La bottega degli artisti si affacciava su un vicolo di Campo Marzio e occupava uno slargo illuminato dal sole di settembre. La ragazzina, con un fagotto tra le braccia, si muoveva curiosa tra i ragazzi sporchi di vernici impegnati nel loro lavoro di disegnatori. Non era mai stata in un posto simile, d’altronde suo padre aveva detto che quello non era un ambiente per una ragazzina, e lei intendeva scoprire perché. «Tu vai, consegni e torni qui subito!» si era raccomandato.
C’erano statue con le braccia e le teste mozzate, un piede di marmo, due bambini che pestavano nei mortai polveri colorate e una donna velata, seduta su un trono di legno con in braccio una bambola di pezza.
La ragazzina si portò la mano alla bocca quando vide due ragazzetti e si affrontavano coperti solo da una fascia sui fianchi, sembravano lottatori ma non si muovevano, quasi non respiravano, e di sicuro tremavano dal freddo. Non era un gesto di stupore il suo, era abituata ai ragazzi che l’estate si bagnavano nudi nel Tevere, ma le veniva da ridere, e non sarebbe stato carino nei loro confronti: dopotutto stavano lavorando.
Gli allievi pittori si impegnavano sulle tele cercando di ritrarre le due scene, ed era meraviglioso quello che usciva dai loro pennelli. Uno di loro la notò «Chi cerchi?» le chiese, lei trasalì e si infilò all’interno della bottega
Qui trovò il suo cliente, anzi quello di suo padre, che stava spostando un basso tavolino di fronte ad una parete spoglia, giallastra come la tela piazzata sul cavalletto. Lo riconobbe dalle spalle ossute che si muovevano sotto la lunga camicia bianca, dalla pelle abbronzata, dai riccioli neri e dal volto da malandrino. Lo sguardo però era buono.
«Ho portato la frutta» quello si girò e senza nemmeno guardarla tolse lo straccio che copriva la cesta e la ammirò con aria soddisfatta.
«Ti piace davvero? Ma è vecchia, e la mela ha anche un verme!»
«E’ perfetta!»
Lei si accoccolò a terra con le spalle alla parete, proprio dietro al cavalletto, si abbracciò le ginocchia e prese a studiare le mosse del ragazzo. Lo vede posare il cestino sul tavolo, cambiare posto alla frutta, alle foglie mezze secche, poi lo vide staccare un grappoletto d’uva impolverata «La vuoi? Ti piace?»
La ragazzina fece cenno di sì e lui le porse la frutta. Lei la pulì con lo straccio e iniziò a piluccarla.
Il pittore tornò al cestino muovendolo avanti e indietro sul tavolo, poi si piazzò dietro al cavalletto, prese la tavolozza già carica di colori e il pennello ma non si mosse. Fece cenno di no con la testa, si avvicinò al tavolino e spostò il cestino proprio sul bordo, in una posizione quasi precaria e così sembrò soddisfatto.
«Sicuro che non ti serve una modella?» lui non rispose «Papà dice che può mandarti la mamma, lei è molto bella, di sicuro più di quella seduta lì fuori» lui sembrò non notarla allora la ragazzina si alzò, si spolverò la gonna, strinse il nodo che le legava i lunghi capelli neri dietro la nuca e gli si avvicinò
«Dovrei riportare la cesta»
Finalmente riuscì a catturare la sua attenzione, lui si girò e la fissò come se le fosse apparsa davanti proprio in quel momento, con la mano le spostò il mento da un lato e dall’altro, poi finalmente le sorrise.
«Quanti anni hai?»
«Dodici messere».
«Puoi dire a tuo padre che gli riporterò la cesta non appena avrò finito, hai la mia parola»
La ragazzina sembrò delusa, fece spallucce e si girò per andare via.
«Non mi hai detto come ti chiami».
«Mi chiamo Lena» rispose lei senza voltarsi.
«Dì a tuo padre che un giorno mi farai tu da modella».
Lena andò via ridendo di cuore.