Lepre Sofia, ripresasi dallo spavento delle notizie catastrofiche comunicate da Ubaldo, si accorse di non avere la più pallida idea di che cosa fare e pensò di avere urgente bisogno di aiuto.
«Spesso, riconoscere i propri limiti è un buon inizio perché da soli si fa poca strada», pensò che questa fosse la lezione che aveva recepito dalla sua brutta precedente disavventura.
In effetti, rifletté che, prima di fare qualsiasi cosa, fosse meglio affidarsi ai consigli preziosi dell’amico Gufo Renato che era il più saggio di tutti, oltre ad essere il più anziano; lui sapeva sempre che cosa fare e nel migliore dei modi.
Gufo Renato stava dormento tranquillo nel suo nido, aveva cacciato tutta la notte e, alla sua veneranda età non aveva più la forza di fare strapazzi come quando era un giovane e aitante gufo in cerca di avventure.
Di giorno preferiva stare tranquillo nel suo rifugio e usciva soltanto di notte per cibarsi.
Fu così che davanti ai richiami di Sofia e ai suoi sbalorditivi racconti si dimostrò reticente a intromettersi e borbottò:
«Cara amica, ti capisco, sei preoccupata per Ubaldo e per gli Umani ma dovresti chiedere aiuto a Lella, la Signora Gazza o al nostro amico Piè Veloce, lo scoiattolo, che sono due tipi veloci e infaticabili. Io ho bisogno di riposo», disse con un sospiro, «sono pieno di dolori, la mia artrite mi procura un sacco di problemi in questo periodo».
Sofia rimase un po’ delusa dal rifiuto di nonno Renato, non era da lui tanto egoismo ma comprese; alzò le lunghe orecchie a punta e saltellando si diresse verso una grande e ombrosa quercia:
«Lella, ci sei? Sono Sofia, ho bisogno di aiuto!» urlò.
«Che cosa strilli», intervenne mamma Passera intenta ad accudire i suoi piccoli «Lella è uscita presto, gracchiava così forte che ha svegliato i miei piccini, la vanitosa!», rispose mamma Passera indispettita.
«Dove posso trovarla?» insistette Sofia.
«Sarà al ruscello a pavoneggiarsi, quella pettegola di una sfaccendata vanitosa, dove vuoi che sia!», rispose in modo un po’ sgarbato mamma Passera che aveva da fare: i suoi passerotti stavano iniziando a uscire dal nido e non potevi perderli d’occhio un momento.
In quel periodo il bosco era in pieno fermento, l’estate era prossima ed era la stagione più adatta per fare allevare i piccoli, per nutrirli e per provvedere alle provviste per l’inverno.
«Non certo per perdersi in chiacchere», pensò mamma Passera senza neanche chiedere il motivo di tanta agitazione da parte di Lepre Sofia.
Molti animali del bosco dormono abitualmente di giorno e sono attivi di notte e Lepre Sofia lo sapeva bene ma, in quel momento, non le importava anche quando si accorse di aver svegliato Ghiro Ginetto, il riccio Rino e la marmotta Mira che la guardarono con gli occhi assonnati, sbuffando e facendole cenno di stare zitta.
In quel periodo dell’anno, fino alla fine dell’autunno il bosco era in fermento e si mostrava in tutta la sua spettacolare bellezza.
Le fronde degli alberi sfoggiavano i nuovi mantelli verdi brillanti e ne andavano orgogliosi; i prati erano in fiore e il campo di ciliegi fioriti al limitare del villaggio era semplicemente meraviglioso.
Falco Speedy stava ammirando dall’alto questo spettacolo da favola, ascoltando i rumori e i suoni che gli arrivavano dal fresco fervore della popolazione animale che rendeva la natura magica e fantastica.
Ascoltò il Picchio che tambureggiava sul tronco di un albero, la sua amica Poiana che fischiava giocosa, le rane dello stagno che gracidavano, le cicale che frinivano, il canto allegro della Cinciallegra e gli riempirono il cuore di gioia.
