Peppino era nervoso, camminava velocemente dalla palizzata del recinto al fienile.
Non riusciva ad afferrare il senso di quella situazione, aveva ricordi confusi e si sentiva le ossa doloranti.
Cosa era successo?
Come era finito in quel posto?
Ricordava la sera prima, o forse qualche sera prima, di aver parcheggiato l’auto dietro casa, di aver spento i fari, di aver aperto la portiera, e poi …
Ecco da allora era tutto confuso, forse anche per colpa di quel bernoccolo sulla testa che pulsava dolorante.
Si ricordava un ambiente buio, ma poteva essere un sacco?
Poi voci di donne, grida risate e dolore, dolore per tutto il corpo.
La cosa strana è che tra quelle voci quella a spiccare era quella della cretina di sua moglie.
Ah ma se le fosse arrivata a portata di mano, gli sganassoni si sarebbero sprecati!
Poi si era risvegliato in quel recinto, e quando provava a chiedere spiegazioni dalla sua bocca usciva soltanto un «Oink, oink.»
Non sapeva a chi chiedere, attorno a lui soltanto maiali, grandi e paffuti, che razzolavano e grufolavano in continuazione. Poi c’erano quelle stregacce.
Ah se avesse potuto mettere le mani addosso anche a loro, che sganassoni!
C’era in fondo al recinto una specie di abbeveratoio, ci si era specchiato Peppino e quello che aveva visto non gli piaceva affatto. Ma di sicuro stava sognando. Ma sì, la solita sbornia; forse un po’ più forte delle altre.
Cosa dicevano le stregacce tra di loro?
Parlavano di cibo, di scope volanti e poi parlavano male di un certo Angel Davil che viveva da quelle parti, che prima era morto, e poi non lo era più.
Di sicuro era un loro nemico, “Allora se è nemico loro – pensava – sarà amico mio.”
Devo fuggire di qui. Devo raggiungerlo, solo lui potrà chiarirmi la situazione.
Qualche giorno dopo, mentre si crogiolava al sole, nel mezzo di una bella pozza di fango Peppino si sentì chiamare.
«Peppino, ehi sono qui. Peppino.»
Da quanto tempo non sentiva pronunciare il suo nome. Girò lo sguardo e sulla palizzata c’era una magnifica aquila dalle grandi ali color del bronzo. Aveva uno sguardo altero e rassicurante, e chiamava lui.
«Sono io Peppino, tu chi sei?»
«Sono la tua salvezza. Qualcuno ha sentito le tue preghiere e ha mandato me per farti fuggire.»
In effetti Peppino non aveva mai pensato ad una fuga. Dove sarebbe andato poi così confuso, nudo e grufolante?
«Dimmi, chi ti manda?»
«Sono l’Aquila Reale di Angel Davil. Appena farà buio infilati sotto la staccionata e dirigiti verso il bosco, io sarò lì e ti guiderò nel castello del mio Signore. Lui é nemico di queste streghe e vuole aiutarti. Fidati Peppino, lui risolverà tutti i tuoi problemi.»
Così quella notte, quando le streghe erano andate a dormire, Peppino di infilò sotto la staccionata, in un punto dove mancavano un paio di assi e trotterellando si avviò verso il bosco.
Che bello sentirsi lontano da quel postaccio maleodorante, finalmente quel buon uomo di Angel David lo avrebbe aiutato, sarebbe tornato il bel ragazzo che era. Per prima cosa sarebbe tornato a casa per prendere a sganassoni la moglie. Ah gli sganassoni. Poi si sarebbe vendicato delle streghe bruciando il loro casale, e poi …
«Seguimi Peppino, in fondo alla valle c’è la collina dove splende il castello del tuo salvatore. Seguimi Peppino e lui cambierà la tua vita per sempre.»
Non mentiva l’Aquila, difatti nelle segrete del castello i servitori di Angel Davil allestivano le celle per i futuri ospiti. La grande Aquila Reale ad uno ad uno avrebbe accompagnato i maiali delle streghe nella loro dimora finale. Tutti poi avrebbero celebrato il Natale con salcicce e cotechini freschi.
(Vedi i retroscena dell’industria ZAC ZAC di Angel David nel capitolo – Una maialata-)
Peccato per Peppino, perché proprio la sera della sua fuga si erano riunite intorno al tavolino per decidere tempi e modalità per far tornare i maiali alle loro case, ovviamente non prima di averli fatti tornare uomini e di averli minacciati per bene.
Se lo avesse saputo Peppino … si sarebbe preso a sganassoni!