JENNIFER

Jennifer Campbell si svegliò quel mattino con un senso di angoscia che le opprimeva il petto.

Stava per fare qualcosa che avrebbe procurato un grande dolore ai suoi genitori, stava per fuggire con Jack, un poco di buono che viveva di furti e spaccio di droga.

Un giorno suo padre l’aveva sorpresa con lui mentre passeggiavano teneramente abbracciati lungo il viale alberato che costeggiava il canale di irrigazione dei campi.

«Ti proibisco di frequentare quel delinquente! –  le urlò quando ritornò a casa –  ti ho già detto che non voglio vederlo ronzare intorno a te! La nostra famiglia è rispettata in questa città, non permetterò che ci rovini la reputazione!».

«Papà ascoltami, io sono innamorata di lui, mi ha promesso che cambierà vita e cercherà un lavoro e poi mi sposerà. Non vuoi dargli almeno una possibilità?»

«Sciocchezze! Tutte promesse che non manterrà mai. Mi sono informato su di lui sai, non è la prima volta che aggancia una ragazza di buona famiglia e tenta di estorcerle più denaro che può, con la scusa del matrimonio. Sta solo cercando di intrufolarsi in casa nostra attraverso te, sa che conduciamo una vita agiata, possibile che non lo capisci?»

Jennifer non aveva più obiettato.

La sera, chiusa nella sua cameretta pensava – mio padre non è preoccupato per me, ha solo paura che Jack possa portargli via i suoi dannati soldi,  e la mamma non ha detto una parola in mia difesa, è completamente soggiogata da lui. Ma io ho vent’anni ormai, sono maggiorenne e posso fare ciò che voglio, dovranno rassegnarsi tutti e due.

Il giorno dopo si incontrò con Jack in un luogo isolato, e gli riferì per filo e per segno le parole del padre.

Lui non si scompose più di tanto

«Jenny tesoro – disse – se mi ami davvero devi prendere una decisione. O me o lui. Possiamo andarcene da qui insieme. Io ho un po’ di soldi, tu cerca di metterne insieme più che puoi e… partiamo alla ventura, lontano da qui, ci sposeremo e vivremo felici. Vedrai che tuo padre di fronte al fatto compiuto si rassegnerà. Altrimenti, mia cara Jenny, dovremo dire addio al nostro sogno d’amore»

«No! Questo mai! Io ti amo e non rinuncerò mai a te».

«Ok, allora pensaci su e dammi una risposta al più presto. Ora è meglio che torni a casa, si è fatto tardi».

Dopo cena Jennifer si ritirò nella sua stanza e, dopo aver riflettuto a lungo, prese la sua decisione – Me ne andrò con lui, domani passerò alla banca e ritirerò tutto il mio denaro –

Prese il telefono e compose il numero «Jack!»

«Ciao piccola»

«Ho fatto la mia scelta. Verrò con te!»

«Brava amore, vedrai, andrà tutto bene».

«Domani andrò in banca a prendere tutti i miei risparmi, puoi aspettarmi fuori se vuoi»

«Certo tesoro, a domani. Un bacio».

Sul viso di Jack c’era un’espressione indefinibile, un sorriso ambiguo.

Con l’angoscia che la attanagliava, Jennifer il mattino dopo fece colazione come al solito, salutò i suoi genitori come al solito, loro risposero distrattamente, come al solito. Uscì di casa, salì in macchina e si diresse verso la banca…

ROBERT

Robert Vince quella notte non riusciva proprio a prendere sonno. Aveva appena ricevuto una strana telefonata «Mr. Vince?»

«Sono io, ma chi è a quest’ora?»

«So cosa ha fatto!» disse lo sconosciuto.

«Cosa? Ma cos’è, uno scherzo? Vai all’inferno!» e chiuse la comunicazione con rabbia.

Ma il sonno non arrivava.

Il suono del telefono lo fece sobbalzare di nuovo.

«Pronto, Mr. Vince?»

«Ancora!? L’avverto che chiamerò la polizia se continua a importunarmi»

«Non le conviene. Io so cosa ha fatto!»

Robert chiuse immediatamente la comunicazione.

Gocce di sudore gli imperlavano la fronte mentre pensava – no, non è possibile! Nessuno può sapere! Nessuno mi ha visto! Domani andrò da Bill e…  di nuovo lo squillo del telefono

«Bastardo, lasciami in pace!» –  urlò nel microfono,

«Robert! sono io, Bill!»

«Bill! Oh scusa, ho i nervi a fior di pelle. Ho ricevuto due telefonate molto strane poco fa, sarei venuto a parlartene domani. Ma..perché mi hai chiamato?»

«Beh..rispose Bill, veramente anch’io ho ricevuto telefonate strane stanotte. Una voce sicuramente contraffatta che diceva “so cosa hai fatto” o qualcosa del genere! Volevo appunto parlartene…sei sicuro che nessuno ti abbia visto l’altra sera?»

