Confina con i territori nebbiosi di Utopia, dalle cui recondite alture è possibile intravedere, in situazioni meteorologiche favorevoli, e con l’ausilio di un potente cannocchiale puntato verso nord, i labili contorni dell’Isola Che Non C’è. Focalizzando le lenti verso sud, invece, nitidissimi emergono i bastioni decadenti del Deserto dei Tartari. Immemore avamposto di una frontiera morta. Che ad est fiancheggia la monotonia uniforme, ed ingannevolmente sconfinata, di un anonimo tavoliere, in origine pianura di sollevamento, trasversalmente percorso da una lunga dorsale montuosa, che rammenta il profilo radiologico di una colonna vertebrale scoliotica.
Modeste altitudini che però spiccano evidentissime nella desolante depressione paesaggistica, con una rilevanza abnorme e fittizia. Cime e pinnacoli puntano perentori contro un cielo ardente, circumnavigato dal volo ossessivo dei passeri dal petto nero.
Ed ancora s’intravede il tracciato indicativo di un fiume denutrito. Ormai quasi del tutto prosciugato. Nel cui letto hanno un tempo dimorato, in pacifica coesistenza, le specie endemiche con quelle aliene.
Sottili alberelli dal tronco refrattario, alla cui base parassitano cespugli anemici.
Ed una moltitudine, spontanea ed invasiva, di funghi ibridi e di radici filamentose.
Questi sommariamente i contorni morfologici, con dettagli di flora e di fauna, della regione metafisica che mi appresto a percorrere in sella ad un ronzino distrofico e sordo, ma devotamente paziente. Che, in virtù del suo lodevole carattere, ho battezzato Mahatma.
Convinta come sono che per intraprendere questa audace esplorazione avrò bisogno più di un compagno fidato che di un motore efficiente. Così per non gravargli come soma aggiuntiva diventerò incorporea, percorrendo a piedi i tratti più disagevoli.
Un tascapane ed un barilotto di acqua, un’essenziale cambio d’abiti ed una coperta notturna. Questo il volume totale del bagaglio stabilito per fronteggiare le necessità del viaggio.
Verso la leggendaria regione di Blogosphere.
Che all’inizio, anch’io come tutti, erroneamente avevo ipotizzato si dovesse trovare nell’ insondabile intrico dei labirinti siderali.
E, per questo, irrangiungibile.
Ma, dopo attenta rilettura di pergamene indiziarie e di mappe geografiche approssimative, mi sono lasciata permeare dall’idea che l’ubicazione di Blogosphere sia contenuta, in realtà, in un enigma irrisolto di meridiani e paralleli terrestri.
E’ quanto ci apprestiamo ad appurare, in questo viaggio ardimentoso, Mahatma ed io.