Ancora il Tirreno, ancora tramonti a rinvangare ricordi di estati sottopelle, involucro ambrato di volti mai del tutto dispersi. Che ne sarà di loro? Meglio non sapere. Meglio tenerli lì, sorridenti davanti ad un falò a fare inutili strategie di conquista: perché, si sa, il gioco era fatto dai primi timidi istanti. Sguardi, visioni, accenni di sorrisi che lasciavano confusi, emozionati come solo le prime volte. Rari gli abili stravolgimenti a quell’età, in cui si è ancora privi di storia e di vissuto da spendere, compensati dall’ingenuità e la meraviglia di freschi incarnati, e soprattutto dall’abilità di lasciarla esplodere tutta la gioia. Fino all’ultima goccia. Senza i limiti imposti da chi poi si è scelto di diventare, o ci hanno imposto di diventare, o ci è capitato di diventare. Meglio lasciarli sottopelle, per sempre odorosi di salsedine, per sempre felici, per sempre in divenire. Io sono qui, tuttavia, ancora oggi, con chilometri di vita addosso, ogni giorno a scopire mi mancavano le lunghe estati al mare. Quelle che non finiscono mai. Che alla fine un po’ quasi ti stufi, ma mai sul serio. Che poi basta un tuffo in un bel mare. Anche uno solo al giorno. Un aperitivo al tramonto basta, anche da sola, mi basta per essere felice. Meglio se c’è la musica. E poi il mare lo senti dentro agli occhi. E dentro il naso. E sulla pelle. E poi sono queste le cose che mi fanno sentire bene. Queste cose qui.