«Certo che sono sicuro»

«Eppure qualcuno deve averti visto, altrimenti che senso avrebbero queste telefonate?»

«Ma, se qualcuno ha visto me, rispose Robert, perché ha chiamato anche te che non c’eri? No no, c’è qualcosa che non va  Bill, domani ne parleremo con calma»

«Hai ragione, non ha senso, a domani allora, ti aspetto».

Robert restò qualche secondo immobile col telefono in mano pensando fra sé –  mi prendi proprio per un cretino, vero Bill? domani …metterò tutto a posto, stanne certo. –

WILLIAM

William Preston era disperato. Anzi, terrorizzato.

Si era lasciato convincere dagli amici ad andare con loro al pub, si erano ubriacati e, al ritorno, guidava lui, aveva investito qualcuno o qualcosa, chissà.

– Oh Dio, spero di non aver ucciso nessuno! Eravamo tutti ubriachi gli amici non se ne sono neanche accorti, almeno credo. Domani andrò a comprare il giornale, se qualcuno è stato investito sarà riportato nella cronaca.

Ora è meglio cercare di dormire un po’… domani vedremo… –

JENNIFER

Arrivata alla banca Jennifer parcheggiò l’auto, si guardò intorno con cautela, quindi entrò e si recò allo sportello.

«Vorrei prelevare tutti i soldi sul mio conto» disse all’impiegato.

«Il suo nome prego?»

«Jennifer Campbell»

Senza battere ciglio il cassiere consegnò alla ragazza un bel mazzetto di banconote.

«Ecco a lei Miss Campbell, controlli che sia tutto a posto e poi firmi qui in basso»

Controllò velocemente, firmò e mise i soldi nella borsetta, quindi si girò per uscire… e restò di ghiaccio.

Di fronte a lei stava un amico di suo padre che frequentava spesso la casa dei suoi genitori.

«Jennifer! disse l’uomo guardandola con perplessità, come stai?»

La ragazza deglutì, e rispose,cercando di essere il più disinvolta possibile.

«Buongiorno Mr. Ford, io sto bene grazie, e lei?»

«Bene bene, grazie cara, strano vederti qui a quest’ora»

«Oh, sto solo facendo una piccola commissione per papà – mentì Jennifer, – ora torno a casa»

«Capisco, allora arrivederci cara, salutami i tuoi genitori e dì loro che verrò presto a trovarli»

Jack, intanto, nascosto dietro un albero della piazza di fronte alla banca, vide Jennifer parlare con un uomo.

Maledizione – pensò– chi è quel ficcanaso?

Attese ancora qualche minuto, vide la ragazza uscire da sola e guardarsi intorno preoccupata.

Attraversò la strada e la raggiunse.

«Oh Jack, finalmente! Temevo di non trovarti»

«Figurati, non sarei mancato per niente al mondo. Hai preso i soldi? E chi era l’uomo che parlava con te?»

«I soldi li ho presi sì, l’uomo che hai visto prima è un amico di mio padre, ha visto che prelevavo denaro, e non credo che abbia creduto a ciò che gli ho detto»

«Cioè, che gli hai detto?»

«Che facevo una commissione per mio padre»

«Ah, che idiozia, tuo padre ha tutto il personale a disposizione per queste cose. Sono grandi amici loro due?»

«Beh si, viene spesso a casa nostra. Cosa ne pensi Jack? Mi sembri molto preoccupato e nervoso».

«Preoccupato dici? Quell’uomo si sarà già precipitato da tuo padre a riferirgli che la sua bambina era in banca e prelevava una forte somma di denaro. Farà saltare i nostri piani! Dobbiamo partire immediatamente! Dai sali in macchina guido io»

«Va bene Jack» disse Jennifer, con aria triste – non l’ho mai visto così – pensava – certo è preoccupato, anch’io lo sono, ma non è mai stato così rude con me.

Jack partì velocemente dirigendosi verso l’autostrada, il suo sguardo era freddo e Jennifer cominciava a sentire una certa inquietudine che cresceva man mano che si allontanavano dalla città.

Spero di aver fatto la cosa giusta – pensò – i miei genitori soffriranno lo so, ma appena ci saremo sposati io e Jack ci faremo perdonare, almeno spero.

Intanto l’auto viaggiava a tutta velocità verso la libertà…

ROBERT

Aveva dormito poco e male, si svegliò con la bocca impastata e un principio di mal di testa.

Poi ricordò.

Le telefonate anonime e Bill che diceva di averle ricevute anche lui. Questo non era possibile.

Quando aveva ucciso Jo, il loro complice di tante truffe, era solo, Bill lo aspettava a casa sua.

