Tempo fa Ilaria Agostini mi ha suggerito il link di un sito che trattava del Viaggio dell’Eroe, inteso come modello narrativo per leggere e generare storie. Proprio in quel periodo stavo leggendo un paio di libri di Joseph Campbell, uno storico delle religioni statunitense scomparso nel 1987 il cui lavoro ha riguardato soprattutto i collegamenti tra la mitologia comparata e la psicologia analitica.

Quello della mitologia è un campo di studi estremamente fecondo ed è stato grandemente sviluppato dopo che Jung ha formalizzato la sua teoria degli archetipi dell’inconscio collettivo. Facendo proprio l’aforisma attribuito a Bernardo di Chartres e ripreso da Isaac Newton, secondo cui i moderni possono vedere più lontano non per la propria grandezza ma perché «assisi sulle spalle di giganti», do per scontate le influenze platoniche e neoplatoniche su ogni teoria filosofica o psico-filosofica che postuli l’esistenza di idee innate, ma è un fatto che solo dopo l’opera di Jung queste teorie, antiche quanto l’umanità, sono state sdoganate e hanno dato origine a molte ricerche che, spesso sfruttando i moderni strumenti della statistica, hanno fornito risultati sorprendenti.

Un’unica storia con moltissime variazioni

Partendo dai testi di Campbell, soprattutto L’eroe dei mille volti e Mitologia creativa (questo in realtà comprenderebbe due volumi, di cui uno è Le maschere di Dio) e dalle riflessioni del russo Vlòdimir Propp (Morfologia della fiaba, 1928), Chris Vogler ha voluto verificare se l’affermazione del saggista USA, che tutte le storie dell’umanità fossero in realtà un’unica storia con moltissime variazioni, un’ipotesi molto forte, corrispondesse a realtà.

Quale modo migliore per una verifica che un’analisi comparata? Così Vogler ha analizzato oltre seimila opere di narrativa, soprattutto sceneggiature, trovando conferma assoluta di questa teoria. Da qui a cercare di capire quali fossero gli elementi che caratterizzano questa «storia maestra», la Storia delle Storie, il passo è stato breve ed ha originato il libro di cui si tratta, Il viaggio dell’eroe (1992), in cui vengono identificati gli elementi costitutivi di qualsiasi storia che possa essere raccontata e il percorso che è destinato ad essere compiuto. Naturalmente esistono moltissime variazioni su questa linea principale, ma tutte sono derivazioni o reinterpretazioni delle figure e delle funzioni chiave, così come il viaggio può essere esteriore o interiore, concludersi in maniera definita o essere lasciato aperto, ma sempre seguendo la stessa progressione di fasi.

Le storie ci piacciono così, ecco il perché

Esiste anche un’ipotesi sui motivi di questa situazione oggettivamente verificata: poiché le figure del Mito rappresentano elementi fondanti dell’animo umano sono archetipi dell’inconscio collettivo a cui tutti istintivamente ricorriamo nel momento in cui il nostro pensiero attraversa una fase creativa. Ma c’è di più: siccome abbiamo introiettato questi elementi e sono nostro patrimonio comune, è naturale che nel momento in cui li ritroviamo scritti o rappresentati li riconosciamo come nostri e ci sentiamo istintivamente a nostro agio. In pratica, è molto più facile che ci piacciano.
Questo significa che un’opera in cui questi elementi sono correttamente rappresentati e riconoscibili – fatta ovviamente salva la qualità di scrittura e di rappresentazione – ha facilmente successo, piace. Allora, è la riflessione di Vogler, perché lo scrittore o lo sceneggiatore non si preoccupano coscientemente della corrispondenza delle loro opere con queste figure? Probabilmente perché non ne sono consapevoli.

