La cronistoria di Elsa perfettamente delineava tutta la vicenda, dandole un senso, con tutte le tessere del mosaico perfettamente incasellate, dove non c’erano spazi vuoti né margini disgiunti.
Una storia dalla trama neppure davvero originale, e ancor di più immiserita dalla narrazione volgare di Elsa che, fedele al suo stile, aveva tradotto la tragedia in commedia, riducendo i personaggi a semplici clichè da dare in pasto alla canea, perennemente affamata, dei suoi lettori.
…a base di questa prospettiva, era una cosa buona che lei se ne fosse tirata fuori, seppure nutrivo il sospetto che fosse rimasta comunque in agguato in attesa di una mia mossa che le desse l’avvio per la sua micidiale zampata.
Elsa era quel tipo di persona che scende in campo a giocare sporco solo dopo aver acquisito la certezza che qualcun’altro si sporcherà più di lei.
… e, in virtù di questa sua etica, bellamente l’aveva fatta franca nell’ultimo scandalo che l’aveva vista prima sedere sul banco degli accusati e poi su quello delle accusatori.
Ma dovevo darle ragione sul fatto che non avevo alcuna prova con cui supportare una mia denuncia, e l’unica cosa che potevo fare era rintracciare Elizabeth e avere con lei un chiarimento.
Con lei, a differenza di Ludwig che, volontariamente o accidentalmente, era da ritenersi responsabile di quell’omicidio, avevo forse una qualche probabilità di venire a capo dell’intera vicenda, facendole presente che la sua reticenza l’avrebbe posta, invece, su un piano di corresponsabilità con l’assassino.
Rintracciare Anais, invece, sarebbe stato molto più difficile, soprattutto se fosse stata lei stessa a volersi rendere irreperibile.
…ma ancor più difficile nel caso fosse, invece, stata uccisa.
Non s’era neppure rivelato facile contattare Elizabeth, sicché ero dovuta ricorrere di nuovo all’aiuto di Elsa perché favorisse i presupposti per un nostro incontro.
…aiuto per il quale m’ero dovuta impegnare a fornirle il dettagliato resoconto della conversazione doverosamente registrata (cosa a cui mai mi sarei sottomessa, ma che, mentendo, le avevo promesso)
Mi sarei presentata ad Elizabeth con le false credenziali di una giovane regista che aveva come suo progetto d’esordio un film sulla vita di Ludwig, e per questo necessitavo di testimonianze dirette e riscontrabili, per non incorrere nel rischio di censure o peggio ancora di denunce.
…specificando, per questa collaborazione, la prospettiva di un lauto guadagno sulle royalty, perché questo film, c’era da scommetterci, avrebbe sbancato il botteghino.
Avrei dovuto essere estremamente convincente e coerente col mio personaggio, che Elizabeth, dal ritratto che ne aveva fatto Elsa, non era di certo una sprovveduta.
Apprensione, impazienza ed emozione: questi gli stati d’animo con cui mi predisponevo ad incontrare, finalmente, la Elizabeth delle mie visioni.
…incontro che non avvenne mai.
Attesi Elizabeth, nel luogo convenuto, tutto il pomeriggio fino alle prime ombre della sera, ma di lei nessuna traccia.
Avvilita e preoccupata chiesi spiegazione ad Elsa, ma lei disse di non avere alcuna spiegazione al riguardo.
– Avrà fiutato la trappola –
Fu il suo breve commento.
Sta di fatto, però, che una parte di me era pur contenta che l’incontro non si fosse realizzato in base ai presupposti stabiliti da Elsa, che mi avrebbero resa complice dei suoi diabolici piani.
…oppure, era stata Elsa stessa a far fallire il tutto perseguendo un suo piano, privato e segreto, che mi escludeva, ritenendomi, probabilmente a ragione, non all’altezza dei suoi machiavellismi.
Troppo onesta. Troppo ingenua. Troppo emotiva.
Questi, ai suoi occhi, i miei difetti.
…determinata, però, ad andare fino in fondo
Ma la determinazione, da sola, non sempre basta, non sempre regge alla prova dei fatti con chi ha basato la sua ragione di vita sull’inganno e il raggiro, e forse il ricatto.
…e questo mio ragionamento non riguardava Elsa, ma Elizabeth.
Perché la bellissima bruna dagli occhi viola, la terza moglie di Ludwig era, al pari della giornalista, maestra di mistificazioni e sotterfugi, illusioni ed insidie: una intelligenza fine, votata al male.
Ed anche Anais, la presunta vittima, apparteneva alla loro stessa malvagia genia?
