“Vado a pulire il bagno”
“Ma lo hai pulito da dieci minuti”
“Nel frattempo è entrata una ragazza e non ne esce più. Sono un po’ preoccupato”
“Allora perché non mi dici la verità?”
“Lei, signora Cesarina, ogni volta che metto un po’ di più a disposizione il bagno, si arrabbia”
“E lo credo! Vai a vedere, vai che questo bar è diventato una latrina pubblica”
Mi dirigo al bagno, busso, ma non mi risponde nessuno. Cerco di aprire la porta, non è chiusa a chiave, ma fa una certa resistenza. Così ci metto più forza a spingere e finalmente la porta si apre. Resto a bocca aperta. La scena che vedo è davvero raccapricciante. La ragazza è distesa a terra e accanto a se c’è una siringa appena usata. Pare che respiri ancora. Deve essere solo svenuta. Cerco di rianimarla, ma non riesco. Così corro dalla signora Cesarina che mi guarda allarmata.
“E’ una tossicodipendente” dico
“E’ svenuta. Dobbiamo chiamare subito il 118”
L’ambulanza arriva presto. Il personale sanitario adagia la ragazza in barella, la carica sul veicolo e poi parte a sirene spiegate.
Noi ritorniamo al nostro lavoro, anche se molto scossi per ciò che è accaduto. La signora Cesarina dice che vuole fare installare un nuovo sistema di illuminazione al bagno, per impedire che avvengano queste cose. Le rispondo che è una buona idea.
Dopo qualche giorno mentre sono intento a spazzare il marciapiede antistante al bar, vedo arrivare la ragazza che qualche giorno prima si è drogata nel nostro locale. Indossa una tuta informe, calza scarpe da ginnastica di pessima qualità e ha i capelli arruffati. Viene verso di me e sorridente mi dice: “Sono venuta a ringraziarti, mi hai salvato la vita”
“Pensa a salvarti la vita da sola, non facendo uso di quelle sostanze” le dico.
Abbassa la testa e mi domanda: “Come ti chiami?”
“Vincenzo, e tu?”
“Arianna. Vorrei sedere al bar” dice.
“Per me fai pure, ma se la signora Cesarina ti riconosce, fa una delle sue solite scenate e ti butta fuori”.
Così siede in un angolo della sala all’aperto. Ordina una birra che beve tutta d’un fiato, fumando poi una sigaretta dopo l’altra immersa nei suoi pensieri. Come mi aspettavo la signora Cesarina la riconosce, ma le dice:
“Se vuoi, qui puoi stare, ma non si deve ripetere quello che hai fatto l’altro giorno”
“Non si preoccupi, signora, non lo faccio più”
Dopo poco Arianna si alza, mi saluta e se ne va. I giorni seguenti viene sempre al bar, consuma e va via poco dopo. Ma un giorno, dal momento che mi dispiace vedere Arianna così sola, le dico: “Io ho finito il mio turno di lavoro. E’ una bella giornata, vuoi venire a prendere un po’ di sole al parco Trentani?”
“Volentieri” mi risponde.
Così insieme, con la mia panda, raggiungiamo il parco. Ci sediamo all’ombra di una quercia perché c’è troppo sole e io senza preamboli le dico: “Ti droghi perché hai problemi in famiglia?”
“No, la mia famiglia non è molto problematica. Mio padre è un assicuratore e mia madre lavora in un asilo nido e si amano. Diciamo che l’unico problema che ho avuto con loro è che mi hanno sempre ignorata.”
“Allora è per questo, che hai iniziato a drogarti?”
“Ti voglio raccontare la mia storia perché sei un bravo ragazzo e ispiri fiducia. Non ci crederai. L’ho fatto per imitare gli altri. Qualche anno fa frequentavo il liceo artistico, una scuola molto alternativa, dove la droga era all’ordine del giorno. Io non volevo sentirmi da meno rispetto ai miei compagni di scuola così iniziai a fumare spinelli. Con loro lo facevamo prima che suonasse la campanella, seduti sul muretto della Mole Adriana. Di spinelli arrivai a fumarne anche cinque o sei ogni giorno, anche da sola, a casa.”
“Anche io, a scuola, ero circondato da gente che si drogava. Ma a me lo sballo non mi ha mai attirato”.
“Beato te! A me, invece, piaceva stare più sballata che normale”
“Come passasti alla droga pesante?”
“Mi innamorai di Giovanni, un noto tossicodipendente della scuola che stava cominciando a non frequentare più le lezioni, per questo problema”
“E dove lo incontravi, se a scuola non veniva?”
“A casa sua. Abitava in una traversa di via del Corso e insieme ai suoi, gestiva un negozio di mercerie dove ogni tanto, per guadagnare un po’ di soldi, lavorava. Io dopo la scuola lo andavo ad aiutare per vendere nastri, bottoni e passamanerie”
“Era una bella risorsa. Peccato che questo ragazzo si ridusse in questo modo. E come avvenne, per te, la tua discesa agli inferi?”
