Esterno giorno – Parco di Villa Gordiani, Roma Est.
Cupid riposa esausto su un rudere dell’antica casa patrizia, dopo aver scagliato a desta e a manca tutte le sue frecce. Quando mi scorge, seduta su una panchina intenta a sbocconcellare un enorme maritozzo con la panna, vola nella mia direzione e inizia a ronzarmi attorno. Il dio dell’amore è diverso da come lo immaginavo: piccolo e grassottello, con due alucce celesti e la voce piccina.
Cupid: «Sembra buono.» Mi approccia indicando il maritozzo.
Io: «Non sembra, lo è!» Esclamo con la bocca piena.
Volteggia sospeso all’altezza del mio viso, così vicino che lo sento sospirare. Immergo un dito nella panna per offrirgli un assaggio.
Cupid: «Grazie, non posso, sono in servizio.»
Io: «Ho notato che non hai più frecce nella faretra, tecnicamente hai terminato il tuo turno.»
Cupid:«Mi sono fatto prendere dall’entusiasmo, ma oggi è una giornata speciale.» Malizioso mi strizza un occhio.
Lo tento di nuovo con la panna, ma lui fa cenno di no col capo.
Cupid:« Ma anche se non ho più frecce stacco comunque sempre a mezzanotte, Turni lunghi a San Valentino.»
Io: «Ma senza attrezzatura come proseguirai la tua mission?»
Cupid: «Le frecce non sono indispensabili, le sostituisco con le atmosfere e i paesaggi.»
Io: «Davvero? Questo è uno scoop, immagino che nessuno lo sappia.»
Lui sorride sornione, lasciandomi intendere che sulla faccenda la sa davvero lunga.
Cupid: « Scagliare dardi, però, è molto più divertente e meno laborioso.»
Mentre mi lecco le dita dalle briciole del maritozzo lui si è seduto sulla spalliera della panchina. Fa freddo, ma sullo sfondo dirama una luce tenera, primaverile, e un passerotto canta una romanza d’amore ad una passerottina, affacciata ai rami più alti dell’acero davanti la panchina.
Io: «Ma guarda che mattinata fulgida sta venendo fuori. Opera tua?»
Cupid: «No, figurati, so far di meglio.»
Io: «Ad ogni modo anche così è bello.»
Traggo dalla borsa il cellulare ed inizio a scattare foto: alla luce, ai passerotti ed anche a Cupid che si mette in posa e sorride.
Nello scatto la sua immagine però non appare.
Sono delusa anche se un p’ me lo aspettavo.
Cupid: «Non ti sei persa niente: non sono fotogenico.»
Io: «Se per questo neppure io.»
Ridiamo.
Cupid: «Sei single?»
Io: «Dovresti saperlo.»
Cupid: «No, mica posso conoscere lo stato civile di tutti i miliardi abitanti del pianeta.»
Io: «Allora quando scagli le tue frecce i bersagli sono casuali?»
Cupid:«Più o meno.»
Io: «Ora si chiariscono un bel po’ di cose!»
Cupid: «Sei delusa?»
Io: «Direi confusa, perché se questo spiega il colpo di fulmine crea, però, zone d’ombra riguardo le affinità elettive.»
Cupid: «Comunque non mi sembra un tuo problema, visto che sei single.»
Rilevo un tono ironico e mi pongo sulla difensiva.
Io: «Cosa vuoi dire?»
Cupid: «Niente di più di quello che ho detto.»
Io: «Eh no, adesso mi spieghi.»
Cupid: «Cosa devo spiegarti?»
Io: «A cosa alludevi quando hai detto “non è un tuo problema, visto che sei single”»
Cupid: «Che, in quanto single, la faccenda non ti tocca. Noi angeli non usiamo i doppi sensi.»
Io: «E pensi che ti creda…così…sulla parola?»
Cupid: «Se non mi credi me ne farò una ragione. Ad ogni modo ho terminato la mia pausa. Ti saluto.»
Sta per involarsi, ma io riesco a trattenerlo per una gamba
Io:«Non vai da nessuna parte se prima non chiarisci cosa intendevi con…»
Cupid: «Che sei un caso impossibile! Ti basta come spiegazione?»
Scuote le piccole ali, si libera dalla mia presa e sparisce alla vista.
Ma io gli urlo dietro: «Sei come tutti gli altri uomini che quando non avete argomenti vi date alla fuga.».
Sono perplessa e delusa da questo incontro con Cupid. Non era così che immaginavo il dio dell’amore: fuggente, approssimativo ed anche un po’ fanfarone. Esattamente come i miei ex.
E chissà poi cosa veramente intendeva quando ha detto: sei un caso impossibile!