Di cosa è fatta la notte africana? Sussurri, tonfi nell’oscurità, rumori di rami spezzati, grida di uccelli, un ansimare cupo appena fuori dalla portata del fuoco, fantasmi che si aggirano nel buio.
E il ruggito dei leoni in lontananza.
Stretti intorno al fuoco, i viaggiatori aspettavano l’alba. Ogni tanto qualcuno si assopiva, ma i rumori lo facevano sobbalzare e lo svegliavano. Quando le fiamme diventavano meno alte, qualcuno buttava altra legna e subito il fuoco riprendeva vigore.
La donna ferita non aveva più vomitato, ma tendeva ad addormentarsi e veniva tenuta sveglia dal marito e dalla ragazza più giovane, che si era poi rivelata essere la figlia, mentre il suo compagno si aggirava nervosamente intorno al fuoco.
Leonard osservava tutti quei movimenti dalla sua posizione senza parlare, mentre il tedesco aveva finito per cedere al sonno e alla spossatezza. Meglio così, dormire gli avrebbe consentito di recuperare più rapidamente. Ogni tanto qualcuno si alzava per andare ad espletare i suoi bisogni un poco più in là, ma sempre nella zona illuminata dal fuoco.
L’ex mercenario aveva chiarito subito che se qualcuno si fosse allontanato e si fosse messo nei guai lui non sarebbe andato ad aiutarlo, e sapevano che aveva detto la verità.
Quando era la ragazza a passare davanti al fuoco, Leonard intravedeva attraverso la sottile camicia il suo snello profilo, la schiena e la curva dei seni, ma quella vista gli faceva più male che bene, ricordandogli storie passate. Da tempo aveva rinunciato a legarsi con qualcuna ed era ormai troppo vecchio per pensare a mettere su una famiglia. Una mutua assistenza per sostenersi nella vecchiaia? Rise al pensiero: quando fosse stato troppo vecchio per sostenere il fucile ci avrebbe pensato una belva o un qualche balordo a mettere la parola fine alla sua storia, ed era giusto fosse così. Se tutto fosse andato bene tra meno di una settimana sarebbe stato a Capetown, e lì le prostitute abbondavano, come in tutte le periferie africane.
‘Come in tutte le periferie del mondo’ si corresse.
Le ore più lunghe, come sempre, erano quelle che precedevano l’alba, ma alla fine una striscia di azzurro comparve ad oriente, trasformandosi poi rapidamente in viola e infine, lentamente, nel giallo che annunciava lo spuntare del sole.
Pian piano una pallida luce illuminò il gruppo, che cominciò a diventare più attivo. L’arrivo del chiaro ebbe l’effetto di galvanizzare un po’ tutti, che cominciarono ad alzarsi e a stirare i muscoli indolenziti dalla lunga veglia. Chissà come avrebbero raccontato quell’esperienza, pensò Leonard, probabilmente l’avrebbero arricchita di tanti particolari avventurosi, e magari alla fine ci avrebbero creduto anche loro.
Invece era stato un banale incidente automobilistico, anche se l’avventatezza di chi aveva sparato all’elefante li aveva messi tutti a rischio.
L’elefante. Le iene continuavano a disputarsi brandelli di carne, mentre un nugolo di uccelli banchettava sulla sua pancia. Sicuramente gli occhi erano stati la prima ghiotta preda. Tutto ritornava alla natura, ma non era giusto che quel vecchio re della savana fosse morto in quella maniera.
Alzò le spalle: quel che era stato era stato, ormai non ci poteva fare niente. Il suo compito, ammesso che ne avesse avuto uno, era quello di portare in salvo quegli sprovveduti, ed era quello che aveva fatto. Finora.
A quel pensiero si guardò intorno, esaminando i suoi compagni. Schneider si stava svegliando e sembrava in buono stato, segno che la gamba fratturata aveva smesso di fargli male. Addirittura fece un tentativo di alzarsi tenendosi ad un albero, ma una fitta improvvisa lo costrinse a restare giù.
Però mancava un uomo.
«Dove è andato il suo compagno?» chiese alla ragazza.