…non dimentichiamoci che, per far valere le sue ragioni, era andata da Ludwig armata di coltello
Elsa, all’interno del suo racconto, l’aveva però menzionata solo riguardo alla specifica del suo ruolo d’amante e di socia di Elizabeth.
Forse perché la riteneva un’attrice secondaria, la spalla di Elizabeth, per intenderci, o semplicemente perché non possedeva informazioni al suo riguardo?
Anche la finestra della stanza di Ludwig era diventata un punto buio nella notte: cieca e muta, aveva cessato il suo racconto.
…vana la mia attesa della rivelazione sulla verità di quel segreto di sangue.
Sentinella della notte, trascorrevo le mie ore ad indagare, paziente e vigile, l’oscurità, d’improvviso irrimediabilmente impenetrabile, interrogandomi sul fine per cui ero stata prescelta io, unica spettatrice a poter spiare oltre il nero sipario dietro cui s’era consumato un dramma, privandomi, però, della possibilità d’intervenire.
Denunciare Ludwig per omicidio? Ma non avevo nessuna prova che fosse realmente accaduto, e soprattutto non era stato rinvenuto nessun cadavere
Denunciare la sparizione di Anais? Non c’era tra noi nessun legame di parentela, o di amicizia, che mi autorizzasse a muovermi in tal senso, oltretutto, se mi fosse stata richiesta, non sarei stata neppure in grado di fare una sua descrizione fisica. Conoscevo il suo nome, certo, ma questo non sarebbe stato sufficiente a mettere in moto la lenta macchina della giustizia.
Denunciare Elizabeth come testimone del delitto? Non avrei potuto in nessun modo motivare quest’accusa solo sulla base delle mie visioni.
Avevo le mani legate: la mia storia era talmente incredibile che nessuno l’avrebbe presa sul serio.
Inutilmente avevo cercato notizie di Ludwig sui giornali o in rete, ma di lui non si parlava affatto.
Provai a ricontattare Elsa per tentare un nuovo aggancio con Elizabeth, ma s’era resa irreperibile, non rispondeva o si faceva negare al telefono.
…non mi rimaneva che arrendermi.
Avrei dovuto gettare la spugna, e così feci dopo altri vani tentativi di rintracciare almeno uno dei protagonisti della vicenda. Ma niente, come fossero stati inghiottiti dal buio. Anche Elsa aveva fatto perdere le sue tracce, col sospetto, da parte mia, che lei continuasse ad indagare con risultati più concreti dei miei, che mezzi e conoscenze non le mancavano.
Di tanto in tanto incontravo Adelina, ci scambiavamo speranzose sempre le stesse domande e le stesse sconsolate risposte.
– Hai avuto altre visioni?
– No. E lei, ha avuto modo di sentire o vedere qualcuno?
– Niente e nessuno. E l’appartamento, a tutt’oggi, è ancora sfitto.
Ancora, di notte, cercavo di captare attraverso gli scuri sbarrati della finestra di fronte, segnali di vita, seppur metafisica. Ma nulla più mi giungeva.
…come se l’autore di quell’assurda messinscena, che d’impulso me ne aveva mostrato l’anteprima e poi, sempre con lo stesso impulso, avesse deciso non dovesse più riguardarmi, e così avrei fatto bene a farmene una ragione visto che, dall’altra parte non c’era nessun interlocutore con cui rapportarmi.
…ma il senso d’impotenza, che ne scaturiva, era assolutamente devastante.
Per sfuggire al richiamo ossessivo di quella finestra avrei dovuto cambiare casa, ma le mie magre finanze non mi consentivano di attuare il progetto, che l’affitto esiguo e i pochi doveri condominiali, non mi erano stati proposti in nessun’altro caseggiato.
… avrei dovuto, quindi, far leva solo sulla mia capacità di resistenza per sottrarmi a quella subdola malia, e come Ulisse che per sfuggire al canto delle sirene s’era turato le orecchie con tappi di cera e incatenato all’albero maestro, io, invece, facendo ricorso a mezzi più moderni, m’immergevo in lunghe letture o cercavo d’interessarmi a qualche programma televisivo, oppure, il più delle volte, mi procuravo il sonno con l’ausilio dei sonniferi.
…ed erano solo questi, in ultimo, in grado di lenire nel profondo quel mio distruttivo senso d’impotenza, facendomi precipitare nel salvifico, solitario buio, dell’incoscienza.
…e fu proprio durante l’attesa di una mia full immersion nell’oblio, quando già il sonnifero si accingeva ad espletare il compito per cui era stato assunto, e con solerzia andava spegnendo tutte le lucine nel mio campo visivo per consegnarmi all’oscurità del sonno, che il viso ingordo di Elsa s’impose a riempire lo schermo televisivo.
