L’uomo cactus mi stava di fronte, rigido e livido, perfetta imitazione del rigor mortis, se non fosse stato per lo sforzo evidente di dover parlare, per esporre il suo problema.

Sono una strega, non un dottore, magari le soluzioni potrebbero risultare eccentriche. E il risultato non sempre garantito.
Questa è la formula che recito tutte le volte a chi richiede i miei servigi.

Qualcuno ci ripensa e non tenta neppure.
L’uomo cactus, invece, m’implorava di provare qualsiasi rimedio che lo scongelasse da quella iattura che lo aveva paralizzato durante un incontro d’amore.
Lei era così bella e consenziente.
Un angelo.
E nessun ostacolo verso il Paradiso.

Così, con passione e tenerezza, s’era predisposto a scalare per lei il cielo.
Causa, però, un eccesso di poesia aveva miseramente fallito l’impresa.
Precipitando a terra.
Disarticolato.
Immobilizzato.
E dal suo Angelo ripudiato.

Curiamo prima l’anima o il corpo?

Il corpo.
Mi aveva risposto lui, dall’abisso insondabile di quel suo dolore.

Grano saraceno
Rabarbaro
Plumbago
Amaranto
Iperico (raccolto con la luna nuova)
Blossfeldia liliputiana

Questi gli ingredienti della pomata miracolosa con la quale, delicatamente, avevo asperso ogni sua spina, carezzando e rinvigorendo, spronando e predisponendo ogni singolo bulbo ad una entusiasta fioritura perenne.
Al tocco delle mie dita gli aculei rinvenivano turgidi e sensibili, vigorosamente maschili.
Baldanzosi, puntavano tutti verso l’alto: un capolavoro assoluto di architettura stregonesca.

Da quel giorno, tutti gli anni, l’uomo cactus, viene a trovarmi, grato per quella fioritura che mai avvizzisce.

Perenne. Proprio come mi avevi predetto.
Sottolinea, con un largo sorriso.