Le dodici fasi del viaggio

Vogler identifica dodici fasi distinte in cui è possibile suddividere il viaggio dell’eroe, mettendo in guardia lo scrittore a considerarle come punti di passaggio, orientamenti e non regole fisse. Alcune fasi possono essere mancanti o nascoste, o ancora elaborate in maniera diversa e magari ripetute, ma il modello nel suo insieme resta e, quello che più conta ha dimostrato di funzionare. Queste fasi secondo Vogler sono:

  1. IL MONDO ORDINARIO
    All’inizio del viaggio l’Eroe lascia il mondo di tutti i giorni per avventurarsi in una regione di meraviglia soprannaturale: il Mondo Ordinario. L’inizio di ogni storia, ha degli obblighi precisi da rispettare: deve avvinghiare il lettore o lo spettatore, dare il tono alla storia, suggerire una direzione e riuscire a comunicare una grande mole di informazioni senza rallentare il ritmo. L’inizio è un momento delicato.
  2. RICHIAMO ALL’AVVENTURA
    Il Mondo Ordinario per la maggior parte degli eroi rappresenta una condizione statica ma instabile. I semi del cambiamento e dello sviluppo sono stati gettati e basta ancora un altro po’ di energia per farli germogliare. Questa energia, rappresentata con simboli differenti, è il Richiamo all’Avventura.
  3. RIFIUTO DEL RICHIAMO
    È comprensibile che a questo punto l’Eroe esiti, o addirittura Rifiuti il Richiamo. Questa attesa per strada, prima che cominci il viaggio, svolge un importante funzione drammaturgia nel segnalare al pubblico che l’avventura è rischiosa. La posta è molto alta e il percorso pieno di pericoli, l’Eroe potrebbe perdere fortune o la vita stessa. La pausa per valutare le conseguenze del Richiamo rende il coinvolgimento nell’avventura una scelta in cui l’Eroe dopo l’esitazione o il rifiuto, sarà pronto a rischiare la vita pur di raggiungere l’obiettivo.
  4. INCONTRO CON IL MENTORE
    Nei miti e nel folclore, ci si potrebbe preparare all’avventura con l’aiuto della figura saggia e protettiva del Mentore che protegge, guida, istruisce, verifica, addestra e assegna doni magici all’Eroe. Propp definì questo tipo di personaggio «donatore» o «fornitore», perché la sua esatta funzione è di fornire all’Eroe qualcosa che occorre lungo il viaggio.
  5. VARCARE LA PRIMA SOGLIA
    Ora l’Eroe si trova sulla Soglia del mondo dell’avventura, il Mondo-Straordinario. Ha raccolto il Richiamo, ha manifestato i dubbi e le paure, si è rilassato e ha sbrigato tutti i preparativi necessari. Ma rimane ancora da compiere l’azione più decisiva: il Varco della Prima Soglia, un Atto di volontà con cui l’Eroe impegna tutto se stesso nell’avventura, un passo da cui non potrà tornare indietro.
  6. PROVE, ALLEATI E NEMICI
    Ora l’Eroe entra del tutto nel misterioso ed eccitante Mondo Stra-Ordinario che Campbell ha chiamato esplicitamente «un paesaggio dove egli deve sopravvivere a una serie di prove».
  7. AVVICINAMENTO ALLA CAVERNA PIU’ RECONDITA
    Gli eroi, dopo essersi ambientati nel Mondo Stra-Ordinario, proseguono per individuarne il centro. Lungo il cammino, trovano un’altra zona misteriosa con altri Guardiani della Soglia, altre regole e Prove: si tratta dell’Avvicinamento alla Caverna più recondita, dove presto essi proveranno meraviglia e terrore al massimo grado.
  8. LA PROVA CENTRALE
    Ora l’Eroe si trova nell’antro più interno della caverna ad affrontare la sfida più importante, e il rivale più terribile. Qui si trova il fulcro di tutto: la Prova Centrale.
  9. LA RICOMPENSA
    Superata la crisi della prova centrale, l’eroe  sperimenta le conseguenze di essere sopravvissuto alla morte. Il sopravvivere a una crisi genera molte opportunità e la ricompensa, conseguenza dell’esito positivo della prova centrale, può assumere molte forme e finalità.
  10. LA VIA DEL RITORNO
    Una volta che le lezioni e le ricompense della grande prova sono state celebrate, l’eroe si trova di fronte a una scelta: rimanere nel Mondo Stra-Ordinario o cominciare il viaggio di ritorno nel Mondo Ordinario. Sebbene il Mondo Stra-Ordinario possa avere un suo fascino, raramente l’eroe sceglie di rimanerci. Questo è il momento in cui la forza della storia cresce di nuovo. In termini psicologici questa fase rappresenta la determinazione dell’eroe di tornare al Mondo Ordinario e mettere in pratica le lezioni imparate. Ciò può essere difficile. L’eroe ha motivo di temere che le saggezza e l’incantesimo della prova possano svenire alla luce del giorno. Nessuno potrebbe credere che l’eroe sia miracolosamente scampato alla morte.
  11. LA RESURREZIONE (CLIMAX)
    Questo è uno dei passaggi più complessi e stimolanti per l’eroe e per lo scrittore. Per sentire che la storia è completa il pubblico deve sperimentare un ulteriore momento di morte e di rinascita, simile alla prova centrale. Questo è il Climax, non la crisi: l’ultimo e più pericoloso incontro con la morte. L’eroe deve subire una purificazione finale, prima di rientrare nel Mondo Ordinario. Il trucco sta nel conservare la saggezza della prova centrale e liberarsi dai suoi effetti negativi.
  12. RITORNO CON L’ELISIR
    Essendo sopravvissuto a tante ardue prove, avendo visto la morte negli occhi, l’eroe torna al luogo di partenza, ritorna a casa o prosegue il viaggio: sente che è sul punto di cominciare una nuova vita, che sarà per sempre diversa. Dal Mondo Stra-Ordinario il vero eroe ritorna con l’Elisir, qualcosa da dividere con gli altri, o qualcosa che ha il potere di sanare il paese ferito. Ritorno con l’Elisir significa vivere concretamente il proprio cambiamento nella vita di ogni giorno e fare ricorso alle lezioni imparate durante l’avventura per curare le ferite.

