Io e Giuliana, come quasi tutti, eravamo povere di beni materiali ma ricche di libertà, sogni, fantasia.

In quelle interminabili estati assolate ed indolenti, ci ritrovavamo spesso a giocare nel silenzio lacerato solo dal frinire delle cicale. Era talmente ossessivo e martellante che lo risento ancora : “cri cri…cri cri…cri cri…”  mentre noi, sedute sul prato progettavamo come riempire quel pomeriggio d’agosto.

“Dai, a che giochiamo?”

“Bho!”

Non avevamo giocattoli e così ci guardavamo intorno, poi si giocava con quel che si trovava.
Ricordo quella volta che notammo un grosso cespuglio rigoglioso ed invitante sulla scarpata della strada che portava fuori dal paese.

“Facciamoci dentro una casa segreta!”

“Siiiii! “

E allora eccoci all’opera: qui la cucina… sposta, spezza, lega … e qua invece la camera…no, un po’ più lunga perché non c’entrano i piedi.

Un varco ancora e poi …spiana, sposta quella pietra …attenzione però alle serpi.

Insomma, fu proprio una faticaccia creare gli ambienti progettati: ingresso, salotto, cucina…

“Accidenti, e il bagno?”

“Qua, qua, facciamolo qua!”

E giù a spostare, legare, scavare per creare un varco.

“Allora adesso giochiamo. Buon giorno, signora! Vuole un caffé?”

E un sasso fungeva da tazzina.

“Sì, signora, però debbo andare al bagno”

“Eccolo qui, dopo ci vado anch’io”

E terminato il ‘collaudo’ del bagno ci sentivamo veramente soddisfatte e a casa.

Ma dopo un po’, preso il caffé, cucinata una frittata con foglie e terra, dormito di traverso per 2 minuti avevamo esaurito il gioco.

Ma, pensammo, una casa è anche un covo; nasconde, protegge come un castello.

“Guarda, se scostiamo, ci facciamo una finestra e possiamo sbirciare di nascosto chi passa”.

Così, ci mettemmo ad aspettare che arrivasse qualcuno.

Passò un cane poi un tipo in bicicletta che sbuffava per la salita ed infine Brighittu che tornava a casa ubriaco fradicio.

Camminava a zig zag un po’ cantando, un po’ bestemmiando mentre noi ci tappavamo vicendevolmente la bocca per non farci scoprire mentre ridevamo.

Ci incuteva paura quel tipo perché aveva modi bruschi anche quando non navigava nel vino e ne stavamo perciò sempre alla larga.

Quella volta aveva davvero fatto il pieno, sbandava tanto che si dovette appoggiare al limite della strada …proprio sotto ‘casa nostra’.

PAURAAAAAAAAA

“ Oddio, non è che ci ha sentite ed adesso viene su?”

“Sssssh, parla piano …no, no”.

Ci ritirammo acquattate, mute, immobili quasi statue mentre da lì sotto ci giungevano vari rumori ‘corporali’ liquidi e gassosi intervallati da esclamazioni di soddisfazione per l’avvenuto alleggerimento.

Poi finalmente lo sentimmo allontanarsi.

Eravamo provate dalle mille emozioni, un po’ schifate da quell’incontro ma l’avventura era stata decisamente emozionante.

Era tempo di rientrare, però.

Tornai a casa piena di polvere, graffiata, con foglie infilate ovunque, sporca e felice.

I miei anticorpi ed il mio umore quel giorno erano alle stelle, nonostante le sculacciate di mamma.

(Foto reperita nel web)