Ho già scritto più volte che parlo con i morti, in realtà non con tutti ma con quelli di una ristretta cerchia dell’ambito famigliare e delle amicizie. Allo stesso modo interloquisco con i personaggi dei miei racconti. Mi riesce molto più facile parlare con loro che con certi integralisti del pensiero ancora in vita, sarà forse perché i morti e i personaggi di fantasia, essendo calati nella dimensione dell’eternità, hanno acquisito uno stile di confronto molto rilassato, perfino ironico, sdrammatizzante, ecco questo è il termine giusto, che riporta le discussioni al gradevole livello di uno sfottò. Non tutti, però, perché anche tra loro ci sono gli irriducibili, e senza scendere nei particolari, mia mamma, ad esempio, è una di questi. Continua a rimanere ferma sulle sue posizioni, sulle sue inappellabili verità, perché neppure la morte l’ha resa più malleabile, più incline al compromesso o alla concertazione. Così, ieri, senza nessun preavviso mi è apparsa, inaspettata, a mattino inoltrato (che ci crediate o meno anche per i fantasmi vige un’etica che riguarda le apparizioni, che devono essere preannunciate in maniera discreta da un colpetto di tosse oppure da una fredda folata di vento, o ancora da un respiro ravvicinato, questo per evitare che al prescelto possa venire un infarto. Insomma, un accorgimento per scongiurare una morte prima del tempo, visto che anche nei quartieri dell’oltretomba si registra un notevole sovraffollamento. E già che stiamo in argomento sfatiamo anche la leggenda che i fantasmi appaiono solo di notte, perché i miei si materializzano a qualsiasi ora e nei posti da me frequentati), e non era sola, ma in compagnia di un tipo identico ad Antonio Banderas, se non fosse stato per l’accento marchigiano che è trapelato al momento delle presentazioni, avrei giurato fosse proprio lui.
«Mamma che significa che non lo sai?» Ribatto paziente.
«Non ricordavo più la strada e lui mi ha accompagnata.» Mi guarda stupita che una cosa così semplice abbia bisogno di tante spiegazioni.
« Ma se non vi conoscevate e tu non ricordavi il mio indirizzo, come poteva sapere dove eri diretta?» Mia mamma, anche nell’aldilà, reca i postumi dell’alzheimer, insomma non è ancora guarita del tutto (anche i miracoli necessitano dei loro tempi) e ogni tanto è soggetta a ricadute, a blackout della memoria e dell’orientamento, ed insistere per avere spiegazioni sul perché, il come e il quando, delle sue stramberie, non mi porterebbe a niente.
Discorso quindi chiuso. Nel frattempo ha tirato fuori dalla credenza la moka per fare il caffè (in realtà materialmente non può farlo, mima solo l’azione), dandomi il modo di rivolgere la mia attenzione a Nazzareno/Banderas che ha colto il mio sguardo e mi sorride amichevole.
Questa sua incredibile somiglianza con l’attore sex simbol mi confonde. Arrossisco. Farfuglio, mentre lui è perfettamente cosciente dell’impatto che ha su di me e lo usa a suo vantaggio.« Lo sa Nazzareno, per me è un conforto sapere che mia mamma anche nell’aldilà ha persone che le vogliono bene, e amici, come lei, che se ne prendono cura. Da quanto tempo vi conoscete?» Chiedo con simulata noncuranza per non farlo sembrare un interrogatorio e, al contempo, m’impongo di non fissarlo, come mi verrebbe di fare, (uno sforzo notevole visto che sono attratta da lui come una falena dalla luce) così il suo accento marchigiano mi conforterà nell’idea di stare interagendo con il fantasma di Nazzareno Ermini, e non con l’attore Antonio Banderas.
Devo quindi bandire gli sguardi e concentrarmi solo sulla sua voce.«In realtà io e sua madre ci siamo conosciuti solo stamattina.» Risponde scrutando le mie reazioni.
La mia emotività deve essergli stata da subito evidente, e credo che un pochino questo lo diverta.« Sono una new entry nell’aldilà.»« Mi spiace davvero tanto…spero almeno non abbia troppo sofferto…è così ingiusto che la morte…»
Prima che io dia il via alla sfilza delle banalità del caso, m’interrompe sorridendo: «Si tranquillizzi, non è come crede, io non sono morto… non come sua madre,…difficile da spiegare…sono stato…ecco… interrotto.»
