Il giorno che ho scoperto il tuo corpo
non conoscevo ancora la tua anima,
eppure mi eri già esplosa dentro,
violenta, e avevi fatto a pezzi
ogni mia abitudine e idea.

C’era il sole, la mattina,
che trapassava i vetri piccoli
e ci colpiva negli occhi.
Mi aspettavi dormendo e non eri fragile,
seppure dolcissima e stanca.

Ho trovato i tuoi occhi in febbraio,
gemme nere nel cielo grigio d’inverno,
e le tue mani a un dipresso,
nell’acqua che muta in neve.
La tua bocca ha radice nel cuore,
e l’ho presa prima di ogni parola,
perché sentivo che mi apparteneva da sempre,
prima di ogni schiudersi della mente.

I tuoi capelli, sparsi sulla schiena nuda e bianca,
li ho conosciuti in un sogno d’inferno,
quando la notte era così cupa e buia
che nemmeno la fiamma viva sapeva vincerla.
là li ho sentiti tra le mani e sfiorarmi il viso.
In quella stanza ho stretto il tuo corpo,
e quel luogo oscuro ha ritrovato vita
dal nostro scioglierci e fonderci.

Lungo vicoli senza nome,
li ho conosciuto il tuo cuore,
ma con prudenza, ché l’aria gelata
mi empiva i polmoni stravolgendo la mente:
nel primo pericolo l’ho conosciuto,
forse col secondo non lo perderò mai.

Intanto la vita sgorga dal tuo petto,
ed esce, gioiosa, esplode, felice,
mi chiama, forse si crede,
forse mi crede, forse ci crede!

Ancora, per sempre mi chiama.