John e Mary li ho incontrati per la prima volta in una giornata d’affanno in cui andavo troppo di fretta per espletare i convenevoli del galateo, così mi sono limitata ad un saluto sbrigativo, ripromettendomi, però, di non perderli di vista.
Invece ho perso le loro tracce.
Ma non poteva essere altrimenti visto che non hanno fissa dimora e la loro casa è la strada.
Così dopo aver invano, per qualche giorno ancora cercato di rintracciarli, ho alla fine rinunciato.
Chissà poi dov’erano finiti nel frattempo, che il mondo è sterminato e la finestrella del mio video, sia pur dotata di una visualità ad ampio raggio, non mi permette di esplorarlo nella sua intera ampiezza.
Oltretutto, la pazienza, in questo particolare periodo non è la mia virtù principale.
La fugace apparizione di John e Mary mi aveva però fornito di un buon spunto di scrittura, che io non intendevo assolutamente mandare sprecato.
Ho così lavorato sui particolari che ricordavo, rifinendoli di fantasia e assemblando il tutto nei capitoli qui pubblicati.
…poi stamani, mentre sorseggiavo il primo caffè, godendomi lo stato di grazia in cui m’ero risvegliata dopo una notte intera di sonno, ecco che qualcuno bussa, con eccessiva foga, alla mia porta. Mi appresto ad aprire con l’intenzione di mettere al suo posto lo scocciatore mattiniero e, con grande sorpresa, mi trovo davanti proprio loro due, John e Mary.
…e non sono affatto in vena di convenevoli.
Noto che Mary è molto diversa nell’aspetto da come la ricordavo.
Il foulard che le copriva interamente il capo ora è usato come fascia a trattenere la massa straripante e riccioluta dei suoi spettacolari capelli rossi.
Ma non è solo il dettaglio dei capelli a farla sembrare diversa, perché in lei ora traspare una inedita, gradevole morbidezza, in quella sua fisicità, fino allora, spigolosa.
– Accidenti, Mary, ti trovo straordinariamente bene, Sei più bella di come ti ricordavo. Sono davvero felice per te, anzi…per voi –
Mi rivolgo sorridendo verso John che, però, non ricambia il sorriso.
…e questo un pò mi preoccupa.
Perché John, per come lo ricordo io, è un tipo gentile, molto cordiale.
Soprattutto con le donne.
– E come va la vita di coppia? – Azzardo la domanda cercando di rompere il ghiaccio e capire il perché di quella freddezza. Mi sarei aspettata, da parte loro, un pò più d entusiasmo, visto che sono io l’artefice della loro felicità.
– Aspetto un figlio – Risponde Mary, fissandomi negli occhi.
– Ma è meraviglioso. E’ una notizia fantastica. Ecco perché mi sembravi così diversa, la gravidanza ti dona, sei diventata ancora più bella. Dovremmo festeggiare, non credete? –
Sorrido ad entrambi, predisponendomi ad andare a prelevare dal frigo la bottiglia di “Moet & Chandon” tenuta in serbo nel caso ci fosse stato, un giorno, qualcosa d’importante da festeggiare.
E cosa, più dell’arrivo di un neonato, merita le bollicine dello champagne?
– Siediti, che dobbiamo parlare –
Il tono di Mary sgonfia ad una ad una le ipotetiche bollicine che già immaginavo frizzare nei calici.
– Sono incinta – Ribadisce asciutta.
Io mi limito educatamente ad annuire. Fin qui è tutto chiaro.
Ma quello che aggiunge dopo mi destabilizza.
– Ed è solo tua la responsabilità – Il suo tono di voce è molto serio.
– Mia?- Ripeto stupita
– Come può essere mia la responsabilità di questo bambino concepito da voi due!- Replico incredula
– Sei tu che hai dato corso al tutto, è quindi è interamente tua la responsabilità di ciò che è avvenuto – Replica asciutta
– Io vi ho lasciato in quella stanza a scambiarvi confidenze, abbracci e innocui bacini…anzi no, questi non li ho neppure menzionati. E alla fine v’addormentate l’uno fra le braccia dell’altra. Fine della storia, che non prevede nessun dopo. –
Meno male che la trama, così recente, me la ricordo bene.
John mi lancia un’occhiata malandrina, e il suo sorriso sghembo sottintende un’altra versione.
– Io non sono responsabile di quello che i miei personaggi combinano dopo il capitolo finale – E stavolta sono io ad essere arrabbiata
– Lo scrittore è per tutta la durata della sua vita responsabile dei percorsi e delle azioni dei suoi personaggi. Responsabilità che non ha scadenza. Troppo facile, mia cara, il ruolo di deus ex machina, Così divertente, ed eccitante, programmare e decidere le sorti dei protagonisti e poi, dopo l’ultimo capitolo, abbandonarli al proprio destino. Eh no, non funziona così! – Controbatte Mary, che da prova di un’ottima, seppur aggressiva, facondia oratoria
– Anche tu, John, pensi che sia d’attribuire esclusivamente a me, tutta la vicenda? – Chiedo sarcastica
Lui si limita ad alzare le spalle e guardarmi con simpatia. Eppoi la sua risposta coincisa, che pone fine ad ogni discussione: sapevi chi ero!
