Gliela avevano regalata i figli per i suoi cinquanta anni. Come tutti i ventenni pensavano che, a quella età, una persona fosse ormai abbastanza vecchietta per dedicarsi a una vita di riposo.

Lei subito rimase un po’ perplessa, si sentiva giovanissima, aveva voglia di viaggiare, passeggiare con il marito per la sua  città, visitare monumenti, andare al cinema.

Quando però vide la bella poltrona di vimini sistemata accanto alla finestra che si apriva sul suo meraviglioso giardino, cominciò a pregustarsi ore di relax seduta a leggere, guardare la TV, ammirare i suoi fiori o semplicemente pensare.

Povera illusa!

Cominciò il marito che scoprì che quello era il posto ideale per leggere il giornale mentre lei preparava il pranzo o la cena.

Se arrivava la sorella a trovarli, avendo lei problemi di salute, veniva naturale sistemarla nel modo più comodo e quale era se non la poltrona di vimini.

Fu poi messa a totale disposizione della nuora, appena rimase incinta e con il suo pancino faceva tenerezza vedere come si godeva quella comodità che la suocera gentilmente le offriva.

E cosa dire quando poi, nata Matilde , si sedeva lì per allattarla: era un ritratto d’autore.

La figlia, un moto perpetuo, non la disdegnava negli attimi che si sedeva per farsi la manicure o tagliarsi le doppie punte.

Le amiche in visita trovavano fosse bello sorseggiare il the e fare due chiacchiere con lei, seduta su una scomoda sedia davanti a loro.

E poi arrivò il nipotino Federico.

Bisognava far posto al seggiolone e la poltrona di vimini diventò un deposito di giocattoli, bavaglini e quant’altro.

Il tempo passava, gli impegni aumentavano e le speranze diminuivano.

Le nuove leve occuparono presto l’ambita postazione: chissà se lei si siederà mai sulla sua poltrona di vimini?

 

 

M arilda Nicolini