Milano-New York e ritorno.
La sfilata e il jet lag l’hanno distrutta. Ancora un’altra serata appresso alle modelle e l’avrebbero raccolta con un cucchiaino. Ha dato un giorno libero a Suzanne, la domestica, sente il bisogno di godere di un po’ di solitudine. Appena varca la soglia del suo attico in via Monte Napoleone si sfila le décolleté provando un brivido di piacere immenso al contatto dei piedi nudi sul parquet. La Patty Mandy Fashion ci ha fatto una fortuna con quelle scarpe. Un’intuizione fortunata e la passione per la ricercatezza ne hanno fatto un brand di successo. Il tubino nero in cady scivola docile prima da una spalla, poi dall’altra prima di adagiarsi sul pavimento. Un mucchietto di seta liquida che va a raggiungere le scarpe. Le mutandine e il reggiseno fanno la stessa fine poco più avanti, mentre si dirige in cucina in cerca di un flûte da riempire di champagne. Un bagno nella vasca idromassaggio e quattro gocce d’olio essenziale di Argan, non le serve altro. La carezza morbida della schiuma l’avvolge e la consola eppure… Eppure c’è qualcosa che non va. Ma cosa? Eccola là, una, due, tre volte, la palpebra dell’occhio sinistro che si contrae. È sempre stato così da quando ha ricordo di se. Una specie di campanello d’allarme della disarmonia. Lo sguardo vaga intorno in cerca della causa di quel tic nervoso quando all’improvviso squilla il cellulare. Ha dato disposizioni ben precise alla sua segretaria personale:
«Non voglio essere disturbata per nessuna ragione al mondo a meno che non vada a fuoco l’atelier!»
Solo due persone hanno quel numero ed escludendo un incendio non può che essere The Boss. Sa che è tornata da poco e non la disturberebbe se non fosse importante.
«Ciao Hillary, dimmi pure. Una riunione? Ok, dammi mezz’ora e sono da te.»
Una manciata di minuti dopo stacca dell’armadio il tailleur d’ordinanza delle occasioni speciali e quella, ci scommetterebbe, è una chiamata che richiede una mise con i controfiocchi.
Scarpe e borsa in tono, e una nuvola di Parfume De Femme a completare l’opera. È pronta ma prima deve dare pace a quell’occhio ballerino.
«Pronto Suzanne? Abbiamo un problema in bagno che va risolto. Crema mia cara, crema dev’essere il colore della carta igienica. Lo sai che con il verde malva delle mattonelle il bianco perlato stona, è una questione di stile.»
Ecco, si sente meglio. Il tic è scomparso, può darsi una spazzolata di Rimmel e pregare di non trovare traffico. Davanti alla WM Editions un parcheggiatore in livrea la sta aspettando, gli lancia le chiavi della sua Lamborghini e vola letteralmente all’interno del palazzo di vetro. Cerca di evitare di passare davanti al bancone tirato a lucido dell’ingresso, ma Demetrio il portiere la intercetta e si sbraccia a salutarla. Fisico asciutto e una pelata portata con disinvoltura. Le muore dietro da sempre, da quando lui aveva una zazzera alla Caparezza e lei disegnava nel sottotetto di una casa in periferia. Non lo ha mai incoraggiato ma sa con assoluta certezza che sono sue le poesie d’amore infilate nei tergicristalli della sua auto. Un cenno appena con la mano e di lei gli rimane soltanto la scia del profumo mentre si allontana. «Chissà se sono arrivati tuttii?», si chiede mentre schiaccia ripetutamente il bottone dell’ascensore. Dopo un tempo che le pare infinito il led della pulsantiera diventa verde e si appresta a entrare.
«Salgo anch’io…»
La voce di Hillary alle sue spalle la coglie di sorpresa.
«Dunque non sono l’ultima», pensa con sollievo facendosi di lato per farla passare. È questione di un attimo prima che l’occhio sinistro cominci la sua danza. Avrebbe sentito meno dolore se un tir le fosse passato sopra. Deve appoggiarsi al muro per non cadere. Fasciata da un abito di jersey anonimo accompagnato da un altrettanto insignificante paio di scarpe The Boss la guarda con aria interrogativa, sta per chiederle qualcosa ma lei la blocca con la mano.
«Come hai potuto?» riesce a dire.
«Come ho potuto cosa?»
«Come hai potuto tradirmi così? Cos’è quella roba? Ti ho sempre vestita io, sei il mio testimonial, la mia musa…»
«Ma veramente io non capisco…»
«Ho curato ogni dettaglio della tua immagine, ogni piccolo particolare che ti rendesse unica… e ora guardati! Fammi passare, non intendo rimanere un attimo di più.»
Le lacrime pungono forte mentre si allontana. Passando davanti a Demetrio l’occhio sinistro si è contratto più volte. L’uomo incredulo ricambia l’occhiolino.
«Ci mancava solo questo», pensa mentre lo scansa guadagnandosi l’uscita. Ha bisogno d’aria. D’aria e di allontanarsi da lì.