All’interno di queste fasi principali vi sono molte sotto-fasi e possibili variazioni: è importante qui capire l’esistenza di un modello unico per tutte le storie: come sarà elaborato all’interno della particolare trama che vorremo scrivere dipenderà da molte cose, a partire dal genere della storia. Se vorremo raccontare un’avventura nel senso classico del termine il momento della Prova potrebbe essere un pericolo mortale a cui l’Eroe va incontro, mentre per una storia d’amore potrebbe essere la minaccia della rottura definitiva del rapporto o della speranza di allacciarlo. In ogni caso sarà un avvenimento traumatico che richiederà tutte le energie dell’Eroe per essere superato con successo (e magari anche una buona dose di fortuna).

Applicare il modello quando si scrive una storia

Ma attenzione: Il modello del viaggio dell’eroe non è altro che una metafora di ciò che succede in una storia o in una vita umana. Potreste decidere che il processo di cuocere il pane, guidare una macchina o scolpire una statua fornisca un paragone più significativo del narrare una storia. Fasi, termini e teorie del viaggio dell’eroe possono essere usati come un modello strutturale per le storie, oppure come un mezzo per scovarvi difetti, basta che non seguiate questa linee guida troppo rigidamente.

Alcuni cominciano a ideare la trama di un film o di un romanzo scrivendo le 12 fasi del viaggio su 12 schede. Se già si conoscono alcune delle scene principali e i punti di svolta, scrivetele dove pensate che corrispondano le 12 fasi. In questo modo si comincia a progettare la storia e si riempiono le lacune nella conoscenza dei personaggi e di cosa gli accade. Bisogna farsi delle domande: quali sono i Mondi Ordinari e Stra-Ordinari di queste persone? Qual è il richiamo dell’avventura del mio eroe? In breve tempo le lacune si colmano ed è possibile tracciare un viaggio dell’eroe per ciascun personaggio e sub-plot, finché il disegno sia elaborato del tutto. Tutti i racconti contengono gli elementi del viaggio dell’eroe, ma questi possono essere sistemati in quasi ogni ordine per soddisfare le esigenze della nostra storia.