Osservò Faina Fanny e Volpe Matilda che stavano cacciando e fu sorpreso quando vide Lepre Sofia che sembrava amareggiata e agitata.
«Che sta succedendo?», pensò preoccupato quando vide Sofia che si allontanava depressa e planò con una virata elegante appollaiandosi sopra un grande faggio.
Poco lontano vide sbucare da dietro un cespuglio Orso Bruno che con il suo vocione esclamò:
«Buongiorno Sofia, perché non vieni ad aiutarmi? Ho scovato tante more da poter fare una ricca scorpacciata».
«Bruno è proprio un golosone», considerò Sofia osservando le sue grandi zampe sporche di bacche.
«Ti ringrazio, Bruno, sono di fretta, scusami, sto cercando Lella, l’hai vista?»
«Nossignora», rispose Bruno mentre si dirigeva verso un prato di succosi mirtilli.
Sofia rimase delusa dall’indifferenza dei suoi amici, non li rinasceva più.
«Che succede Sofì?» fischiò ancora Falco Speedy con il suo marcato accento napoletano.
«Una tragedia. Hai saputo di Ubaldo e degli Umani?».
Sofia raccontò tutta la storia ed era così agitata che attirò l’attenzione di tutti gli animali dei dintorni che interruppero le loro attività e giunsero a frotte.
Arrivò sbadigliando e zoppicando anche Gufo Renato, che con pazienza e bontà cercò di trovare una soluzione veloce.
Intervenne Volpe Matilda che, diffidente come sempre, esclamò:
«Il grosso problema sarà quello di comunicare con gli Umani, sono degli esseri insensibili!».
«Non tutti sono così, a dire di Ubaldo», commentò Lepre Sofia che voleva aiutare il suo amico cane buono.
«Sì», ammise Gufo Renato, «il problema sarà comunicare con gli Umani ma, forse, conosco una persona capace di questo», proseguì pensieroso.
Tutti gli occhi erano puntati su di lui e gli animali si zittirono con il fiato sospeso.
Persino le bianche margheritine del prato e le campanule azzurre della radura voltarono le loro corolle verso Renato ed esclamarono in coro:
«Ooooohhhhh!» con meraviglia.
Renato perseguì:
«L’unica persona che conosce il linguaggio degli animali è il Vecchio della Montagna».
«Davverooooo??? …», replicarono in coro gli animali e le piante.
«E chi è?», disse Sofia, «lo conosciamo?».
«È un Mago, il pro-pro-pro-pro-nipote di Mago Merlino».
«Il “famoso” Merlino”?», chiese la furba Matilda, «quello del Re Artù?».
«Proprio lui», rispose Gufo Renato pensieroso.
«Ooooohhhhh!», esclamarono tutti.
Certo, non era un’impresa facile, spiegò Gufo Renato, bisognava salire sulla montagna, arrampicarsi fino alla cima e i pericoli erano tanti.
Decisero di fare una spedizione: Orso Bruno avrebbe trasportato sul suo groppone Gufo Renato e le provviste, Lepre Sofia assicurò di essere in grado di saltare con le sue zampe forti per tutto il percorso, Falco Speedy sarebbe andato in ricognizione dall’alto, Volpe Matilda li avrebbe accompagnati perché era la più scaltra di tutti e non si sapeva quali pericoli avrebbero dovuto affrontare.
Gli altri, che avevano tutti una famiglia, li avrebbero aspettati, accudendo i loro piccoli che erano, tra l’altro, un loro primario dovere.
Queste furono le decisioni di Renato, fu preparata un’Ordinanza Ufficiale che ebbe l’approvazione della popolazione animale, e fu siglata ufficialmente da tutta la comunità.
Lo scoiattolo Piè Lesto e Gazza Lella prepararono le provviste per il viaggio e i componente della spedizione partirono alle prime luci dell’alba mentre gli animali li salutarono non senza un po’ di apprensione e commozione:
«Buon viaggio, amici», disse Mamma Passera mentre si asciugava una lacrimuccia con l’ala.
«Mi raccomando», gracchiarono le rane dello stagno.