«Interrotto?» Ripeto incredula. «Cosa vuol dire?»
«Succede ai personaggi immaginari “ripudiati” dall’autore quando si rende conto che quel prototipo lo ha progettato sbagliato.» Nella sua voce percepisco l’amarezza di chi è consapevole di aver subito un torto irreparabile a cui mai verrà data giustizia.Tace il tempo necessario che io comprenda l’enormità dell’accaduto, ma la mia espressione costernata lo induce a riprendere subito il racconto: «E’ una barbarie in uso presso la maggior parte degli scrittori che ripudiano la propria creatura “interrompendola”, non ultimandola, per tema che svilupperà poi malformazioni, tare genetiche, comportamenti border line. In realtà, noi personaggi “interrotti”, siamo il risultato dell’inadeguatezza dello scrittore al ruolo. La sua conclamata incapacità a sviluppare, correggere, modellare, l’eroe del racconto. In questo modo, semplicemente, se ne sbarazza!»
«E posso chiederle quale sarebbe la tara che il suo autore ha rilevato in lei?»
«La perfezione. Anche questa, per svariati motivi, viene considerata da molti autori un difetto. E tra i più gravi.»
«Anche la modestia rientra tra le sue tare?» Domando ironica. Ma lui ignora la battuta.
Ci sediamo intorno al tavolo del salotto dove mia madre, che stamani è d’umore socievole, espleta ai convenevoli dell’ospitalità: «Quanto zucchero, Nazzareno?» Chiede premurosa, immergendo un cucchiaino virtuale in una zuccheriera altrettanto virtuale.
Non ho tempo di chiedere altro perché mia madre, innocentemente, racconta come effettivamente sono andate le cose, aggravandone la posizione: «Sono uscita di casa per venire da te e invece mi sono persa, per fortuna c’era Nazzareno che si è offerto di accompagnarmi.»«Un’insperata fortuna che il signor Nazzareno si trovasse nei tuoi paraggi.!» Esclamo sarcastica.
Mia mamma non rileva l’ironia ma lui, invece, si, perché abbassa lo sguardo e rimesta col cucchiaino nel suo caffè senza zucchero.Lascio cadere l’argomento e conversiamo del più e del meno: il tempo e il caro prezzi, sono gli argomenti più gettonati anche nell’oltretomba. A quanto pare la quotidianità dei defunti basa sulle stesse problematiche dei vivi, ovviamente in maniera molto più soft. Più che altro, quella loro, è una recita esistenziale. Un rappresentazione per proteggere se stessi dalla calma piatta dell’eternità.Poi, mia mamma, radunate sul vassoio le tazzine sporche s’avvia in cucina dove l’attimo dopo la raggiungo e la sottopongo ad una vera e propria requisitoria: «E se fosse stato un malintenzionato?Neppure lo conoscevi! Come hai potuto fidarti di un perfetto estraneo? Poteva essere un serial killer!»
«Non farmi ridere: sono morta, cos’altro ancora potrebbe capitarmi!» Risponde con lugubre ironia, togliendomi così il diritto di replica
Le argomentazioni di mia mamma hanno un loro fondamento, ma pure non riesco a giustificare il comportamento di Nazzareno/Banderas, così mentre lei rigoverna le stoviglie, lo raggiungo in salotto dove, vis a vis, gli dirò quello che penso di lui.
Quando faccio il mio ingresso, lo trovo intento a sbirciare i volumi sulle mensole della libreria: «Ha pubblicato un solo romanzo?» Indica “Chicago Blues” «Non è un’autrice molto prolifica» Colgo una nota di delusione nella sua voce.
«Non è nel numero dei romanzi pubblicati che si valuta la grandezza di un autore.» Obietto, leggermente risentita «Ad ogni buon conto io non ho mai “interrotto” nessun personaggio. E comunque non devo rendere conto a lei della mia produzione letteraria…anzi, è lei che dovrebbe giustificarsi, e scusarsi, per essersi servito di mia madre per arrivare a me. Trovo scorretto il suo sistema per intrufolarsi nelle vite altrui. Un comportamento riprovevole, che la dice lunga su chi lei sia veramente!»