Avevano deciso di eliminarlo perché da un po’ di tempo beveva e chiacchierava troppo e avevano rischiato di farsi arrestare in più di un’occasione.

Quindi, Bill gli aveva mentito sulle telefonate. Perché?

Forse era stato proprio lui a farle camuffando la voce, ed ora voleva liberarsi di lui.  Ma io non me ne starò ad aspettare – pensò Robert – , andrò a casa sua e gli farò sputare la verità con le buone o con le cattive.

Giunto a casa di Bill, suonò il campanello, nessuno venne ad aprire, bussò forte alla porta, nulla. Girò intorno alla casa e vide la finestra del bagno aperta.

Con cautela entrò e si fermò un momento ad ascoltare: silenzio assoluto. Aprì adagio la porta del bagno e percorse il corridoio fino al soggiorno. La tv era accesa, ma non c’era audio, alcuni vestiti gettati disordinatamente sulla poltrona – starà ancora dormendo – pensò – aprì piano la porta della camera da letto, infatti Bill era lì sdraiato sul letto e coperto col lenzuolo fino al collo.

Si avvicinò,  scostò il lenzuolo e… fece un balzo all’indietro.

Bill giaceva con la gola squarciata.

Robert, piegato in due dallo spavento e dall’orrore corse in bagno dove vomitò anche l’anima.

Preso dal panico uscì a precipizio dalla casa, salì in macchina, mise in moto a fatica, era madido di sudore, ora temeva anche per la sua vita. Nel suo appartamento non aveva coraggio di tornare, temeva che qualcuno.. ma chi, chi!  potesse ucciderlo.

Quindi prese una decisione, forse poco lucida ma l’unica che in quel momento gli sembrava giusta. Fuggire lontano, lontanissimo, avrebbe ragionato più tardi, a mente libera. Partì in direzione dell’autostrada.

WILLIAM

La mattina, dopo una notte trascorsa nel dormiveglia, tra sogni e incubi, William si lavò e vestì in fretta, poi uscì a comprare il giornale. La cronaca non riportava l’incidente, stava per girare pagina quando vide un trafiletto di poche righe.

”Questa notte il cadavere di un giovane, è stato trovato lungo la Quinta strada, quasi certamente travolto da un’auto. Non si conoscono per il momento le sue generalità”.

 Oh mio Dio –  gemette William  – allora è proprio vero, ho ucciso un uomo. E adesso cosa faccio? Fnirò in galera, nella mia posizione sarebbe devastante, cosa posso fare? Tornò a casa di corsa, si preparò un caffè molto forte, e cercò di calmarsi.

Telefonò a un paio di amici che erano con lui quella sera, per rendersi conto di cosa  ricordassero.

«Pronto Fred, come va? Sei riuscito a dormire dopo la sbornia di ieri?»

«Macchè, rispose Fred, Mi sono rigirato nel letto continuamente e adesso mi scoppia la testa»

Provò anche con Albert

«Ciao Al, sono Willy, ti sei ripreso dalla sbornia di ieri?»

«Ciao Will, mi fa piacere sentirti. Ti dirò che ho dormito bene stanotte, pensa, stamattina sono già uscito e ho fatto quattro chiacchiere un po’ in giro. Indovina cosa ho saputo?»

«Cosa?» chiese William, iniziando ad agitarsi.

«Hanno investito un ragazzo stanotte, sulla quinta strada».

«Sì, lo so, ho letto la notizia, ma non si sa ancora chi sia mi pare, no?»

«Forse tu hai preso la prima edizione, le notizie non erano ancora precise. Pare che il ragazzo sia il figlio di un malavitoso, un certo Nick, non vorrei essere nei panni dell’investitore. A proposito, stanotte, guidavi tu vero?»

«Certo, e con ciò?» disse Willy, mentre sentiva cedere le gambe. «Niente, figurati, mi domandavo se avessi visto qualcosa ma, no… che sciocchezza…noi saremo passati prima del fatto. Bene Will, adesso devo andare, ti saluto».

«Oh certo Al, ci vediamo presto!»

– Il figlio di un malavitoso! Ci mancava questo! Un momento! Se nessuno ha preso il numero di targa sono salvo! –

Decise di aspettare il giorno dopo prima di prendere qualsiasi decisione.

Passò quella giornata in ufficio come al solito, dopo il lavoro si fermò al bar a bere un aperitivo con gli amici, che non parlarono affatto dell’accaduto, comprò qualcosa da mangiare in rosticceria e tornò a casa.

Appena aprì la porta, due mani enormi l’afferrarono per i capelli e lo gettarono sul pavimento del soggiorno come fosse un fantoccio.

«Aiuto! Aiu…»

Tentò di gridare ma un pugno micidiale lo colpì alla mascella, lasciandolo tramortito.