«Tornate presto», gridarono in coro Camomilla, Gino e persino Lupo Solitario che non amava molto la compagnia e restava sempre un po’ in disparte, si fece avanti con un ululato:
«State tranquilli, faccio io la guardia! Uhhh!!!!!»
Impiegarono giorni e giorni a giungere davanti alla grotta in cima alla montagna e, quando arrivarono, erano stanchi, sudati e affamati.
Dalla buia apertura uscì un vecchio.
Era alto, magro con una lunga barba bianca che gli sfiorava i piedi; indossava una tunica bianca che gli lambiva le caviglie e li guardò sorpresi:
«Che ci fate qui stranieri?», chiese serio.
Gufo Renato disse:
«Caro Mago Merlino, salute a te, abbiamo bisogno del tuo aiuto».
«Sono vecchio oramai e vivo fuori dalla malvagità di questa umanità scellerata che sta distruggendo il nostro pianeta», esclamò con infinita tristezza il vecchio.
«Abbi pietà di loro», implorò Gufo Renato con i suoi grandi occhi rotondi e sinceri.
«Sì, pietà di loro», aggiunsero Volpe Matilda, Falco Speedy e Orso Bruno.
Mago Merlino li guardò pensieroso mentre dall’alto, nel cielo limpido, Regina, l’aquila reale, osservava la scena spiegando al massimo le sue immense ali come un gigantesco aquilone.
Offrì dell’acqua fresca agli ospiti inattesi, li fece accomodare in un piccolo e angusto ingresso roccioso, poi disse:
«Vieni Gufo Renato, raccontami che cosa è successo, voi aspettate qui, nella caverna fatata possono entrare solo i prescelti».
Che cosa successe all’interno non si deve sapere, ogni mago che si rispetti non svela mai i propri segreti e Merlino era uno dei più rinomati e famosi maghi della Terra in un momento in cui nessuno credeva più a queste cose.
Vi assicuro, comunque, che questa storia è verissima ed è conosciuta da tutti nel Mondo della Fantasia dove ogni cosa può succedere e nulla accade per caso, solo per magia.
Dopo due lunghe ore di consultazioni Merlino e Renato si congedarono.
Nel salutarli, Merlino affermò:
«Per quanto riguarda Ubaldo credo di poter risolvere in breve tempo la questione, parlerò personalmente al Governatore del villaggio. Per il resto, credo che gli scienziati umani stiano lavorando nella giusta direzione e presto troveranno la medicina giusta che li guarirà. Per il futuro, invece, gli Umani dovranno usare il buonsenso, la collaborazione e la pazienza: queste sono le Grandi Verità».
Gufo Renato era soddisfatto, raccontò agli amici che Merlino aveva consultato i suoi libri magici e la famosa sfera di cristallo fatata e non aveva dubbi; gli altri impiegarono un po’ di tempo ad assimilare e a comprendere il vero significato del discorso ma non fecero commenti.
Tornarono velocemente al villaggio e furono accolti dalla gioia infinita dei loro amici e decisero di fare una grande festa; danzarono e cantarono tutta la notte, con le lucciole che volavano intorno a loro e illuminavano la natura con le loro piccole luci intermittenti.
Dopo alcuni giorni, quando Lepre Sofia aveva perso quasi la speranza, mentre stava sonnecchiando sotto un gigantesco abete, sentì un guaito e vide sbucare da dietro a un grande cespuglio di corbezzoli Il suo amico Ubaldo.
Ubaldo era così felice di vederla che, con la sua irruente giocosità, la fece cadere lunga distesa sul morbido tappeto di aghi e la leccò dalla testa ai piedi in segno di affetto.
La storia si conclude qui, per ora (non si può mai sapere che cosa può scaturire dal Mondo della Fantasia), mentre Ubaldo spiega a Sofia di aver avuto il permesso dal suo padrone di uscire da solo a scorrazzare nel bosco limitrofo al villaggio ogni pomeriggio con la condizione che sarebbe tornato a casa ogni volta, prima dell’imbrunire.
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