Oh certo che lo sapevo, ma questo però non lo giustifica. Insomma, è evidente che, seppur tra le righe, si leggeva la sua predisposizione al riscatto dal suo burrascoso passato di dongiovanni.
– Ok, cosa volete che faccia?- Alzo le mani in gesto di resa
– Procuraci un posto dove stare. Un bambino ha bisogno di un tetto, non può certo vivere all’addiaccio. Eppoi un lavoro per John. Un neonato ha bisogno di cose indispensabili e noi vogliamo che le abbia. Niente altro. E’ questo l’ultimo, definitivo capitolo. Da questo momento in poi ti liberiamo da ogni altra ulteriore responsabilità nei nostri riguardi visto che ti sei dimostrata completamente inadeguata, e gestiremo da soli i nostri sequel. E la prossima volta, quando scrivi una storia, cerca di essere meno fantasiosa e più attenta a valutare le possibili conseguenze a cui esponi i tuoi personaggi. Più pragmatica e meno immaginifica – Mi suggerisce Mary prima di uscire definitivamente di scena.
Lo scrivere, per me, non è vivere nel virtuale, ma in questo mondo reale dove non solo ESISTO ma CREO. E' una sensazione meravigliosa che non m'avvicina a Dio, ma a me stessa. (Marilena Migiani) Mi sono innamorata da bambina della parola pensata, del suo potere evocativo, magico. Nel mio vocabolario di allora pochi termini, molto elementari e forse con gli accenti sbagliati, ma capaci di strapparmi a quella solitudine che troppo spesso si tramutava in pianto, e spalancare finestre su mondi fantastici o semplicemente meno desolanti. Pensavo le parole e le vestivo di colori, così come vestivo la mia bambola (avevo una bambolina minuscola, molto essenziale, alla quale confezionavo gli abiti con la carta delle caramelle). Le mie parole evocative avevano odore di caramella. Le parole, anche quelle silenziose, quelle solo pensate, annullano il vuoto opprimente della solitudine. Questo devo aver intuito da bambina, così m'inventavo una favola, ed il finale era sempre bello (a quel tempo credevo ancora molto al lieto fine). Quando non inventavo elaboravo le storie sentite, le stravolgevo, le rendevo diverse da quello che erano in origine. Difficilmente accettavo la storia così come mi veniva proposta: dovevo vestirla con una carta di caramella, e solo io potevo deciderne il colore e il sapore. Ho sempre scritto da quando ho imparato a tenere la penna in mano. Poi c’è stata una lunghissima interruzione dovuta alla nascita di mio figlio, non solo per gli impegni della maternità ma anche perché scrivere e riporre le storie nei cassetti lo trovavo deprimente, perché chi scrive vuole essere letto. Ho ripreso in età ormai adulta, dopo molteplici vicissitudini esistenziali e durante il periodo più buio della mia vita, quello della depressione, su suggerimento dello psicologo e spronata da mio figlio. Scrittura terapeutica. E per me salvifica. Nel gennaio del 2008 ho aperto il blog “Antro Della Strega” che all’inizio era soprattutto diario on line e poi è diventato anche il quaderno dei miei racconti. Se non ci fosse stato internet credo che non avrei più scritto. La blogosfera mi ha dato modo non solo di pubblicare ma anche di conoscere ed entrare in contatto con altre realtà, confrontarmi con esse ed ampliare la mia visuale sul mondo. E sulla scrittura. … e se all’inizio, e per lungo tempo, il colore della mia scrittura è stato bianco rosso e nero, contaminazione dark nelle pagine del mio diario e nei miei primissimi racconti, poi, nel corso degli anni, e sul filo della mia evoluzione personale, è diventata a colori (perfino con inclusioni al neon), fino al più recente bianco e nero, nella tonalità brillante delle pellicole dei vecchi film restaurati per la visione di un pubblico nuovo. E’ per quel pubblico che scrivo e continuerò a scrivere.
In questi casi, generalmente significa che il proprietario ha condiviso il contenuto solo con un gruppo ristretto di persone, ha modificato chi può vederlo oppure lo ha eliminato.
In questi casi, generalmente significa che il proprietario ha condiviso il contenuto solo con un gruppo ristretto di persone, ha modificato chi può vederlo oppure lo ha eliminato.
A parte gli oscar però, per chi è stato ragazzino (e ragazzina) negli anni 80, da giovane è stato un idolo in commedie romantiche come Splash e Big. Certo non sono paragonabili al Miglio Verde, ma molti grandi attori in fondo hanno iniziato così.