«Mio marito? Credo che sia andato dietro alle rocce per fare i suoi bisogni».
Leonard si alzò di scatto.
«Cosa succede?» chiese la donna, «non ci sono animali pericolosi, qui intorno!»
«I serpenti, maledizione! Nelle prime ore del mattino sono ancora intorpiditi dal fresco della notte, ed è facile arrivarci addosso senza che abbiano il tempo di allontanarsi!»
La donna rimase senza parole, ma proprio in quel momento l’uomo stava tornando al campo, sorridendo.
Vedendolo arrivare, la tensione si allentò, ma quando era a pochi passi dall’erba battuta un improvviso fruscio si fece udire e un serpente verdastro si alzò e colpì, rapido come una frustrata. Il turista, per difendersi, aveva messo istintivamente un braccio davanti al volto, e fu lì che l’animale piantò i denti. Con un urlo l’uomo ritrasse il braccio, mentre il serpente si allontanava.
«Mi ha morso!» urlò, rivolto a Leonard, «cosa sta lì impalato? Gli spari!»
Ma l’ex mercenario e il tedesco, che nel frattempo si era sollevato a sedere, non dissero una parola.
Erano rimasti impietriti ad osservare la scena, ed adesso il loro sguardo era fisso sull’uomo.
«Cosa c’è da guardare? Era solo una biscia di un paio di metri e…»
Non aveva ancora finito di parlare che stramazzò al suolo.
«Aiuto! Aiutatelo! Fate qualcosa!» urlò la donna che era sua moglie.
Schneider si voltò verso di lei.
«Mi dispiace, signora, ma quello era un mamba. Nessuno sopravvive al suo morso.»
«Non hai del SAIMR, vero?» gli chiese Leonard.
«Non qui, quella roba deve stare al fresco».
L’uomo si muoveva ormai debolmente, le neurotossine del veleno avevano raggiunto i centri del respiro e i polmoni si stavano fermando.
La ragazza corse verso di lui piangendo e si accasciò sul suo corpo.
«E’ l’anima dell’elefante», disse Schneider.
«Era stato lui a sparare?»
«Sì».
«Allora amen, è l’Africa che ha voluto la sua giustizia».
Leonard accarezzò il suo fucile.
«Peccato», disse, «speravo di riuscire a portarli tutti in salvo».
«Hai fatto anche troppo: ci hai salvato la vita».
Ormai il disco rosso del sole si era levato sull’orizzonte, presto quell’avventura sarebbe finita.
«Senti, Leonard…»
«Sì?»
«Se volessi restare qui con noi credo che ne saremmo tutti contenti, a cominciare da Grossman».
L’ex mercenario scosse la testa.
«Ti ringrazio ma non sono fatto per fare da balia a questa gente. Preferisco fuggire».
«Fuggire da cosa?»
Leonard rise.
«Dalla vecchiaia, anche se temo che prima o poi finirà per prendermi!»
Il tedesco si unì alla risata, e i turisti si voltarono verso di loro, non capendo quello scoppio di ilarità a pochi attimi dalla morte di un uomo.
«Dai!» disse Leonard facendo un gesto ad Obi, che era rimasto a metà strada tra loro e il gruppo di ospiti, «copriamo in qualche modo quel disgraziato, prima che si riempa di mosche. Tra non molto i soccorsi saranno qui!»
Ormai il sole era alto sulla savana, anche se era ancora mattino. Gli animali trotterellavano verso il guado per abbeverarsi, pronti a fuggire se avessero percepito qualche pericolo.
Iene e uccelli si contendevano il cadavere dell’elefante mentre si era levato alto il frinire dei grilli.
Un’altra giornata era cominciata sotto l’immenso cielo africano, un uomo era morto, da qualche altra parte forse qualcuno stava nascendo.
‘La vita va avanti’ pensò Leonard, vedendo in lontananza la nuvola di polvere sollevata da alcuni automezzi che sopraggiungevano lungo la strada in terra battuta.
Poi appoggiò il mento alla canna del fucile e finalmente si assopì.