Poi sentì che gli sollevavano la testa, e una voce cavernosa che diceva «Mi manda Nick, dice che vuole vedere in faccia chi gli ha ammazzato il figlio. Capito?»

«No, io non so di cosa parla, io… io…»

Un altro pugno gli fece morire in bocca le parole.

Il povero Will era talmente terrorizzato che non sentiva nemmeno il dolore alla mascella, balbettava, negava tutto. L’energumeno lo fece alzare da terra.

«Non negare, tanto è inutile. C’è sempre qualcuno che vede qualcosa… capisci? È bastato fare una visitina agli amici tuoi, per avere la conferma che guidavi tu ok?»

Ormai Willy era al massimo della disperazione – oh Dio, mi ammazzeranno come un cane, no.. no.. non voglio morire – questi pensieri gli vorticavano nella mente mentre cercava qualcosa, qualunque cosa per… Fu allora che vide le grosse forbici sulla mensola sopra il calorifero. Con la forza che solo un’enorme paura può dare, fece uno scatto felino, si liberò dalla stretta, prese le forbici e le conficcò nel petto dell’uomo, che, preso alla sprovvista non si spostò di un millimetro per evitare il colpo, quindi stramazzò a terra morto.

William tremando come una foglia, si guardava in giro senza vedere nulla, dopo alcuni minuti realizzò d’aver ucciso un uomo, anzi, l’uomo del boss.

Si rese conto che sarebbero venuti altri a cercarlo e lo avrebbero ucciso senza pietà.

Prese all’istante la decisione di scappare, raccolse tutto il denaro che aveva in casa, saltò in macchina e a tutta velocità percorse il vialone che lo avrebbe portato fuori città…e poi chissà dove..

JENNIFER

Jack disse che era meglio fermarsi a dormire in un motel, tanto erano già abbastanza lontani dalla città.

Jenny annuì, intanto pensava ai suoi genitori – ormai sanno che sono fuggita, saranno preoccupati per me, mia madre starà piangendo, oh Dio, non avrò sbagliato a fare ciò che ho fatto? –

Si addormentò tra le braccia di Jack con gli occhi bagnati di pianto e fece brutti sogni.

La mattina dopo, fecero colazione e ripartirono…

ROBERT

Si fermò solo per fare benzina e per dormire in un motel. Era talmente stanco che si addormentò appena toccato il letto. Al mattino, dopo una colazione veloce, si rimise in marcia…

WILLIAM

Vide un piccolo motel sulla destra, ormai guidava da ore, quindi decise di fermarsi, perché era troppo stanco, la mascella gli faceva ancora male – un buon sonno mi rimetterà in forze – si disse.

Riuscì a dormire piuttosto bene, così il mattino seguente, ben riposato, fece colazione e ripartì…

THEODOR

Cinquantacinquenne, autotrasportatore ormai da molti anni, abituato a dormire poco e mangiare male, guidava senza fretta il suo tir che conteneva grosse casse di articoli casalinghi e piccoli elettrodomestici.

Fumava una sigaretta dopo l’altra per non addormentarsi al volante, intanto faceva alcune considerazioni sulla sua vita trascorsa praticamente su un camion e troppo spesso lontano dalla famiglia.

Sua moglie si era ormai rassegnata alle sue assenze e i figli, tre ragazzi intorno ai vent’anni, già da tempo non gli chiedevano più di andare con loro a pescare o a vedere una partita di baseball.

– Certo se dovessi mantenerli solo con il lavoro di camionista, farebbero la fame – pensava Theo.

Infatti trasportava, quando gliene davano la possibilità, un po’ di tutto, a volte clandestini, a volte merce rubata, denaro sporco, droga, insomma, di tutto. Quel giorno aveva due clandestini nascosti tra le casse di casalinghi. In questo modo, guadagnava molto molto di più.

– Però –  pensava – gli anni cominciano a farsi sentire, sono stanco di questa vita rischiosa e stressante.

All’improvviso, spalancò gli occhi e restò senza fiato.

Una fitta terribile al braccio, poi al petto, tutto il torace pareva paralizzarsi.

Perse il controllo del mezzo e, mentre il tir sbandava paurosamente, capì che era la fine.

Ebbe solo il tempo di dire con un filo di voce «Mio Dio!»

Il tir sfondò il guard-rail, invadendo la corsia opposta.

Trascinò nella sua folle corsa l’auto di Jennifer e Jack, quella di Robert, e di William, i quali non ebbero neppure il tempo di rendersi conto di cosa stesse accadendo. Arrivarono ambulanze, auto della polizia e dei pompieri, poiché il tir si era incendiato e le fiamme si erano propagate alle auto travolte. Finì così il sogno d’amore di Jenny,  finirono le paure di Robert e di William. Theodor, che era stanco, ora riposerà. I due clandestini che trasportava, non dovranno più cercare la libertà. Sogni, paure, desideri… un solo destino!