Ancora una volta siamo in viaggio. Dove? Non importa: siamo formiche disperse in mezzo al nulla, che questo nulla si chiami Siria, Canale di Sicilia, Yemen o frontiera del Messico che differenza fa? È forse diverso morire in un deserto di sabbia o di acqua? È meno doloroso, meno ingiusto non avere possibilità quando l’unica colpa è di essere nati nel posto sbagliato? E di essere umani?

Il mio nome è Idris, Juan, Abdullah, Romero. Il mio nome è nessuno. Il mio nome è sepolto con me in luoghi dove non ci sarà chi cercherà di dare un volto alle mie ossa, un senso al mio destino, specialmente in questo periodo di festa che chiamano Natale. E siccome non sono morto, non siamo morti per un caso della natura ma per una scelta consapevole di altri esseri umani, è giusto dire che siamo stati assassinati. E gli assassini siete voi.

Lo so, lo sappiamo, nessuno di voi sente di avere le mani sporche di sangue, avete orrore della violenza e proibite ai vostri figli di vedere film dove la violenza è di casa, e quando a guardarli siete voi – perché la violenza vi attira, ha un fascino perverso per chi non l’ha mai vissuta – vi dite che non è vera, che è una finzione cinematografica. Eppure le vostre armi, quelle che vendete e che servono a massacrare uomini, donne e bambini, tutti innocenti, quelle sono vere, così come sono veri i soldi che vi ritornano indietro e vi fanno chiudere gli occhi.

Lo sappiamo, lo so, che voi avete mille problemi, che c’è la recessione, che i poveri sono sempre più poveri e i ricchi più ricchi, che una fabbrica d’armi produce lavoro, che gli immigrati il lavoro lo rubano, anche se fanno i lavori che nessuno di voi vuole fare per una paga che è una frazione di quella che nessuno di voi si sognerebbe di accettare, che vi fa schifo il nostro modo disperato di vivere, dieci, venti in una stanza che voi ci affittate perché altrimenti non potremmo pagare.
Ma questi sono i fortunati, quelli che arrivano.

Gli altri, tutti noi, ci perdiamo per strada, sepolti sotto un palmo di sabbia o mille metri d’acqua, ma sappiamo che sotto sotto qualcuno di voi è persino contento di questa continua, silenziosa strage, perché meno ne arrivano e meno ne partiranno, dite, dicono i governanti che la vostra paura e la vostra mancanza di vergogna ha eletto, anche se tutti sanno, voi tutti sapete anche se fate finta di ignorarlo, che se partiamo dalle nostre case, dalle nostre famiglie, è perché la vostra violenza, la vostra sete di denaro, la vostra cupidigia ci ha scacciato per rubare le risorse delle nostre terre.

Eppure, nonostante tutto questo, nonostante le umiliazioni, le violenze, le cattiverie che continuamente e ora più che mai perpetrate nei nostri confronti, noi non vi odiamo.
Non vi odiamo, non vi odio perché l’odio è dei ricchi, di chi se lo può permettere, di chi crede di avere qualcosa da difendere, qualcosa che non vi porteremmo mai via.
Io, noi non abbiamo niente, soltanto le nostre vite, e anche quelle ce le state rubando giorno per giorno, seminando di trappole mortali il nostro percorso, negandoci anche quell’umanità che non neghereste mai ad uno dei vostri animali domestici.

Non vi odio, non vi odiamo, no, anzi voglio, vogliamo farvi un regalo, non qualcosa di materiale ché io, noi, non possediamo nulla, ma soltanto un augurio: che vi capiti un giorno di voltarvi indietro e vedere tutta la violenza, tutta la vigliaccheria con cui avete vissuto. Che vi capiti prima che sia troppo tardi perché, sapete, vogliamo farvi un altro regalo, rivelarvi un piccolo segreto: anche voi, come me, come noi, dovrete morire.