idea che abbiamo in mente.

Per questo motivo credo che sia utile, come esercizio e gioco, esaminare alcuni scritti e provare a variare il loro punto di vista, magari confrontandoli tra loro, analizzandone pregi e difetti per poi pubblicare quelli che vengono meglio come esempio nel laboratorio di scrittura.

Ve ne indichiamo 4, tutti della stessa autrice, la nostra Signora in giallo, Graziella Dimilito.

A voi la scelta!

  1. Il Ricordo
  2. La mano
  3. Un mare di parole
  4. e, per i più audaci:

IL FUGGIASCO di Graziella Dimilito (ispirata da una foto di Gabriella Truzzi)

 

Vi ricordo, per partecipare, occorre aggiungere lo scritto su writermonkey.it nella categoria “Cambio del punto di vista” nel “Laboratorio degli esercizi” di Writer Monkey

https://writermonkey.it/laboratorio-di-scrittura-creativa-esercizi/

oppure cliccando direttamente su questo link una volta effettuato il login

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