Erano , quelli, giorni interminabili in cui le lancette dell’orologio della torre sembravano ferme come quelle nuvole laggiù all’orizzonte. Eppure si aveva il sentore che qualcosa sarebbe arrivato ed era una sensazione simile ad un brivido dolce-amaro che li sospingeva ad agire, a vivere appieno quello spazio di tempo in una irrefrenabile voglia di giocare.

Così, quel giorno, Mario, Gianni, Fausto e la banda intera avevano inforcato le bici per andare a giocare a pallone sulla radura, laggiù, lungo il fiume. Avevano riempito l’aria di ‘Gooooooal!’, risa, ‘Dai, dai passa la palla!’, insulti all’amico che non s’era mostrato pronto e qualche rara, storpiata bestemmia.

Ed ora eccoli là, sudati, sporchi di polvere ed erba, soddisfatti delle epiche gesta, seduti sul pontile . Le gambe ciondolavano nel vuoto quasi pronte a compiere quell’ancora ignoto passo verso il futuro.

“ Da grande, voglio giocare col Milan, Rivera e…” e Mario: “ Ma che…io farò il pompiere come mio babbo.”

Già! Eccoli là, sorridenti e vivi in quel frammento di tempo .

All’orizzonte, nuvole frammiste a squarci di sereno stavano arrivando.

(Foto tratta dal web.)