Se fosse Antonio Banderas saprei cosa rispondergli! Sua fan da sempre, fin dalle prime apparizioni cinematografiche è entrato a far parte della galleria dei miei uomini ideali, posizionandosi per lunghissimi periodi in cima alle top ten, scalzando, a seconda dei film in uscita, personaggi del calibro di Johnny Deep, Brad Pitt, Leonardo di Caprio, Sean Penn, Richard Gere, George Clooney, (solo per citarne alcuni) mentre di questo Nazzareno Ermini non so proprio nulla, tranne che è un “personaggio abortito dal suo autore”: troppo poco e troppo vago per tracciarne un profilo veritiero.« Chi sono io?» Ripete amaro «Non ho avuto il tempo di scoprirlo perché dopo pochi capitoli non esistevo già più. Fatto a pezzi e gettato nel water dal mio sedicente autore: una morte orribile!» E dopo un significativo e calcolato silenzio (uno spunto d’attore innegabilmente è nel suo dna), esclama: « E senza aver commesso peccato! Non ho scelto io di essere come sono, sono stato così plasmato, e se poi il risultato è stato un eccesso di perfezione, non ne ho colpa.» Mi guarda e nel suo sguardo c’è tutta la tristezza e la disperazione del mondo. «Credo d’aver diritto anch’io, come tutti, ad una seconda possibilità!» Conclude con veemenza oratoria, inchiodandomi sul banco degli imputati.
«Perché lei non ha niente da perdere.» Risponde senza alcun sarcasmo. «Scrive, ma è consapevole di non essere una vera scrittrice, così come sa che i protagonisti delle sue storie sono alquanto elementari. Geneticamente immaturi, squilibrati, contraddittori, in poche parole concepiti “a sua immagine e somiglianza”, piuttosto anonimi, e dei quali nessuno, alla sua dipartita, ne conserverà memoria. Mentre, invece, potrei essere io, il personaggio abortito da un altro autore e per questo così diverso da tutti i suoi cliché, il suo asso vincente, quello che, sorprendendo tutti, editore, lettori e critica, le farà sbancare il botteghino.»
Addossato alla parete del mio soggiorno c’è Antonio Banderas, con i capelli neri spioventi sul volto, che mi guarda suadente ed enigmatico, buio e impenetrabile come una notte andalusa. Affascinante, come nessun altro uomo potrebbe esserlo sulla faccia del pianeta, e mi sta chiedendo di poter essere il personaggio di un mio racconto.
C’è da perderci la ragione.
Ancora una volta, come se mi leggesse nel pensiero, Nazzareno precorre le mie errate conclusioni: «Quello che le sto prospettando va al di là delle sue roboanti, e mi permetta, pretenziose congetture. Le sto proponendo di unire le nostre forze per sfidare il destino avverso e la cattiva sorte, che a quanto pare perseguita entrambi, allo scopo di poterci finalmente affermare, io come personaggio e lei come autrice. Sono certo che insieme possiamo farcela.»
«Una proposta che potrei prendere in considerazione.» Rispondo cercando d’imprimere alla mia voce, e alle mie emozioni, un tono neutro. Ma non sono brava in questo, e per evitare che lui si faccia l’idea di una mia resa facile, m’aggrappo alla collaudata formula del “mi lasci un po’ di tempo per pensarci”»
«Non ci pensi troppo, però, perché noi, personaggi “interrotti” abbiamo un’estensione del tempo diversa e più limitata del vostro. In sintesi: per noi l’eternità non esiste.»
Non ho il tempo di replicare perché mia mamma è comparsa sulla soglia e, volutamente ignorandomi, si rivolge a lui: «E’ ora di andare. Qui non ho più niente da fare. Mi riaccompagna a casa? »
«Certo, signora Maria, con vero piacere.» Risponde gentile, porgendole il braccio.
L’attimo prima che entrambi scompaiono attraverso la porta, Nazzareno/Banderas si volta e guardandomi negli occhi, sussurra: «La prego, * non lasci che le sfugga di mano il vento del fato soffiato sul mio destino»*
Una frase sibillina…ma non per me.