“Hai detto bene, l’inferno. Avvenne perché un giorno non avevo il fumo e per questo, mi sentivo molto in ansia. Giovanni mi disse “perché non provi questa? Ti sentirai più calma e serena”. Io mi sentivo molto male, così accettai. E fu lui che mi aiutò a iniettarla in vena”
“Che disastro!”
“Ero molto giovane. Pensavo che sarebbe stato il mio primo e ultimo buco. Invece ci cascai dentro con tutte le scarpe. Con Giovanni avevo sempre la droga gratis e dal momento che andai a rota molto presto, mi facevo continuamente.”
“Che storia!”
“Ma non durò a lungo perché Giovanni morì di overdose e i suoi genitori, per come ero conciata e dopo quello che era successo, mi allontanarono dal negozio”
“Sarà stata dura per te”
“Infatti rimasi sola, tossicodipendente e senza soldi. Tutto il giorno pensavo alla droga e per procurarmela cominciai a rubare a casa i soldi, l’oro, l’argenteria e tutto quello che capitava. Così i miei si accorsero di me”
“E come reagirono?”
“Inizialmente con scenate e ceffoni. Ma adesso mi vogliono mandare in una nota comunità a Poggio Mirteto”
“E tu, che vuoi fare?”
“Vincenzo, io sono arrivata alla frutta. Non posso più vivere così. Ne voglio uscire, per cui penso che ci andrò.”
Mi fa tenerezza. Mi avvicino e le bacio il collo. Lei ricambia baciandomi le labbra. Io passo a baciarle anche le ferite che ha sulle braccia. E così facciamo l’amore. Per fortuna, al parco, siamo soli. Poi esausti decidiamo di andare.
L’accompagno a Monterotondo e le auguro tutto il bene di questo mondo.
Lei mi saluta, dicendo: “Se ne esco, torno a trovarti”
Con le lacrime agli occhi, mi avvio verso la mia casa. I mesi seguenti mi tuffo anima e corpo nel lavoro, conosco anche qualche ragazza, qualcuna oggettivamente migliore di Arianna, ma lei è sempre nei miei pensieri. Dopo circa tre anni, un giorno mentre sto tirando su le tende del bar, prima di smontare dal lavoro, vedo una ragazza venirmi incontro. Indossa un tubino rosso che le mette in risalto il corpo snello e sinuoso. Ai piedi calza scarpe con il tacco e ha i capelli raccolti in uno chignon molto elegante. Quando si avvicina mi rendo conto che è Arianna.
“Sei irriconoscibile” le dico.
“Hai visto?”
“Vedo, vedo”
“Ho mantenuto la promessa. Ricordi? Ti avevo detto che se ce l’avessi fatta ad uscire dalla droga ti sarei venuta a trovare. Ce l’ho fatta. Sono tre anni che non mi buco più. Lavoro in una profumeria e per me quest’attività è molto soddisfacente. Mi piace stare tra profumi, ciprie e qualunque altro belletto”
“Mi rendi veramente felice, non me lo aspettavo più”
“Stai finendo il tuo turno qui, al bar?”
“Si, vogliamo andare a mangiare un gelato?”
“Proposta accettata. Qui non li fate, vero?”
“No, in questo locale non serviamo gelati “
Insieme ci dirigiamo a un bar nei pressi del Duomo e ordiniamo due coppe giganti di gelato alla frutta. Mentre mangiamo io resto incantato non solo dalla bellezza di Arianna ma anche dalla sua insolita allegria e positività. Naturalmente mi parla della fatica che ha fatto per uscire dal tunnel della droga, delle terribili crisi di astinenza che ha dovuto superare. Ma tronca il discorso dicendo: “Per me, ormai, è un capitolo chiuso”
Nei giorni seguenti, dopo il lavoro, ci incontriamo più volte. Non parliamo più di quello che è successo al parco Trentani, qualche anno fa. Invece andiamo al cinema, a mangiare una pizza e spesso andiamo anche a Roma. Dopo qualche mese di assidua frequentazione mi sento profondamente innamorato di Arianna. Così un giorno, con un po’ di timidezza, le dico: “Arianna vuoi sposarmi?”
Lei mi abbraccia e urla:”Siiiiiiii”
Dopo qualche preparativo, ci sposiamo al Duomo di Monterotondo nel mese di giugno del 2015. La cerimonia è molto intima. Ci sono i rispettivi genitori, qualche amico e anche la signora Cesarina che è molto felice della piega che ha preso la nostra storia. Dopo qualche giorno, partiamo per trascorrere il nostro viaggio di nozze all’isola del Giglio, un posto che non si dimentica facilmente.
Quando rientriamo, dopo qualche tempo, vedo Arianna molto strana e penso subito che abbia ripreso a drogarsi. Decido di affrontarla ma lei ridendo mi dice: “Ma sei pazzo? Vincenzo, sono incinta”.
L’abbraccio e la bacio con passione e nei giorni seguenti non sto nella pelle dalla gioia e per festeggiare, anche se non so ancora il sesso del bambino, comincio a comprare peluche, giocattoli e diversi accessori.
Adesso Arianna è al quinto mese di gravidanza e sappiamo di aspettare una bambina. Così in omaggio alla mamma che è riuscita a riscattarsi dalla droga nostra figlia si chiamerà Vittoria.