Non era la più bella ma la più luminosa.
Il volto, dall’incarnato chiarissimo e circonfuso dall’aureola pallida dei capelli, e i movimenti aggraziati di una ballerina, le donavano un che di etereo, d’ impalpabile, sicchè sentivi forte l’impulso materiale di toccarla per sincerarti che non fosse una visione.
Il suo abito grigio, quasi monacale, risultava ancora più nitido nella cornice dei rossi festosi e dei neri aggressivi, perchè la funzione dei colori violenti non sempre è quella di catalizzare lo sguardo ma, come capita in questo caso, di far risaltare, invece, ciò che è solo apparentemente incolore.
Dunque, non era la più bella, ma la più luminosa.
Quella che avresti voluto toccare.
Eppure nessuno degli astanti aveva trovato il coraggio di avvicinarla, d’invitarla a ballare, un cortese approccio per una prima confidenza.
Una invisibile linea di confine la divideva dal resto della sala.
Intimidivano la malinconia del suo sguardo spaesato di esule.
E quell’abito grigio, serrato fino al collo.