Maledizione! Lo sento nell’aria che arriva, che sta per ricominciare, penso mentre prudente mi guardo intorno e vedo occhi spauriti affiorare dalle mascherine come barche alla deriva in un mare ancora silenzioso ma già gonfio per l’imminente tempesta.

Fuggenti, si volgono altrove, attraversati da pensieri che intuisco simili ai miei.

Sembra il replay di un incubo appena lasciato tra le lenzuola e, lo confesso, ho tanta paura di trovarmi indifesa difronte a tanto.

Vorrei trovare protezione, qualcuno che mi consoli e racconti una di quelle favole in cui si sa che tutto andrà a finir bene.

Così ho deciso: ci vuole organizzazione, mi costruirò intorno un bel muro di cinta, un bunker contro questo invisibile nemico.

E sono qui per questo, per acquistare mattone dopo mattone la mia difesa, l’unica cosa che possa fare e che mi dia una briciola di serenità.

Mi dirigo al reparto lieviti e farine&C e noto un anomalo afflusso di carrelli in quella direzione, segno che in molte abbiamo pensato la stessa cosa. Sarà quindi meglio che mi sbrighi…

«Ciao Laura», mi fa una voce alle spalle.

Accidenti! Mi sa che sia proprio Elide, la collega che si è trasferita tre anni fa presso un’altra sede, con mio grande e malcelato giubilo.

Sì, è lei.

Ma come cavolo m’ha riconosciuta da dietro visto che di recente ho cambiato tinta e taglio ai capelli? Ci mancava solo leipenso preparandomi forzatamente al sorriso.

«Ehi, carissima…».

«Ti ho riconosciuta dalla borsa e dalle scarpe. Mi sono detta : ma quella non è… ma sì, anche la giacca è quella. Dev’essere lei».

«Sì… dici?». In effetti ha ragione ma io le cose in buono stato non le getto via visto che lavoro duramente per acquistarle.

«E poi ti trovo dimagrita, hai sfilato il viso, sembri più matura! Ecco, sì, assomigli tutta a tua zia Caterina».

Accidenti quanto sei velenosa! Le mie scarpe saranno pur vecchie e forse le stesse ma anche tu sei sempre la stessa vecchia odiosa vipera. Con tutto il Covid che va in giro, ci mancava pure una dose del tuo veleno! E poi… più mature ci sarete tu e tua nonna, penso fingendo di non aver colto perché non ho affatto voglia di infilarmi in un duello da cui uscirei sicuramente con le ossa rotte.

«Che brutti tempi!» aggiunge ancora .

«Già, bruttissimi. Sei forse stata malata di coronavirus?», osservo notando il suo pallore tendente al giallognolo.

«Oh, no di certo, sto benissimo. Però intorno a me c’è stata un’ecatombe».

Ecco, ora mi racconterà tutto con dovizia di particolari. Ma perché non so starmene zitta?

Ed infatti…

«Prima mia suocera poi mio suocero sono stati portati via e se ne sono volati in cielo. E poi è toccato alla mia vicina dirimpettaia con tutta la famiglia ma loro dopo tre mesi di ricovero ospedaliero sono guariti».

«Accidenti! Immagino che tragedia…».

«E quando mi sembrava fosse passata l’ondata cattiva, anche mio marito, mia cognata, mia sorella e…».

«E tu?».

«Niente assolutamente, neanche uno starnuto o un minimo rialzo di temperatura».

«Be’… un caso eccezionale, direi» e intanto penso: e lo so io il perché. Perché sei covid-repellente. Sei talmente velenosa che pure il virus preferisce girare alla larga da te.

E mi compiaccio con me stessa per questa originale teoria che andrebbe opportunamente valutata.

Se validata, si potrebbero organizzare dei corsi di perfidia ed illazione tesi ad attivare i neuroni della zona malefica dell’encefalo addetta a stimolare la produzione di anticorpi ‘elidei’. Non sono una neurologa, certo, ma gli esperti potrebbero indire un convegno internazionale su: metodi empirici e non di protezione anti-covid19 e tutti parlerebbero di me come fulgido esempio di italica genialità…

Già mi vedo nominata premio Nobel per la medicina 2021 e, a tale pensiero, poco opportunamente sorrido mentre lei mi sta sciorinando il bollettino necrologico covid di mezza città.

Ma la malefica ha captato l’anomalia del mio umore da come la guardo ed infatti ora tace, mi guarda perplessa.

«Mi fa molto piacere che tu ne sia restata fuori», mento cercando di spacciare il mio sorriso celato dalla mascherina per soddisfazione in merito al suo stato di salute.

Intanto controllo la scaffalatura dei lieviti in quanto desidero fare una bella scorta di quello di birra secco perché nel mio bunker intendo panificare sfornando pizze e pagnotte di tutti i tipi che manco un mastro fornaio potrebbe mai.

Però la conversazione sta facendomi perdere tempo ed intanto alcune signore come cavallette stanno vuotando la scatola delle buste di lievito.

Vedo che ne restano forse un paio.

Elide nota il mio sguardo in quella direzione.

« Ma che maniache fifone! Non trovi anche tu che molta gente esageri e si comporti in modo ridicolo? Tutte fissate col lievito!».

Annuisco e poi «Hai ragione, tanta gente è impazzita, ha proprio perso il senso della misura».

«Ma tu cosa dovevi prendere in questo reparto?»

«Niente… debbo prendere le gocce di cioccolato per fare i biscotti», rispondo.

«Ah, bene allora così queste due ultime buste di lievito le prendo io. Non si sa mai».

Le mette nel carrello e mi sorride d’un sorriso al limone.

Poi mi saluta e se ne va.

Così io resto qui a darmi della cretina , della maledetta imbecille.

M’ha fregata quella maledetta strega, ogni volta riesce a farmi bollire il cervello e mi provoca qualcosa qui, allo stomaco.

Qualcosa che ora lievita, lievita, lievita.

 

Foto presa dal web.