“Mammina mi piacerebbe avere un cagnolino”
“No Oswald, non voglio animali in casa”.
“Mamma per favore”.
“Ho detto no, discorso chiuso”.
Oswald, mogio mogio se ne va in cameretta.
Florence, la madre, lo guarda andare via, non fa niente per consolarlo, avrebbe bisogno lei di conforto in verità. Il suo compagno l’ha abbandonata col figlio piccolo. Non ha usato molte parole;
ha preparato la valigia e le ha detto:
“Me ne vado Florence mi dispiace, non sono pronto per badare a una famiglia”.
Ed è uscito. Non si è fatto più vedere né sentire.
Quelle ultime parole le martellano nella testa, “non sono pronto”… Perché lei era pronta invece?
Era pronta ad affrontare l’educazione di un figlio? Ed ora anche l’abbandono dell’uomo che amava?
Si erano conosciuti da ragazzini, a sedici anni lei rimase incinta, con grande costernazione dei genitori dei due ragazzi. Lui però, Lenny, allora diciottenne, ne fu entusiasta, la convinse che un figlio avrebbe cementato la loro unione. Non la pensarono così i loro genitori, che li mandarono via di casa per timore dello scandalo.
Ed ora, eccomi qua – pensa Florence – il fiducioso Lenny se l’è squagliata, ha resistito solo quattro anni. Com’è difficile crescere un figlio da soli! Quando si è così giovani poi, che si avrebbe voglia di andare a ballare, flirtare coi ragazzi, uscire con le amiche, invece…
Dalla cameretta esce il piccolo Oswald, a quattro zampe si dirige velocemente verso la madre:
“Woof, woof, sono Wald il cagnolino”, ridendo felice.
Florence non può fare a meno di sorridere divertita:
“Ma che bel cagnolino, vieni dalla mamma Wald”.
Il bambino le si avvicina e, restando in ginocchio, con le braccia le gratta le gambe facendo dei piccoli guaiti. Presa da uno strano entusiasmo per quel gioco, Florence prende una piccola palla e la lancia dall’altra parte della stanza.
“Prendila Wald!” Subito il piccolo, sempre a quattro zampe, velocemente va a recuperarla e la riporta alla madre. Il gioco continua per un paio d’ore, ogni volta Florence lancia lontano un oggetto diverso e “Wald” corre a recuperarlo. A un certo punto dice:
“Ora basta Oswald, lavati le mani, è ora di mangiare”. Ma il bambino non si muove.
“Mi hai sentito? Vai a lavarti le mani”. Niente, Oswald muove le braccine come fossero piccole zampe.
“Ah! – sbotta la madre seccata – vuoi fare il cane? Bene!”
Prende una ciotola, la riempie di pasta al sugo e la depone per terra. Senza mostrare stupore, Oswald si mette a mangiare col viso nella ciotola. Florence è nervosa, quella scena le provoca disgusto e nello stesso tempo un piacere perverso.
Quel che accadde nel suo cervello è difficile da spiegare, forse trvò un modo per vincere la noia e nello stesso tempo farsi obbedire ciecamente dal figlio, proprio come fanno i cani. Da quel giorno il loro gioco segreto fu quello:
Mamma comandava Wald obbediva. Gli legava una cordicella al collo come fosse un guinzaglio e lo portava in giro per casa:
“Che bel collarino hai cagnolino mio!”
La sera il cagnolino dormiva per terra nella cameretta, con una coperta a mò di materasso e una ciotola d’acqua nel caso volesse bere. Passarono gli anni, Oswald, ormai cresciuto, non camminava più a quattro zampe, quel gioco infantile non lo interessava più, però gli era rimasto il senso di cieca obbedienza verso la madre, la quale non aveva mai smesso di chiamarlo Wald. Questo nome suonava per lui come un ordine secco, e lo eseguiva prontamente. Florence lo chiamava ancora cagnolino mio, anche se a Oswald ormai dava fastidio.
Non lo aveva mai detto alla madre, ma era stufo di essere chiamato così. Da tempo non dormiva più per terra. Quel giorno Oswald era particolarmente nervoso, quando scese dal letto trovò per terra la ciotola col latte, provò disgusto. Andò con passo sicuro in cucina, la madre, ormai irrimediabilmente immersa nella parte di padrona del cane, aveva già preparato il collarino per fare solito giro, lo accolse con un sorriso:
“Hai bevuto il latte cagnolino mio?”
“No! Mamma, non voglio più fare questo gioco, voglio un cane tutto mio”.
“Wald! Ti ho detto tante volte che non voglio animali per casa, quindi ubbidisci! Metti il collarino”.
Oswald si irrigidì intimorito, poi la collera prese il sopravvento e ringhiò, digrignando i denti.
Florence si spaventò, non lo aveva mai fatto prima, prese un bastone e sibilò:
“Wald, fai come ho detto, altrimenti…”
Non riuscì a terminare la frase, Oswald le fu addosso portandole via il bastone e calandolo con forza sulla testa della donna, che cadde sbattendo la testa allo spigolo del tavolo. Morì sul colpo.
Quando Oswald si rese conto che la madre non respirava più si sentì libero, realizzò che finalmente poteva fare tutto ciò che voleva. Poteva avere un cane ma… non un animale, alla madre non piacevano, anche se era morta non riusciva a liberarsi della sua influenza.
Si ricordò di aver sentito parlare di un uomo che in cambio di soldi “affittava” la figlia ad altri uomini, gli avrebbe parlato, gli avrebbe fatto una generosissima offerta, avrebbe accettato.