Due esempi da Hollywood

Concludo riportando due esempi di analisi di un testo ripresi dal libro di Vogler, due sceneggiature di film:

L’ULTIMO DEI MOHICANI 

L’ultimo dei Mohicani è il classico viaggio dell’eroe, con fasi ben articolate e una completa gamma di archetipi. NATHANIEL POE, orfano di una famiglia di coloni inglesi, è un eroe complesso, quasi un supereroe per certi versi, ma un antieroe per altri, ai margini della società. Anche CORA è un eroe in viaggio, che esplora l’amore e la Frontiera con Nathaniel, suo mentore e innamorato. Anche i sub-plot di DUNCAN e UNCAS sono viaggi di eroi, che mostrano due possibili destini. Duncan è un eroe tragico condannato dalle sue stesse scelte: generalmente mostra una rigida osservanza del dovere e dell’onore al di sopra di valori umani più alti. Non conquista la ragazza, ma alla fine impara la lezione. Anche Uncas offre la vita in nobile sacrificio, lottando per il proprio amore. ALICE svolge poche azioni positive e potrebbe essere considerata come una vittima, incapace di adattarsi e di sopravvivere; è un eroe tragico nel senso che non riesce ad imparare la lezione. MAGUA è un vero cattivo, deciso ad uccidere i nostri eroi: è una vera Ombra perché mette in scena l’odio e il rancore causati dai conflitti tra nativi ed europei. Si può criticare la storia per non aver sviluppato la vicenda d’amore tra Alice e Uncas, che viene descritta brevemente con alcuni primi piani in ralenti, sostenuti da una musica romantica. La loro attenzione viene data per scontata e non viene drammatizzata in maniera convincente. L’unica fase del viaggio dell’eroe a non essere sta pienamente sviluppata è l’incontro con il Mentore, ma questa energia percorre tutta la storia attraverso la potente influenza di Chingachgook, sebbene lui non sia l’eroe, lui è l’ultimo dei Mohicani del titolo. Forse il titolo sottintende anche che Nathaniel, come figlio adottivo di Chingachgook, è veramente l’ultimo dei Mohicani e condivide l’eredità della loro armonia con la natura. L’ambiguità del titolo ci invita a chiederci «chi è l’ultimo dei Mohicani?». Tutti noi partecipiamo un po’ del significato di quel titolo, in quanto eredi della necessità di vivere in armonia con la natura e con gli altri.

LA MORTE TI FA BELLA

 L’analisi del viaggio ne La morte ti fa bella rivela una storia forte nelle parti dei richiami e dei rifiuti, delle prove centrali e dei premi, con un meraviglioso risvolto sui mentori/ombra e gli Elisir pericolosi. La storia sfida alcune convenzioni dell’archetipo di eroe. All’inizio è poco chiara perché non si capisce bene chi sia l’eroe. Si comincia con identificarlo in HELEN la scrittrice vittima, a cui MADELINE porta via il fidanzato, il chirurgo plastico ERNEST MELVILLE. Helen sembra essere l’eroe perché è quella che all’inizio subisce una perdita. Ma quando Helen dimagrisce di nuovo e cerca di convincere Ernest a organizzare l’omicidio di Madeline, la nostra comprensione ed identificazione si sposta verso Madeline, nonostante l’antipatia del personaggio. È lei a condurre il film e agisce da eroe attraverso le tappe del richiamo e del rifiuto, l’incontro con il mentore e la prima soglia. Comunque alla fine diventa chiaro che Ernest è il vero eroe, per il fatto che impara di più e ritorna con il vero Elisir. Questo film offre un piacevole capovolgimento del concetto di Elisir. Quello apparente è una vera pozione magica che concede la giovinezza e la bellezza ma a un prezzo spaventoso. Il vero Elisir, ci spiega infine il film, è invecchiare bene dopo una vita piena e generosa. Può essere letto in retrospettiva come una storia ben equilibrata di tre eroi, due dei quali, Helen e Madeline, sono tragici e non riescono a imparare la lezione. Le donne vengono viste come eroi positivi del film finché non bevono la pozione, l’oscuro Elisir. Poi, cambiano maschera, trasformandosi in ombre sempiterne di eroi, i cattivi, ed Ernest è quasi costretto ad indossare la vera maschera dell’eroe. Nel film fa ingresso la suspence quando Ernest arriva a un passo dal commettere il medesimo fatale errore delle donne. La morte ti fa bella rivela molte funzioni di archetipi e tappe del viaggio dell’eroe; alcune fasi sono ripetute e approfondite per tracciare un disegno affascinante.