…in un riflesso opaco, come di vapore, vidi la sua faccia dilatarsi a dismisura nel riquadro della tv eppoi irrimediabilmente frammentarsi in minuscoli, indecifrabili fotogrammi, che mai sarei riuscita a fissare nella memoria.
Al risveglio, dopo essermi impietosamente maledetta per la mia incapacità della sera prima ad oppormi al sonno e seguire il talk che ospitava Elsa, che ogni volta che quella donna si palesava di sicuro c’era in ballo una qualche scottante anteprima.
…e stavolta direttamente mi coinvolgeva.
A fatica avevo dominato l’impulso di precipitarmi a casa di Adelina per chiederle se avesse visto il programma in cui era presente Elsa, e di cosa trattava, facendo però molta attenzione a mascherare l’impazienza e la curiosità che mi dilaniavano, dal momento che lei nulla sapeva dei miei abboccamenti con la giornalista.
…così mi ero data un aspetto sufficientemente presentabile, e già bussavo alla sua porta pregando che fosse in casa e non già dietro a qualche sua effimera commissione.
Mi venne ad aprire, sorpresa ed entusiasta, di quella visita così mattiniera.
– Ho appena fatto il caffè…
– Grazie, lo accetto volentieri.
– Credo che tu sia qui per il programma di ieri. Lo hai visto? C’era quella giornalista, Elsa comediavolofadicognome, vabbé non importa, parlava del Maestro, del suo ritiro dalle scene e del tentativo di suicidio, provvidenzialmente sventato dalla sua terza ex moglie. Sventato per modo di dire, che quando lei ha chiamato l’ambulanza lui era già in stato di coma. Irreversibile, a quanto dicono i medici. Un mix di barbiturici e sonniferi, voleva proprio farla finita.
– Non l’ho visto il programma, cioè avevo già preso i sonniferi e mi sono addormentata. Un mancato suicidio o un tentativo di omicidio? Protenderei benissimo, trattandosi di Elizabeth, per la seconda ipotesi
– Vacci piano anche tu con quella roba. I sonniferi sono come i barbiturici e le droghe, a farne troppo uso ti spediscono all’altro mondo. E già questa sarebbe una fortuna che di sicuro rimanere in coma irreversibile, come è accaduto a Ludvig, è ancor peggio.
– E cos’altro ha detto la giornalista?
– Che scriverà un libro su di lui, promettendo rivelazioni inedite e sensazionali, con l’ausilio della seconda ex moglie, c’era anche lei in studio, una biondina stralunata, devo confessarti che mi ha fatto pena. Rispondeva solo con un si o con un no alle domande che la conduttrice poneva. Sembrava non fosse in grado di formulare risposte più articolate. Mi ha dato l’idea di una drogata, o di una fortemente depressa, così al suo posto rispondeva quasi sempre la giornalista. Perché poi avrà portato quella povera creatura in televisione? Lei e Ludwig avevano avuto un figlio che è morto dopo pochi mesi, di una di quelle morti misteriose dei bambini. Ha detto la giornalista che scriveranno un libro a quattro mani…ma che libro vuole scrivere con una così?
– Inventerà. Potrà dire tutto quello che vuole e senza contraddittorio. A chi davvero importerà indagare sulla verità dei fatti, se la menzogna sarà così intelligentemente congegnata da sembrare più vera del vero? Magari Ludwig è colpevole di omicidio, e nessuno lo saprà mai. Ma dovrà espiare, invece, per peccati mai commessi, e forse più abominevoli di quell’unico.
– E noi cosa possiamo fare?
– Nulla, Adelina. La nostra versione dei fatti, straordinariamente fantastica ma vera, non sarà mai creduta da nessuno: non abbiamo prove né testimonianze, così le mie visioni, e le tue asserzioni, non sarebbero ritenute attendibili da nessun giudice. Abbiamo le mani legate. Rassegnamoci.
– Potremmo rivolgerci a quella giornalista, raccontare a lei tutta la storia, magari lei ci crede
– Se al diavolo racconti la verità quello per dispetto la tramuta in bugia, perché l’unica verità conclamata deve essere sempre la sua. Esattamente lo stile di quella giornalista.
– Ne parli come se la conoscessi
– Forse perché recentemente ne ho conosciuta una che le somiglia davvero tanto.
La salutai con un’amichevole pacca sulle spalle, e poi mesta e sconfitta, ma al contempo sentendomi stranamente libera, me ne tornai a casa.
La storia è questa.
E i protagonisti pure.
Tirate voi le somme, o se vi aggrada, imbastite una morale
Ma io, in questo finale, non salvo nessuno
Neppure me stessa.